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Antonia Scott è la persona più intelligente del mondo nella storia creata da Gomez-Jurado. Ma esiste veramente una persona così nella realtà?

Antonia Scott è una donna particolare, più unica che rara. Non essendo né una poliziotta, né una criminologa, si trova a dover risolvere svariati casi di cronaca nera. Sai perché? Perché è una delle persone più intelligenti al mondo; lo ha dichiarato una serie di test accurati e scientificamente approvati.

Ma nel mondo reale esiste una persona tanto intelligente? E se sì, chi è?

Prima di rispondere a questa domanda vorrei parlarti del Mensa, un’organizzazione mondiale che raccoglie tutte le persone – nel mondo intero – dotate di un quoziente intellettivo superiore alla media.

Il Mensa si pone tre obiettivi fondamentali:

  • Scoprire e incoraggiare l’intelligenza umana a beneficio dell’umanità;
  • Incoraggiare la ricerca su la natura, le caratteristiche e gli usi dell’intelligenza;
  • Incoraggiare i contatti sociali fra i Soci per mezzo di conferenze, discussioni, pubblicazioni, gruppi di studio, convegni o altri mezzi utili a tali fini.

(informazioni prese dal sito ufficiale: mensa.it)

Ma torniamo all’uomo più intelligente della terra. Ebbene esiste (o meglio è esistito e finora non è stato superato) ed è William James Sidis con un Q.I. che va dai 250 ai 300 punti (la media attuale è di 100!). Sidis già all’età di 18 mesi sapeva leggere il New York Times, a 8 anni sapeva parlare correttamente ben 7 lingue e a 9 anni creò una nuova lingua verificata e scientificamente riconosciuta.

Sempre all’età di 9 anni venne ammesso all’Università di Harvard e lo stesso anno tenne la sua prima conferenza sulla quarta dimensione. Non si laureò, però, mai perché stanco di essere considerato come una cavia da laboratorio.

La sua vita, purtroppo, si concluse precocemente all’età di 46 anni per un’emorragia cerebrale.

Che dire? Non sempre la popolarità è sinonimo di felicità.

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La forma del silenzio di Stefano Corbetta

Se cercate un romanzo delicato, ma allo stesso tempo emozionante e profondo, allora dovete leggere La forma del silenzio di Stefano Corbetta, edito Ponte alle Grazie; un romanzo pieno di sentimento che offre notevoli spunti di riflessione.

La storia.

In provincia di Milano, in una fredda notte di dicembre di fine anni Sessanta, un bambino scompare dal cortile di una nota scuola. Il bambino è Leo, affetto da sordità bilaterale, la scuola è il Tarra, rinomato istituto che si occupa della formazione di bambini e ragazzi sordi. Leo nasce e cresce in una famiglia come tante, circondato da affetto. Una famiglia che, però, non ha fatto i conti con la tragedia. Passano vent’anni, la vita continua, ma c’è una giovane donna che tenta di sopravvivere alla scomparsa del fratellino. Questa donna è Anna. Anna ha scelto di essere psicologa e nel suo studio un giorno arriverà un ragazzo sordo, Michele, che le riferirà di sapere chi ha fatto sparire Leo…

Diversità.

Il tema principale o, per meglio dire, più evidente è la diversità, il bambino infatti è sordo ed ha un approccio diverso alla realtà. La diversità spesso si associa a carenza, “difetto“; si tende pensare al diverso come se non fosse al pari di tutti gli altri. Stefano Corbetta, col suo romanzo, vuole dare il suo contributo affinché ci sia un “cambio di rotta” nel modo di pensare. Corbetta sottolinea il fatto che il diversamente abile (come oggi si usa dire) non è colui che è meno di un altro, ma colui che arriva alle stesse consapevolezze e potenzialità per altre vie. Con La forma del silenzio i concetti di normalità e diversità perdono i propri confini. Non manca, però, la descrizione emotivamente forte, della sofferenza un bambino che si trova costretto ad uniformarsi ad un mondo che non accetta altre vie di espressione e conoscenza.

Aveva sempre pensato che ci dovesse essere una proporzione tra la portata della perdita e il dolore che ne conseguiva, come se la sofferenza fosse legittimata soltanto dalla sua esternazione.

S. Corbetta, La forma del silenzio, Ponte alle Grazie, pag. 225

Altri spunti di riflessione.

Oltre al tema della diversità, La forma del silenzio pone domande, incoraggia la riflessione. Indaga sui rapporti umani, tanto complicati, quanto misteriosi. Nel romanzo vengono affrontati i legami familiari, i rapporti spesso poco trasparenti, le parole non dette tra marito e moglie, tra genitori e figli. Viene posta, inoltre, particolare attenzione all’amore, nella sua accezione più pura. Quello che mi sono chiesta, leggendo questo libro, è stato: a quanto si può rinunciare per amore di un’altra persona? Si può arrivare mentire o allontanare lui/lei da noi?

Concludo dicendo che La forma del silenzio è un romanzo che tutti dovrebbero leggere; è un libro che riesce a parlare contemporaneamente al cuore ed alla mente. Fatevi un regalo: leggetelo!

Classificazione: 4 su 5.

Scheda tecnica e descrizione.

TITOLO: La forma del silenzio

EDITORE: Ponte alle Grazie

GENERE: Narrativa italiana

PREZZO DI COPERTINA: € 16,00

AUTORE: Stefano Corbetta

DATA DI PUBBLICAZIONE: Agosto 2020

PAGINE: 240 (cartaceo)

Leo ha sei anni. È nato sordo, ma la sua infanzia scorre serenamente. Con la sua famiglia, Leo parla la Lingua dei Segni, e quella degli affetti, che assumono forme inesplorate nei movimenti delle mani dei genitori e della sorella Anna. Ma è giunto il tempo della scuola e Leo viene mandato lontano da casa, a Milano, in un istituto che accoglie bambini come lui. Siamo ai tempi in cui nelle scuole è vietato usare la Lingua dei Segni. All’improvviso per Leo la vita diventa incomprensibile, dentro un silenzio ancora più grande di quello che ha vissuto fino a quel momento. Poi, in una notte d’inverno del 1964, Leo scompare. A nulla servono le ricerche della polizia: di Leo non si ha più notizia. Diciannove anni dopo, nello studio della sorella Anna, si presenta Michele, un compagno di Leo ai tempi della scuola. E inizia a raccontare la sua storia, partendo da quella notte d’inverno.


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L’isola di Claudio Fava e Michele Gambino

Avete presente quei libri che non riuscite ad abbandonare una volta girata l’ultima pagina? L’isola, il nuovo romanzo scritto a quattro mani da Claudio Fava e Michele Gambino, che esce oggi – in tutte le librerie ed in tutti gli store online – per Fandango, è proprio uno di questi.

La storia.

Fava e Gambino raccontano le conseguenze che avrebbero sull’Italia e sul Mondo, un ipotetico attacco terroristico.
Centinaia di terroristi islamici, chiamati i Leoni del Jihad, sbarcano sulle coste di Lampedusa. Hanno intenzione di rivendicare il territorio saccheggiando le case, uccidendo chiunque provi a resistere e prendendo in ostaggio gli altri isolani.
Tutte le maggiori potenze mondiali si riuniscono per dar man forte allo Stato italiano; allo stesso tempo, nell’isola, un gruppo di persone riuscite a sfuggire al controllo dei miliziani, cerca di ideare e mettere in pratica un piano di contrattacco; cosa, questa, non facile perché, i mujaheddin, come loro protezione, hanno preso in ostaggio tutti i bambini, separati dai genitori e rinchiusi in una scuola imbottita di esplosivo.
E’ una lotta alla resistenza, ma anche contro il tempo. In un crescendo di tensione e disperazione, si giocheranno le carte di una storia che cambierà tutto per sempre.

Qual è davvero la nostra casa?
Quanti confini ognuno di noi attraversa nella propria vita?
Dove inizia il limite tra viaggiatore e rifugiato?

C. Fava, M. Gambino, L’isola, Fandango Libri, pag. 288

Tutto in una notte…

Era una sera di ottobre come tante altre, sull’isola di Lampedusa, terra di accoglienza e speranza; ogni abitante svolgeva la propria vita tranquillamente e come di norma: chi lavorava in gelateria, chi serviva al bar, chi guardava la televisione sdraiato sul proprio divano, chi ancora mangiava la pizza con gli amici. Nessuno sapeva, però, che da lì a poche ore, la loro vita sarebbe cambiata per sempre. E’ quella notte, infatti, che i jihadisti hanno deciso di attaccare l’isola, in nome del loro Dio, Allah.

Parlare de L’isola non è semplice; ho paura di non riuscire a dargli il giusto valore che merita. Cercherò di scrivere di getto e far parlare la pancia. Questo è un romanzo che è riuscito a farmi provare tante emozioni contemporaneamente. Nel leggere il romanzo di Fava e Gambino, ho sentito rabbia, dolore, preoccupazione, ansia, paura ma anche speranza e – in certi punti – esultanza.

E’ una storia che si fa fatica a dimenticare; resta impressa nella mente ed incastrata fra le ossa. Ho finito di leggerlo ieri, ma ancora penso e ripenso a quello che è successo, cosa e per quale motivo. E’ rimasta anche una sensazione di angoscia e paura, continuo a pensare: cosa succederebbe se accadesse davvero?

Leggere questo romanzo mi ha anche fatto riflettere su un’altra questione: la situazione che vivono molti Paesi orientali, tutt’oggi. Luoghi in cui ancora si combatte e la gente non è libera di credere, dire o pensare quello che vuole. Percepisco, anzi immagino, la disperazione ed il terrore che possono provare le popolazioni coinvolte.

Un altro punto di forza de L’isola, è la struttura. La storia, infatti, è raccontata attraverso gli occhi di tutti i personaggi coinvolti. Si ha, quindi, la visione a 360° dell’intera vicenda. Il tutto è collegato in maniera armonica e chiara.

Per concludere, posso dire che L’isola, è uno dei romanzi più tosti, ma anche più belli che abbia quest’anno. Assolutamente consigliato e da cinque stelle!

Classificazione: 5 su 5.

Scheda tecnica e descrizione.

TITOLO: L’isola

EDITORE: Fandango

GENERE: Narrativa straniera

PREZZO DI COPERTINA: € 20,00

AUTORI: Claudio Fava e Michele Gambino

DATA DI PUBBLICAZIONE: 26 novembre 2020

PAGINE: 430 (cartaceo)

Sono gli inizi di ottobre, il giornalista Luca Banti è in arrivo a Lampedusa per seguire una pista: è convinto che la strage di 366 migranti avvenuta un anno prima davanti all’isola sia da imputare a un errore del comandante della Guardia costiera, il tenente Camarda.

In quelle stesse ore, sulle coste della Libia, centinaia di uomini vestiti di nero e armati come un esercito si stanno imbarcando su dei pescherecci diretti verso Lampedusa. Sono i Leoni del Jihad, un gruppo terroristico pronto a invadere l’isola nel nome di Allah.

A guidarli è l’Emiro Yussuf al-Mutlak: in una manciata di ore i suoi uomini sgominano le difese dell’isola, impongono la shari‘a, dividono gli uomini dalle donne, compiono esecuzioni di massa riprese e subito caricate in rete. Sotto gli occhi atterriti dell’Occidente l’isola diventa il primo territorio europeo sottomesso al fondamentalismo islamico.

Appena le immagini di quello che sta succedendo a Lampedusa rimbalzano in rete, il governo italiano si prepara allo sbarco spalleggiato dai governi del g8, ma non tutto andrà come previsto.

In un susseguirsi di crudi eventi mozzafiato Claudio Fava e Michele Gambino mettono in scena una galleria di personaggi indimenticabili, e raccontano la guerra santa che potrebbe scatenarsi sulle nostre coste, la fragilità della politica, la rassegnazione e il coraggio di chi si trova su quell’isola. E vuole disperatamente salvarsi la vita


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Io sono l’abisso di Donato Carrisi

Esce oggi, in tutte le librerie e gli store online, il nuovo romanzo di Donato Carrisi, edito Longanesi Editore: Io sono l’abisso. E’ un thriller atteso da molti, in cui Carrisi, si conferma – per l’ennesima volta – un maestro della manipolazione e dei colpi di scena.

La storia.

I protagonisti assoluti dell’intera vicenda sono tre: l’uomo che puliva, la ragazza col ciuffo viola e la cacciatrice di mosche. Sono tre persone che non si conoscono, che conducono una vita come quella di tanti e che si portano dietro ciascuno la propria storia. Tutto sembra procedere come sempre, finché un giorno il destino non decide di mischiare le carte e legare irreparabilmente queste tre vite. Queste tre storie, piene di segreti e di dolori, si avvicineranno, si allontaneranno, si incastreranno, quasi come in una danza oscura, che non riusciranno più a controllare.

Ma il dubbio, a volte, è meglio della verità.

D. Carrisi, Io sono l’abisso, Longanesi Editore, pag. 278

L’abisso.

Credo che l’intera vicenda, tutto quell’insieme di azioni e pensieri che muovono i personaggi, abbia come punto focale, l’abisso. Abisso inteso come profondità, parte più oscura ed intima dell’essere umano; forza centrifuga che tutto risucchia.
L’uomo che puliva, la cacciatrice di mosche e la ragazza con il ciuffo viola, ciascuno a modo proprio, sono attratti da una mano tanto invisibile quanto potente che li tira verso di sé, verso il baratro.

Carrisi, come ormai noto, riesce ad entrare nella mente del lettore, indirizzandolo verso percorsi da lui prestabiliti. Una delle cose che più mi piace di Carrisi è, infatti, l’abilità nel manipolare, riuscendo così, nelle battute finali, a sorprendere chi legge spostando ed unendo pezzi come un puzzle.
Nello specifico, in Io sono l’abisso, questa qualità viene manifestata ancora di più (chi lo leggerà se ne accorgerà sicuramente).

Colpi di scena, ritmo calzante man mano più serrato, adrenalina: questi sono gli elementi calzanti del romanzo. Se proprio dovessi essere pignola e fare un appunto, riguarderebbe il finale, che si svolge, forse, un tantino velocemente.

Concludendo posso dire che, Io sono l’abisso è un libro che vale la pena leggere e, visto il periodo, potrebbe essere una valida occasione per sgombrare – qualche ora – la mente dai pensieri che opprimono.

Classificazione: 4 su 5.

Scheda tecnica e descrizione.

TITOLO: Io sono l’abisso

EDITORE: Longanesi Editore

DATA DI PUBBLICAZIONE: 23 novembre 2020

PREZZO DI COPERTINA: € 22,00

AUTORE: Donato Carrisi

GENERE: Thriller psicologico

PAGINE: 384 (cartaceo)

Sono le cinque meno dieci esatte. Il lago s’intravede all’orizzonte: è una lunga linea di grafite, nera e argento. L’uomo che pulisce sta per iniziare una giornata scandita dalla raccolta della spazzatura. Non prova ribrezzo per il suo lavoro, anzi: sa che è necessario. E sa che è proprio in ciò che le persone gettano via che si celano i più profondi segreti.
E lui sa interpretarli. E sa come usarli. Perché anche lui nasconde un segreto.
L’uomo che pulisce vive seguendo abitudini e ritmi ormai consolidati, con l’eccezione di rare ma memorabili serate speciali.
Quello che non sa è che entro poche ore la sua vita ordinata sarà stravolta dall’incontro con la ragazzina col ciuffo viola. Lui che ha scelto di essere invisibile, un’ombra appena percepita ai margini del mondo, si troverà coinvolto nella realtà inconfessabile della ragazzina. Il rischio non è solo quello che qualcuno scopra chi è o cosa fa realmente.
Il vero rischio è, ed è sempre stato, sin da quando era bambino, quello di contrariare l’uomo che si nasconde dietro la porta verde.
Ma c’è un’altra cosa che l’uomo che pulisce non può sapere: là fuori c’è già qualcuno che lo cerca. La cacciatrice di mosche si è data una missione: fermare la violenza, salvare il maggior numero possibile di donne. Niente può impedirglielo: né la sua pessima forma fisica, né l’oscura fama che la accompagna.
E quando il fondo del lago restituisce una traccia, la cacciatrice sa che è un messaggio che solo lei può capire. C’è soltanto una cosa che può, anzi, deve fare: stanare l’ombra invisibile che si trova al centro dell’abisso.


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Quel prodigio di Harriet Hume di Rebecca West

Esce oggi, per Fazi Editore, un romanzo – che non era stato ancora pubblicato – dell’autrice inglese Rebecca West (meglio nota per aver scritto la trilogia de La famiglia Aubrey), dal titolo: Quel prodigio di Harriet Hume.

La storia.

I protagonisti assoluti di questa storia sono Harriet Hume e Arnold Condorex; donna umile, semplice ma con una grande sensibilità la prima, uomo determinato, arrivista e disposto a tutto per i propri fini il secondo. I due vengono travolti da un sentimento di amore – odio reciproco; sono eternamente combattuti tra l’attrazione e la repulsione. Questa triste situazione è avvantaggiata da un particolare dono di lei, ossia quello di leggere nella mente di lui, scoprendo così tutti i meschini imbrogli messi in atto da quest’ultimo per arrivare ad ottenere una posizione di privilegio nella gerarchia sociale e politica.

I personaggi.

La storia è interamente dedicata al rapporto strano (e per certi versi, ossessivo) tra Harriet Hume e Arnold Condorex.

Harriet è una donna semplice, a cui piace fantasticare, che potremmo definire quasi eterea. Possiede, infatti, il dono di leggere nella mente della persona a cui è legata, Arnold appunto. In un certo qual modo, può rappresentare il fulcro dell’intera vicenda; volente o nolente rappresenta la “portatrice” degli esiti dell’intera vicenda.

Arnold Condorex, invece, rappresenta l’esatto opposto della sua “metà”. Cinico, razionale ed arrivista, concentra tutta la sua attenzione sull’accumulo dei beni materiali e sull’ottenimento di una posizione sociale agiata. Lui crede fermamente che se non si ha avuto la fortuna di nascere ricco e potente allora si è legittimati ad usare qualunque mezzo per accaparrarsi una posizione di tutto rispetto. I suoi piani, però, verranno fatti saltare dal dono prodigioso di Harriet Hume.

Si potrebbero pensare, entrambi i personaggi, come le due facce della stessa medaglia. Cercando di leggere tra le righe, si potrebbe ipotizzare che Harriet sia la parte più intima di Condorex; la coscienza che va a scontrarsi con la parte più razionale ed avida.

Lo stile.

Il punto forte del romanzo è lo stile utilizzato dall’autrice. Rebecca West usa, nel descrivere le situazioni, un linguaggio musicale, ricercato ed, anche, quasi onirico; è un po’ difficoltoso prendere il ritmo, ma non appena si familiarizza con la scrittura “danzante” dell’autrice, si viene trascinati pienamente dentro la storia. Per me, il linguaggio, all’inizio è stato fonte di incertezza; con lo scorrere della lettura, invece, mi sono innamorata proprio di questo ritmo affascinante.

Conclusione.

Quel prodigio di Harriet Hume è un romanzo particolare ma profondo. Per me è stata una bella scoperta, lo consiglio quindi a voi.

Classificazione: 3.5 su 5.

Scheda tecnica e descrizione.

TITOLO: Quel prodigio di Harriet Hume

AUTORE: Rebecca West

EDITORE: Fazi Editore

DATA DI PUBBLICAZIONE: 12 novembre 2020

PREZZO DI COPERTINA: € 18,OO

Titolo originale: Harriet Hume. A London fantasy

Traduzione a cura di Francesca Frigerio

GENERE: Narrativa straniera

PAGINE: 259 (cartaceo)

Harriet Hume, affascinante pianista squattrinata, mistica e stravagante, è l’essenza della femminilità; Arnold Condorex, spregiudicato uomo politico imbrigliato in un matrimonio di convenienza con la figlia di un membro del Parlamento, è un ambizioso calcolatore senza scrupoli. I due si amano: sono opposti che si attraggono, e nel corso degli anni si incontrano e si respingono, in varie stagioni e in vari luoghi di Londra, come legati da un filo sottile che non si spezza mai. La loro relazione si dipana tra il realismo dell’ambientazione cittadina e l’incanto magico della fiaba: le doti musicali di Harriet sconfinano in una stregoneria allegra e un po’ pasticciona, che le permette di leggere nel pensiero dell’amato. Quando Arnold se ne rende conto, diventa ostaggio di questo dono sovrannaturale, grazie al quale Harriet può svelare le macchinazioni politiche alle quali lui è ricorso per anni – e che ancora continuerebbe volentieri a imbastire – per fare carriera. La donna costringe l’amante a fare i conti con se stesso: Harriet è la coscienza di Arnold, la sua parte migliore; è l’integrità, il rifiuto di ogni compromesso, è tutto ciò che Arnold non può manipolare, come ha fatto con la politica e con il matrimonio.
Quel prodigio di Harriet Hume racconta la vittoria dell’amore e della bellezza sull’eterna esigenza maschile di dominio, con uno stile tanto poetico quanto la Londra che celebra, e l’aggiunta di una componente fantastica che dona a queste pagine un tocco magico. La penna di Rebecca West al suo meglio: il brio, la finezza psicologica e il lirismo descrittivo dell’autrice concentrati in un romanzo delizioso.

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La Biblioteca di Mezzanotte

Uscirà domani, per Edizioni E/O, il nuovo romanzo di Matt Haig: La Biblioteca di Mezzanotte; un romanzo che parla di rimpianti, di speranze, di nuove possibilità.

« Tra la vita e la morte c’è una biblioteca» disse. «E all’interno di questa biblioteca, scaffali e scaffali di libri che si rincorrono all’infinito. Ogni libro offre la possibilità di un’altra delle vite che avresti potuto vivere. Di vedere come le cose avrebbero potuto essere, se avessi fatto altre scelte… Avresti agito diversamente, se ti fosse stata concessa l’opportunità di gettarti alle spalle i rimpianti?».

M. Haig, La Biblioteca di Mezzanotte, Edizioni E/O pag. 45.

La storia.

La protagonista de La Biblioteca di Mezzanotte è Nora Seed, che arrivata ad un momento critico della sua vita, decide di farla finita. Proprio in questo momento si ritrova catapultata in una dimensione parallela, una terra di mezzo tra la vita e la morte, appunto. In questo luogo, in cui ci sono infiniti libri, stipati in altrettanti infiniti scaffali, Nora si troverà a riflettere, aiutata da una persona a lei molto cara, sui propri rimpianti e su come sarebbe stata la sua vita se avesse fatto scelte diverse…

M. Haig, La biblioteca di Mezzanotte, Edizioni E/O

Rimpianti e nuove opportunità.

Il tema principale del romanzo è il rimpianto e, nello specifico, quanto esso possa rendere difficile andare avanti nella vita. Nora, infatti, mediante La biblioteca della mezzanotte, ha la possibilità di vivere molte vite; provare come sarebbe andata la sua vita se avesse preso una decisione diversa. Sarà, infatti, – tra le altre cose – una famosa rockstar, una glaciologa, una campionessa olimpica di nuoto…

Tutti questi tentativi di vite alternative, le faranno capire cose importanti della propria vita, ma soprattutto conoscere meglio se stessa, i propri bisogni ed interessi essenziali. Un posto rilevante, all’interno del libro, lo occupano anche le eventuali nuove possibilità che possono crearsi nella vita di ciascuno; come cioè potremmo vivere tante diverse vite soltanto agendo e scegliendo diversamente.

Non è mai troppo tardi per inseguire i propri sogni.

M. Haig, La biblioteca di Mezzanotte, Edizioni E/O, pag. 23

Un grande viaggio introspettivo.

Io credo che il maggiore punto di forza de La Biblioteca di Mezzanotte, oltre la storia in sé, è il profondo significato che si cela tra le righe. Matt Haig è riuscito a condurmi in un intenso viaggio introspettivo; durante la lettura, mi sono trovata spesso a riflettere su cosa io stessa provi paragonandomi, immedesimandomi o distanziandoli dalle sensazioni e dalle convinzioni della protagonista.

Considerazioni finali.

Matt Haig con una scrittura semplice ma magnetica, ha creato un capolavoro. La Biblioteca di Mezzanotte emoziona e commuove, fa riflettere e fa sognare, rattrista e da speranza. Domani sarà disponibile in tutte le librerie e store online. Leggetelo, ne vale la pena.

Classificazione: 5 su 5.

TITOLO: La Biblioteca di Mezzanotte

AUTORE: Matt Haig

EDITORE: Edizioni E/O

DATA DI PUBBLICAZIONE: 4 Novembre 2020

PAGINE: 336 (cartaceo)

Titolo originale: The Midnight Library

Traduzione italiana a cura di Paola Novarese

GENERE: Narrativa Straniera

PREZZO DI COPERTINA: € 18,00

Fra la vita e la morte esiste una biblioteca.
Quando Nora Seed fa il suo ingresso nella Biblioteca di mezzanotte, le viene offerta l’occasione di rimediare agli errori commessi. Fino a quel momento, la sua vita è stata un susseguirsi di infelicità e scelte sbagliate. Le sembra di aver deluso le aspettative di tutti, comprese le proprie. Ma le cose stanno per cambiare.
Come sarebbe andata la vita di Nora se avesse preso decisioni diverse? I libri sugli scaffali della Biblioteca di mezzanotte hanno il potere di mostrarglielo, proiettando Nora in una versione alternativa della realtà. Insieme all’aiuto di una vecchia amica, può finalmente cancellare ogni suo singolo rimpianto, nel tentativo di costruire la vita perfetta che ha sempre desiderato. Ma le cose non vanno sempre secondo i piani, e presto le sue nuove scelte metteranno in pericolo la sua incolumità e quella della biblioteca.
Prima che scada il tempo, Nora deve trovare una risposta alla domanda di tutte le domande: come si può vivere al meglio la propria vita?

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Perdersi di Elizabeth Jane Howard

Elizabeth Jane Howard torna, stavolta, raccontandoci – in forma romanzata – un episodio della sua vita alquanto spiacevole; nasce così Perdersi, edito Fazi.

La storia.

Daisy, una drammaturga di successo ultrasessantenne, stanca della frenesia e del caos di città, decide di trasferirsi in un cottage di una tranquilla campagna inglese, nella speranza di poter lavorare meglio. E’ in questi posti che incontrerà Henry, un anziano signore, fin troppo arzillo, che si presenterà come un preparato giardiniere. Henry, già dal primo incontro, cercherà di entrare sempre più nelle grazie di Daisy. Sarà, lui, l’uomo galante e romantico che vuol far credere?

I bugiardi sottraggono valore alle parole, perché nel momento in cui sappiamo che hanno mentito su qualcosa, non è più possibile sapere se ci sia mai stata verità, e se c’è stata a che punto sia finita.

E. J. Howard, Perdersi, Fazi Editore, pag. 69

Considerazioni personali

Devo fare una confessione, questo è stato il mio primo approccio alla Howard. Partire da un romanzo riguardante un episodio realmente accaduto nella vita dell’autrice, è più “rischioso”; temevo di non riuscire ad inquadrare bene la potenzialità della stessa.

Mi sono, però, subito innamorata della sua scrittura e del suo modo di raccontare. Ha una magnifica capacità di descrivere il non detto; di far vedere, cioè, al lettore quello che traspare tra le righe della narrazione.

Ho trovato magico il modo di tracciare le caratteristiche psicologiche di entrambi i protagonisti della vicenda, Daisy e Henry, e, visto che si tratta di un’esperienza vissuta in prima persona dalla stessa autrice, mi ha colpito positivamente l’abilità di auto analizzarsi, mettendo in evidenza sia i punti deboli, che quelli di forza del proprio carattere; cosa, questa, per niente facile.

Dalla storia, si evince, tutto il dolore che una scelta sentimentale sbagliata, può provocare; le speranze illuse, i ricordi belli che diventano carichi di dolore, le promesse infrante, vengono descritte alla perfezione. Il tutto viene trattato con una scrittura magnetica ed attraente. E’ difficile staccarsi dalle pagine!

[…] se ti lasci sopraffare da un’esperienza brutta o dolorosa e decidi di non esporti mai più alla possibilità che accada di nuovo, è come smettere di attraversare la strada per timore di essere investiti.

E. J. Howard, Perdersi, Fazi Editore, pag. 260

Per gli amanti dei libri.

Ho trovato il romanzo della Howard, uno scrigno di piccole grandi chicche letterarie. Nel corso della narrazione infatti, si avvicendano molti titoli di grandi classici inglesi, ma anche di opere liriche e teatrali. Offre, insomma, una spinta in più per approfondire il nostro bagaglio di conoscenze.

Classificazione: 4.5 su 5.

Scheda tecnica e descrizione.

TITOLO: Perdersi

AUTORE: Elizabetn Jane Howard

DATA DI PUBBLICAZIONE: Ottobre 2020

PAGINE: 418 (cartaceo)

Titolo originale: Falling

Traduzione italiana: S. Terziani, M. Francescon

PREZZO DI COPERTINA: € 20,00

GENERE: Narrativa straniera

Henry è un ultrasessantenne solo e piuttosto male in arnese, che vive sulla barca di una coppia di amici. La sua è stata un’esistenza sfortunata e apparentemente segnata dalla crudeltà delle donne. Lettore e pensatore, è un uomo privo di mezzi, ma non di fascino. Daisy è una drammaturga di successo, anche lei ha superato i sessant’anni e conduce una vita piuttosto solitaria in un piccolo cottage di campagna con giardino che ha da poco acquistato, dove contempla l’enorme vuoto affettivo che nessun uomo ormai riempirà più, nonostante una parte di lei continui a desiderare di essere amata ancora una volta. Quando Henry si offre come giardiniere, all’inizio Daisy è diffidente, ma poi gli consente di insinuarsi pian piano nella sua vita quotidiana: bisognosa com’è di affetto e attenzione, abbocca facilmente al suo amo. La tensione sessuale tra i due cresce in modo graduale, fino a che Daisy ne è obnubilata e non è più in grado di vedere Henry per quello che realmente è, nonostante i suoi amici e sua figlia, perplessi e sospettosi, continuino a metterla in guardia…
In questo nuovo romanzo l’autrice della saga dei Cazalet condivide, seppure in forma romanzata, un’esperienza tragica vissuta in prima persona; Elizabeth Jane Howard si mette a nudo e lo fa con una sincerità e un’umiltà davvero commoventi. Perdersi, ritratto magistrale di un plagio psicologico e scavo profondo dentro una mente malata, è una testimonianza preziosa e conferma, ancora una volta, il suo grande talento nel raccontare.


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Invisibili di Criado Perez e la lunga strada per la parità di genere.

Il mese scorso, ho letto un saggio molto interessante, Invisibili, di Caroline Criado Perez (edito Einaudi, che me lo ha gentilmente omaggiato), che tratta un tema a me molto caro: l’effettiva parità di genere; se veramente sia stata raggiunta oppure sia un luogo comune più o meno consapevole.

Invisibili è un saggio diviso in sei parti. L’autrice esamina in maniera dettagliata e non edulcorata la situazione delle donne nei vari Paesi del mondo, e lo fa con dati alla mano. Il tutto inizia con una semplice – ma fondamentale – domanda: ma le donne, nei vari ambiti di vita, sono prese in considerazione al pari degli uomini? O, ancora, i parametri di riferimento (sociali, comunitari, lavorativi, sanitari) rispondono alle esigenze di entrambi i sessi? Parte così il lavoro di ricerca di Caroline Criado Perez, che cerca di raccogliere quanti più dati, statistiche ed esperimenti sociali possibili, in modo da capire com’è, nella realtà dei fatti, la situazione de “l’altra metà del genere umano”.

Invisibili inizia con ambiti più leggeri, come il linguaggio comune, in cui si utilizza la parola “uomo” per indicare sia il genere maschile, che quello femminile:

La parola “uomo” è usata in modo talmente ambiguo che è impossibile stabilire se si riferisca ai maschi, oppure alla specie umana in generale.

C. Criado Perez, Invisibili, Einaudi, pag. 7

per arrivare al delicatissimo settore sanitario, in cui farmaci e prestazioni siano creati “a misura d’uomo”, prendendo come parametro di riferimento, le caratteristiche di genere maschile. La Criado Perez, ha scoperto che una grande parte di queste reali disparità arriva da una mancanza di dati specifici e dalla falsa credenza che, prendendo come campione un gruppo di uomini, i risultati ottenuti, corrispondano anche alle esigenze delle donne.

La verità è che le donne rispondono diversamente alle richieste della comunità, in quanto su di loro grava il lavoro domestico, di cura verso i figli e di assistenza verso le persone anziane. E’, quindi, ovvio che la ripartizione del loro tempo è diversa rispetto a quella maschile. Questo va a discapito, ad esempio, della realizzazione lavorativa della donna, in quanto difficilmente potrà dedicare lo stesso tempo che, invece, un uomo dedica al proprio impiego.

Invisibili è un saggio crudo, ma estremamente realistico che rappresenta quello che veramente vive una donna nelle nostre società; un libro che tutti dovrebbero leggere, magari a piccole dosi alla volta, in modo tale da avere una conoscenza più consapevole.

Il lungo percorso delle donne per la conquista dei propri diritti (dal 1946 ad oggi).

  • 1946: le donne possono finalmente votare;
  • 1948: le donne possono accedere, al pari degli uomini, a tutti gli uffici pubblici e alle cariche elettive;
  • 1959: nascita del Corpo di polizia femminile, che si occupava di donne e minori;
  • 1963: la donna può accedere a tutte le cariche, professioni o impieghi pubblici;
  • 1970: legge sul divorzio (confermata col referendum del ’74);
  • 1975: riforma del diritto di famiglia;
  • 1978: legge sull’interruzione spontanea della gravidanza;
  • 1981: abolizione del delitto d’onore.

La strada è ancora lunga, in quanto ancora, nel 2020 purtroppo, come è evidenziato nel saggio di Criado Perez, non possiamo dire di aver raggiunto uno status di parità tra sessi. Vero è che tanti traguardi sono stati raggiunti, ma molti sono ancora i sentieri da percorrere, soprattutto nella praticità della vita comune.

Altri libri sull’argomento.

È arrivato il momento di risalire alle origini delle disuguaglianze tra le donne e gli uomini, per mostrarne tutta l’assurdità.
In questo libro divertente e indispensabile le vignette di Soledad Bravi e i testi di Dorothée Werner ci dicono le cose come stanno. Per crescere tutti insieme, ragazze e ragazzi, con le idee chiare e per vivere in armonia.
Il successo della partecipazione delle donne al voto per le prime elezioni dell’Italia repubblicana non sarebbe stato possibile senza quel risveglio femminile determinato dalla lotta di Liberazione, dall’organizzazione in partiti politici e dall’associazionismo. Un gruppetto sparuto, quello delle ventuno costituenti, che, pur appartenendo a schieramenti politici diversi, seppe applicare un gioco di squadra su temi come l’uguaglianza, la famiglia, il riconoscimento dei figli nati fuori dal matrimonio, la parità salariale, l’accesso delle donne alle professioni. Furono le nostre madri costituenti a costituzionalizzare i diritti, a porre la prima pietra di leggi fondamentali per la vita quotidiana della nazione e per la sua modernità. Esse furono nutrici della pace e del sogno, ancora da realizzare, di un’Europa di popoli e di istituzioni garanti dei diritti delle donne. I saggi raccolti in questo volume, che vedono il contributo di studiose e protagoniste della politica italiana, ripercorrono le tappe principali del difficile cammino delle donne verso la partecipazione politica e l’acquisizione di una piena cittadinanza, mettendo in risalto il valore delle protagoniste di quelle battaglie civili e stimolando una riflessione sui compiti lasciati in eredità alla buona politica.
Se è vero che «una determinazione invincibile può ottenere qualsiasi cosa», come disse Thomas Fuller, è vero anche che nessuno, più di Matilda Simpkin, detta Mattie, incarna alla perfezione queste parole: ex indomita suffragetta, ha sempre lottato per il diritto delle donne a essere trattate da cittadine alla pari degli altri, non esitando mai a gettarsi nella mischia, quando necessario. Ora, però, le cose sono cambiate. È il 1928 e Mattie sente di assomigliare ogni giorno di più al veterano di una guerra che nessuno più ricorda. Certo, è membro della Lega per la Libertà delle Donne, l’ultima coda delle suffragette, e presta le sue capacità oratorie in una serie di conferenze che dovrebbero chiamare a raccolta le donne. Tuttavia, anziché essere uno squillo di tromba, i suoi discorsi si risolvono in un’occasione di divertimento per il pubblico accorso. Un giorno, però, a una di queste conferenze, si presenta Jacqueline Fletcher. Anni prima Jacko si era battuta al suo fianco nella lotta per l’emancipazione femminile, ma ora, i capelli ingegnosamente ondulati e una stola drappeggiata con cura sull’abito, rivela all’amica che, assieme al marito, sta provvedendo a reclutare giovani donne da unire all’organizzazione dei Fascisti dell’Impero. Mattie si rende conto che è tempo di ritornare alla guerra. Disgustata dalle parole di Jacko, ridiventa un’indomita suffragetta. Forma le «Amazzoni», un gruppo in cui cerca di trasmettere alle giovani donne qualcosa della storia e dei metodi del movimento delle suffragette militanti.
Con un meticoloso lavoro di ricerca e analisi, Joni Seager, geografa e docente di Global Studies alla Bentley University, racconta il mondo femminile in tutti i suoi aspetti: lavoro, salute, educazione, disuguaglianze, maternità, sessualità, contraccezione, aborto, alfabetizzazione, ricchezza, povertà, potere, diritti, femminismo… Infografiche colorate, cartine e schede sono la chiave per entrare in universo in cui, ancora oggi, le donne devono chiedere permesso a un uomo per uscire di casa, o sono costrette a interrompere gli studi per mancanza di politiche che le tutelino, in cui subiscono le violenze, spesso da parte del partner, o in cui non possono praticare alcuni sport perché a loro vietati.
Nel 1998 Eve Ensler ha portato in scena I monologhi della vagina, uno spettacolo tratto dalle numerose interviste con donne di ogni età, razza, religione e classe sociale. Questo spettacolo è diventato un libro che ha rivoluzionato il mondo femminile. Con humour trasgressivo, in queste pagine è la vagina a prendere la parola per raccontare e raccontarsi attraverso monologhi seri, divertiti, fantasiosi o drammatici: dall’anziana signora che a settant’anni scopre l’orgasmo multiplo in una vasca da bagno, passando per ragazze curiose, professioniste del piacere e severe manager in tailleur.
In questo saggio molto personale, scritto con grande eloquenza – frutto dell’adattamento di una conferenza TEDx dal medesimo titolo di straordinario successo – Chimamanda Ngozi Adichie offre ai lettori una definizione originale del femminismo per il XXI secolo. Attingendo in grande misura dalle proprie esperienze e riflessioni sull’attualità, Adichie presenta qui un’eccezionale indagine d’autore su ciò che significa essere una donna oggi, un appello di grande attualità sulle ragioni per cui dovremmo essere tutti femministi. In un contesto in cui il femminismo era considerato un ingombrante retaggio del secolo scorso, la posizione di Adichie ha cambiato i termini della questione. Alcuni brani della sua conferenza sono stati campionati da Beyoncé nel brano Flawless e hanno fatto il giro del mondo. La scritta FEMINIST a caratteri cubitali come sfondo della performance dell’artista agli Mtv Video Music Awards e il famoso discorso dell’attrice Emma Watson alle Nazioni Unite in cui si dichiara femminista sono segni evidenti del fatto che c’è un prima e un dopo “Dovremmo essere tutti femministi”.
Un testo cruciale per molti aspetti, il primo saggio pubblicato da Virginie Despentes è un moderno manifesto femminista che devasta l’ordine sociale contemporaneo nel quale i corpi delle donne sono a disposizione degli uomini. Muovendo dalla sua esperienza personale – una giovinezza che descrive come “virile” nei circoli punk, uno stupro a 17 anni, un periodo di prostituzione, prima del successo come romanziera –, la scrittrice e regista di Nancy, traccia in poco più di cento provocanti pagine una figura femminile eccentrica, ribelle, refrattaria a conformarsi alle norme di genere. Un libro che è tutt’ora un manifesto di liberazione per tutte quelle donne che non si sentono rappresentate, “le brutte, le vecchie, le camioniste, le frigide, le malscopate, le inscopabili, le isteriche, le tarate, tutte le escluse dal mercato della gnocca”.

Questi sono solo alcuni titoli che ho letto o scovato sull’argomento. Se vi va, scrivetemi quale, secondo voi, dovrebbe essere aggiunto alla lista.

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La guerra di Mattie di Lissa Evans

Conoscete il movimento delle suffragette? Questo romanzo di Lissa Evans (La guerra di Mattie, edito Neri Pozza) approfondisce, attraverso la figura di Matilda Simpkin, detta Mattie, proprio le azioni e le ideologie di queste coraggiose donne, a cui dobbiamo davvero tanto.

La storia.

La guerra di Mattie, racconta la storia di Matilda (Mattie) Simpkin, una ex suffragetta che in passato è stata in prima linea nella lotta per il riconoscimento del diritto al voto per le donne, ma che ora vive in maniera passiva la propria ideologia, limitandosi ad organizzare eventi e seminari meramente esplicativi. Tutto sembra in stallo, finché non incontra una sua ex compagna di movimento, che ha apertamente preso le parti del nuovo movimento fascista dell’Impero, e cerca ragazzi per creare la nuova leva (soggiogata ed obbediente). Questo episodio, smuoverà qualcosa in Mattie che le farà prendere la decisione di tornare sul campo per rivendicare quei diritti che ancora, a quel tempo, le donne non avevano.

Un pregiudizio implica un concetto ingiusto.

L. Evans, La guerra di Mattie, Neri Pozza.

Il periodo storico.

La vicenda prende inizio nella seconda metà degli anni Venti, e precisamente nel 1928. Già da qualche tempo, hanno iniziato a prendere vita i movimenti nazifascisti, che riguardavano, principalmente Germania e Francia, ma la cui ideologia aveva conquistato parecchi altri Stati. Il primo obiettivo, quindi, di queste fazioni, era quello di reclutare giovani ragazzi e ragazze, addestrarli e farli diventare uno specchio del credo “dittatoriale”. Erano, però, anche gli anni in cui le donne rivestivano un ruolo marginale nelle decisioni pubbliche e politiche del Paese, in quanto non avevano ancora il diritto al voto.

Questo è il periodo storico in cui Mattie, si trova a dover lottare per far diventare il proprio Paese (l’Inghilterra) “a misura di donna“.

Matilda (Mattie) Simpkin.

Mattie Simpkin è una arzilla vecchietta che ha conosciuto la lotta e la guerra fin dalla giovinezza. Cresce, infatti, negli anni della Grande Guerra, periodo in cui perde i suoi due fratelli. Sa, quindi, bene cosa significhi essere in prima linea; essere protagonisti nei conflitti. Mattie è dunque una donna combattiva che si è da subito schierata apertamente dalla parte delle donne, facendosi portavoce del movimento delle suffragette; è, inoltre, una persona estremamente sincera e schietta (a volte, persino, sopra le righe!), dote, questa, che le creerà non pochi problemi.

Riflessione personale.

Mi piace definire La guerra di Mattie, un romanzo storico “con riserva”. Spiego perché. Premetto che io amo tanto il genere storico, quindi tutti quei romanzi in cui si sente, si percepisce la storia, sono pane per i miei denti. Ne La guerra di Mattie, la risonanza storica si sente molto, però il tutto è raccontato in una maniera tale da far diventare il romanzo “accessibile” anche ai non amanti del genere.

La guerra di Mattie è stata una lettura che mi ha conquistato, ha ampliato il mio bagaglio di conoscenze. Mi ha fatto sorridere, ma anche commuovere.

La guerra di Mattie è un libro che mi sento di consigliare a tutti quelli che vogliono conoscere una bella storia.

Classificazione: 4.5 su 5.

Abbiamo tutti solo un paio di occhi ma se leggiamo, possiamo prendere a prestito la visione di una miriade di altre persone.

L. Evans, La guerra di Mattie, Neri Pozza.

Scheda tecnica e descrizione.

TITOLO: La guerra di Mattie

Titolo originale: Old Baggage

AUTORE: Lissa Evans

Traduzione italiana a cura di Serena Prina

EDITORE: Neri Pozza

DATA DI PUBBLICAZIONE: maggio 2020

GENERE: narrativa straniera – romanzo storico

PAGINE: 304 (cartaceo)

PREZZO DI COPERTINA: € 18,00

Se è vero che «una determinazione invincibile può ottenere qualsiasi cosa», come disse Thomas Fuller, è vero anche che nessuno, più di Matilda Simpkin, detta Mattie, incarna alla perfezione queste parole: ex indomita suffragetta, ha sempre lottato per il diritto delle donne a essere trattate da cittadine alla pari degli altri, non esitando mai a gettarsi nella mischia, quando necessario. Ora, però, le cose sono cambiate. È il 1928 e Mattie sente di assomigliare ogni giorno di più al veterano di una guerra che nessuno più ricorda. Certo, è membro della Lega per la Libertà delle Donne, l’ultima coda delle suffragette, e presta le sue capacità oratorie in una serie di conferenze che dovrebbero chiamare a raccolta le donne. Tuttavia, anziché essere uno squillo di tromba, i suoi discorsi si risolvono in un’occasione di divertimento per il pubblico accorso. Un giorno, però, a una di queste conferenze, si presenta Jacqueline Fletcher. Anni prima Jacko si era battuta al suo fianco nella lotta per l’emancipazione femminile, ma ora, i capelli ingegnosamente ondulati e una stola drappeggiata con cura sull’abito, rivela all’amica che, assieme al marito, sta provvedendo a reclutare giovani donne da unire all’organizzazione dei Fascisti dell’Impero. Mattie si rende conto che è tempo di ritornare alla guerra. Disgustata dalle parole di Jacko, ridiventa un’indomita suffragetta. Forma le «Amazzoni», un gruppo in cui cerca di trasmettere alle giovani donne qualcosa della storia e dei metodi del movimento delle suffragette militanti.

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L’enigma della camera 622 di Joel Dicker

A settembre, col gruppo di lettura creato da Silvia di Leggere ti salva, #nellastanza622, ho letto l’ultimo lavoro di Dicker, L’enigma della camera 622, pubblicato in Italia da La Nave di Teseo.

Faccio una premessa doverosa: questo è il mio primo approccio con l’autore, quindi, quello di cui parlerò sarà rapportato al singolo romanzo e non al confronto con le altre sue opere.

Di cosa parla.

Il protagonista del romanzo è l’autore stesso, che in un momento delicato della sua vita, decide di trascorrere qualche giorno in montagna soggiornando presso il Palace de Verbier. Subito nota una stranezza: mentre sta andando nella sua camera, vede che le numerazioni delle stanze saltano un numero; si passa, infatti, dalla camera 621, alla 621bis, per poi continuare con la 623. Nella 621bis (all’epoca, 622), tanti anni prima, infatti, è successo un omicidio, ancora rimasto irrisolto. Questo evento tragico, ruota attorno ad una potente banca svizzera. Il protagonista, quindi, si interesserà così tanto alla vicenda, da portare alla luce tanti fattori interessanti e sorprendenti.

“Anastasia, tutto bene?” chiese di nuovo Macaire.

Lei si asciugò una lacrima che scorreva sulla guancia.

“Tutto a posto”, assicurò.

“Stai piangendo?”

“No, mi è solo finita un po’ di polvere nell’occhio.”

“E’ una risposta da romanzo” fece notare lui. “La polvere non ha mai fatto piangere nessuno.”

“La polvere dei ricordi, sì.”

J. Dicker, L’enigma della camera 622, La Nave di Teseo, pag. 216

I tempi.

La vicenda si svolge su due piani temporali differenti; si snoda, infatti, tra presente e passato. Da una parte troviamo lo scrittore che scopre questo mistero e decide di svelarlo, dall’altra parte viviamo gli avvenimenti nel momento stesso in cui sono successi. C’è, quindi, un continuo passaggio tra quello che è e quello che è stato. La cosa che però più sorprende, è la maestria nel gestire questo alternarsi: Dicker riesce a dare alla storia uno stretto filo logico, in cui è difficile perdersi.

Lo stile e la scrittura.

La prima cosa che mi ha colpito in questo romanzo, ancor prima di entrare nel vivo della storia, è stata la scrittura magnetica, affascinante, quasi intima, con cui l’autore sceglie di rivolgersi al lettore. Mi sono sentita trasportare da queste parole che subito mi suonavano familiari. Poi sono entrata nella vicenda vera e propria ed è lì che è iniziata la magia! Io credo che Dicker sia un genio nel mistero, nella suspense. Riesce a creare dei colpi di scena sbalorditivi e del tutto inaspettati; non appena si crede di aver capito qualcosa, ecco che subito viene tutto capovolto.

Cosa siamo capaci di fare per difendere le persone che amiamo? E’ da questo che si misura il senso della nostra vita.

J. dicker, l’enigma della camera 622, la nave di teseo, pag. 624

Una storia nella storia.

Dicker, col suo romanzo, ha voluto elogiare e ricordare il suo primo editore recentemente scomparso, la persona che ha creduto in lui fin dal primo momento. Lo fa ripercorrendo tutta la sua carriera ed il suo successo improvviso col primo bestseller. E’ davvero qualcosa di molto commovente.

Considerazioni finali.

L’enigma della camera 622 è un librone di 632 pagine che affascina, travolge e conquista. Un thriller ben strutturato con un finale del tutto inaspettato.

Classificazione: 4.5 su 5.

Scheda tecnica e descrizione.

TITOLO: L’enigma della camera 622

Titolo originale: L’énigme de la chambre 622

AUTORE: Joel Dicker

Traduzione italiana a cura di Milena Zemira Ciccimarra

EDITORE: La Nave di Teseo

GENERE: Narrativa Straniera/Thriller

DATA DI PUBBLICAZIONE: Giugno 2020

PAGINE: 632 (cartaceo)

PREZZO DI COPERTINA: € 22,00

Un fine settimana di dicembre, il Palace de Verbier, lussuoso hotel sulle Alpi svizzere, ospita l’annuale festa di una importante banca d’affari di Ginevra, che si appresta a nominare il nuovo presidente. La notte della elezione, tuttavia, un omicidio nella camera 622 scuote il Palace de Verbier, la banca e l’intero mondo finanziario svizzero. L’inchiesta della polizia non riesce a individuare il colpevole, molti avrebbero avuto interesse a commettere l’omicidio ma ognuno sembra avere un alibi; e al Palace de Verbier ci si affretta a cancellare la memoria del delitto per riprendere il prima possibile la comoda normalità.
Quindici anni dopo, un ignaro scrittore sceglie lo stesso hotel per trascorrere qualche giorno di pace, ma non può fare a meno di farsi catturare dal fascino di quel caso irrisolto, e da una donna avvenente e curiosa, anche lei sola nell’hotel, che lo spinge a indagare su cosa sia veramente successo, e perché, nella camera 622 del Palace de Verbier.

Joël Dicker, autore dei successi mondiali La verità sul caso Harry QuebertIl libro dei BaltimoreLa scomparsa di Stephanie Mailer, ritorna con un romanzo straripante, pieno di colpi di scena, di personaggi dalla doppia o tripla verità, sullo sfondo di giochi di potere, segreti di famiglia, inganni, tradimenti e gelosie.
Un romanzo congegnato con diabolica perfezione, in cui nulla e nessuno sono veramente come appaiono.

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L’estate che sciolse ogni cosa di Tiffany McDaniel

Poco tempo fa, ho avuto la fortuna di conoscere, grazie all’ufficio stampa di Atlantide Edizioni, la scrittura di Tiffany McDaniel. L’estate che sciolse ogni cosa è il suo romanzo di esordio.

Di cosa parla.

Ci troviamo a Breathed, in Ohio. È l’anno 1984. È un’estate infuocata, il caldo è soffocante. È anche il momento in cui, al protagonista, Fielding Bliss, cambierà per sempre l’esistenza. Il padre, infatti, un affermato avvocato, decide di scrivere una lettera al diavolo, invitandolo a soggiornare in questa piccola cittadina. Nessuno, però, immagina che il diavolo risponderà alla lettera e si mostrerà ai cittadini, nelle sembianze di un ragazzino con la pelle nera e con gli occhi verde acceso, che si farà chiamare Sal. Da quel momento in poi, una serie di avvenimenti segneranno per sempre il destino di tutte le persone che avranno avuto contatti col ragazzino venuto da chissà dove…

Non si possono amare i propri giorni se li lasci passare urlando come un idiota contro un’esistenza che detesti.

T. McDaniel, L’estate che sciolse ogni cosa, Atlantide Edizioni, pag. 238

I protagonisti.

Attorno alle vicende dell’estate 1984 si muovono diversi personaggi, che per caso, o per conseguenza, hanno incrociato le strade di quelli che sono i protagonisti, e che, per questo, hanno visto le loro vite segnate dagli eventi accaduti.

La vicenda è narrata dalla voce di Fielding Bliss, un signore giunto quasi alla fine della sua vita che ricorda tutto quello che successe quella fatidica estate dell’84. Fielding ricorda di essere stato un ragazzino ingenuo, spontaneo, che viveva una vita apparentemente normale. Fino all’arrivo di Sal; l’incontro con questo ragazzino, infatti, segna lo spartiacque tra il passato ed il futuro, tra quello che poteva essere se, ma che invece non è stato. Fielding diventa un adulto segnato dalla sofferenza, dalla diffidenza, ma anche da una grande voglia di rimediare, di capire, di essere amato.

Sal, è un ragazzino che dice di essere il diavolo, che arriva contemporaneamente al caldo soffocante, che porta con sé una serie di conoscenze, di storie, di esperienze che suscitano diffidenza, timore e pettegolezzi.

Oltre la storia: i temi trattati.

Quello che mi ha piacevolmente colpito durante la lettura de L’estate che sciolse ogni cosa è che, oltre alla storia in sé, vengono trattate tematiche e problematiche, ancor oggi, molto attuali, quali ad esempio, l’omofobia, il razzismo. Tiffany McDaniel, infatti, riesce ad esporre mediante la narrazione, punti di vista, preconcetti e pregiudizi che sono radicati nella collettività; ieri come oggi. Questo romanzo è riuscito ad offrirmi diversi ed ottimi spunti di riflessione.

T. McDaniel, L’estate che sciolse ogni cosa, Atlantide Edizioni.

Considerazioni finali.

Mi sento di affermare, con sicurezza, che L’estate che sciolse ogni cosa, rientra tra le letture più belle di quest’anno; è un romanzo doloroso, struggente, che ci fa interrogare su quanto la vita sia imprevedibile, ma anche precaria. La potenza narrativa dell’autrice, riesce a tenere incollati dalla prima all’ultima pagina.

È un romanzo che dovrebbero tutti leggere perché prescinde i generi letterari e si fa amare.

Scheda tecnica e descrizione.

TITOLO: L’estate che sciolse ogni cosa

Titolo originale: The summer that melted everything

AUTORE: Tiffany McDaniel

Traduzione italiana a cura di Lucia Olivieri

EDITORE: Atlantide Edizioni

DATA DI PUBBLICAZIONE: Luglio 2020

GENERE: Narrativa straniera

PAGINE: 380 (cartaceo)

PREZZO DI COPERTINA: € 18,00

Ci sono estati che ti entrano sotto la pelle come ricordi eterni. Per il giovane Fielding Bliss quell’estate è il 1984, l’estate che cambierà per sempre la sua esistenza e quella di tutti gli abitanti di Breathed, Ohio. Qui, in una giornata dal caldo torrido, il diavolo arriva rispondendo all’invito pubblicato sul giornale locale da Autopsy Bliss, integerrimo avvocato convinto di saper distinguere il bene dal male, e padre di Fielding. Nessuno in paese si sarebbe mai aspettato che Satana avrebbe risposto. E tantomeno che si sarebbe palesato come un tredicenne dalla pelle nera e dalle iridi verdi come foglie, eppure quel ragazzo uscito dal nulla sostiene davvero di essere il diavolo. A incontrarlo per primo è Fielding, che lo porta con sé a casa. I suoi genitori subito pensano che il giovane, che sceglierà di farsi chiamare Sal, sia scappato dalla propria famiglia, eppure le ricerche non portano a nulla, e in lui sembra esserci veramente qualcosa di impenetrabile e misterioso. Qualcosa che gli abitanti di Breathed non capiscono e li farà persuadere che quel ragazzo dalle lunghe cicatrici sulle spalle sia realmente quello che dice di essere: il diavolo. Intanto, un’afa incredibile scioglie i gelati e i pensieri e confonde i rapporti e le certezze, il senso del bene e del male, dell’amore e della sofferenza, della fiducia reciproca e della paura. Lirico, struggente, sorprendente e davvero unico nel panorama contemporaneo, L’estate che sciolse ogni cosa è un romanzo di una bellezza folgorante che segna l’esordio di una nuova, grande voce letteraria.

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Pubblicato in: narrativa italiana, Ragazzi tra le pagine

Sirley di Elisa Amoruso

Nel mese di Agosto, col progetto Ragazzi tra le pagine, ho letto “Sirley” di Elisa Amoruso edito Fandango.

La storia.

Ci troviamo intorno agli anni Ottanta e la protagonista è una ragazzina di undici anni di nome Nina.

Nina vive in una famiglia incasinata: il padre e la madre litigano sempre, il fratellino più piccolo è una peste e lei deve accudirlo.

La vita di Nina, però, sarà stravolta dall’arrivo di Sirley, una ragazza più grande di lei, con la pelle mulatta e gli occhi nerissimi. Sirley e Nina diventeranno molto amiche, vivranno un rapporto che riuscirà a cambiare il corso delle loro storie.

Le protagoniste.

Il lettore conosce la storia attraverso gli occhi di una bambina, Nina, che ancora non conosce bene come gira il mondo, che si approccia alla vita con curiosità ed innocenza; una bambina che ancora non sa dare un nome preciso alle cose che vede e sente. Il racconto viene, quindi, filtrato dall’esperienza infantile della “quasi” ragazza.

Nina vuole scoprire, vuole conoscersi, vuole trovare qualcosa di nuovo in cui identificarsi, in modo tale da darsi un posto nel mondo. Questo “nuovo” arriva all’improvviso con Sirley. È nuovo il colore della pelle, è nuova la forma del corpo, è ancora più nuovo l’approccio alla vita.

Sirley, per Nina, rappresenta un salto nel vuoto, una presa di posizione, una finestra aperta per conoscere se stessa.

La paura va condivisa per alleggerirne il peso.

E. Amoruso, Sirley, Fandango

Odori e sapori di un tempo.

Le atmosfere che fanno da sfondo alla storia sanno di passato, di semplicità, di vita vissuta. Come ho già detto, siamo alla fine degli anni Ottanta e l’autrice è riuscita a ricreare alla perfezione tutte le sfumature di quel periodo. Se si chiudono gli occhi, si riescono a sentire di nuovo gli odori che provenivano dalla cucina della nonna, ma anche vedere la cantina dove il nonno faceva il vino. Questo a me, personalmente, ha dato tanto calore al cuore.

Lo stile e la scrittura.

La scrittura di Elisa Amoruso è magnetica; con un linguaggio semplice e lineare riesce a catturare, fin dalle prime pagine, l’attenzione del lettore. Non sono presenti capitoli, ma soltanto paragrafi.

Considerazioni finali.

In conclusione, Sirley è un romanzo di formazione molto piacevole ed interessante; un romanzo in cui vecchio e nuovo. È un libro che si gusta, si sente, si odora; insomma, si vive.

Scheda tecnica e descrizione.

TITOLO: Sirley

AUTRICE: Elisa Amoruso

EDITORE: Fandango

DATA DI PUBBLICAZIONE: Agosto 2020

GENERE: Narrativa italiana/ romanzo di formazione

PAGINE: 159 (cartaceo)

PREZZO DI COPERTINA: €15,00

È il 1989. Nina ha undici anni e una famiglia incasinata, il padre e la madre litigano sempre, Lorenzo – suo fratello minore –, quando si arrabbia, diventa un pericolo.

Dal centro di Roma si ritrova catapultata in un quartiere di periferia, fatto di palazzoni, ragazzi sui motorini e prati bruciati.

Anche la scuola è diversa, non ci sono le maestre ma le suore, non ha neanche un amico. Ma un incontro improvviso stravolge tutto, come una tempesta: ha tredici anni, abita nel palazzo di fronte, è mulatta e balla la lambada.

Il suo nome è Sirley, viene dalla Guyana francese, in Sud America, e ha un sogno ambizioso: interpretare la Madonna nella processione di quartiere.

Tra le due nasce un legame intenso, fortissimo, che porterà Nina a perdere finalmente il controllo, e a scoprire il suo posto non solo nel mondo, ma nel cuore della sua famiglia. Un romanzo di formazione tenero e avvincente, due protagoniste irresistibili, il racconto di come il desiderio plasma e trasforma l’infanzia in adolescenza.

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La linea del colore di Igiaba Scego

Entrando settembre, si ritorna (in parte) alla normalità. Anche il mio blog, quindi, riparte!

Voglio cominciare proprio parlandovi di La linea del colore di Igiaba Scego edito Bompiani: un libro che ho sentito fin dentro le ossa, per una serie di motivi.

Di cosa parla.

La linea del colore racconta la storia di Lafanu Brawn, una donna di colore che aveva da sempre due sogni nel cassetto: viaggiare e visitare tanti nuovi posti nel mondo e diventare artista. Lafanu ci è riuscita; ma a che prezzo? A causa del colore della sua pelle, infatti, ha subito tante ingiustizie, tanti falsi sorrisi, tante violenza. Parallelamente, conosciamo anche un’altra donna di colore, Leyla, che vive parecchi anni dopo Lafanu, ma che con lei si sente affine.

Le protagoniste.

Lafanu è una donna nata in una comunità povera indiana, chiamata Chippewa. Ha da sempre avuto un’indole ribelle che, però, dal principio, non ha potuto esternare nel posto natio, a causa delle condizioni di vita precarie ed una aspirazione ad un futuro migliore quasi del tutto assente. Grazie ad una serie di circostanze, Lafanu riesce ad arrivare negli Stati Uniti.

Lafanu è una donna che decide di non farsi abbattere dalle porte chiuse, dagli sguardi schifati, dalle violenze verbali e fisiche; è una donna che decide di portare avanti la sua passione, la pittura, e vedere riconosciuto il proprio lavoro al pari dei cittadini “bianchi”.

Leyla, vissuta in una dimensione temporale (ed in parte spaziale) diversa da quella di Lafanu, è anch’essa una donna di colore, che percepisce sulla propria pelle che c’è ancora qualcosa che non va nel lavoro di riconoscimento di pari diritti tra “popoli” diversi; motivo per cui si interessa all’affascinante e tormentata vita di Lafanu Brown.

Tre sorelle nere, estranei l’uno all’altra, divise dei secoli, ma così vicine nella sofferenza. Perché essere neri significava ancora una volta avere a che fare con le catene che laceravano la nostra carne.

I. Scego, La linea del colore, Bompiani, pag. 60.

Periodo storico e contestualizzazione.

Come ho detto prima, la narrazione si divide in due linee temporali differenti; la storia di Lafanu nel passato e quella di Leyla nel presente.

L’epoca che vive Lafanu è la seconda metà dell’Ottocento. È facile pensare, dunque, come le mentalità di quegli anni erano ristrette e la schiavitù era una realtà ancora attuale. I bianchi si sentivano più potenti e più “civili” dei neri.

La linea del colore, però, vuole far vedere come il presente non sia poi così diverso dal passato. Oggi più che mai, mi sento di dire. La superiorità dei cittadini bianchi si sente ancora in maniera prepotente. Come dietro una facciata di accettazione, in realtà ci sia ancora tanto da lavorare. Nella vita di Leyla, infatti, succederà un episodio che farà capire quanto ancora oggi sia fondamentale nascere “dalla parte giusta del mondo”.

Io, personalmente, ho amato tanto questo aspetto. È una cosa che mi ha spinto a riflettere molto su aspetti che magari davo per scontati; su come il mondo va veramente.

Una riflessione personale.

La linea del colore è un romanzo esplosivo fin dalle prime pagine. Inizia infatti con una forte critica all’Italia dell’Ottocento. Già dal primo capitolo si intuisce che quello che ci apprestiamo a leggere sarà un libro che lascerà tanto.

Quello che mi ha maggiormente colpito è stato l’armonico equilibrio tra delicatezza e crudezza. L’autrice sa essere abbasta pungente, ma anche soffice come una nuvola nel descrivere cose che non sono tanto piacevoli; utilizza infatti importanti metafore con i colori (come dimostra anche il titolo).

Per concludere, parlare de La linea del colore non è affatto semplice. Ci sono così tante cose da dire che si rischia di dimenticare qualcosa. Credo però che questo sia un romanzo assolutamente da leggere e da crearsi un proprio pensiero.

Scheda tecnica e descrizione.

TITOLO: La linea del colore

AUTORE: Igiaba Scego

EDITORE: Bompiani

DATA DI PUBBLICAZIONE: febbraio 2020

GENERE: Narrativa

PAGINE: 384 (cartaceo)

PREZZO DI COPERTINA: € 19,00

VOTO: 4,5/5

Quanti di noi scendendo oggi da un treno a Roma Termini ricordano i Cinquecento cui è dedicata la piazza antistante la stazione? È il febbraio del 1887 quando in Italia giunge la notizia: a Dògali, in Eritrea, cinquecento soldati italiani sono stati uccisi dalle truppe etiopi che cercano di contrastarne le mire coloniali. Un’ondata di sdegno invade la città. In quel momento Lafanu Brown sta rientrando dalla sua passeggiata: è una pittrice americana da anni cittadina di Roma e la sua pelle è nera. Su di lei si riversa la rabbia della folla, finché un uomo la porta in salvo. È a lui che Lafanu decide di raccontarsi: la nascita in una tribù indiana Chippewa, lo straniero dalla pelle scurissima che amò sua madre e scomparve, la donna che le permise di studiare ma la considerò un’ingrata, l’abolizionismo e la violenza, l’incontro con la sua mentore Lizzie Manson, fino alla grande scelta di salire su un piroscafo diretta verso l’Europa, in un Grand Tour alla ricerca della bellezza e dell’indipendenza. Nella figura di Lafanu si uniscono le vite di due donne afrodiscendenti realmente esistite: la scultrice Edmonia Lewis e l’ostetrica e attivista Sarah Parker Remond, giunte in Italia dagli Stati Uniti dove fino alla guerra civile i neri non erano nemmeno considerati cittadini. A Lafanu si affianca Leila, ragazza di oggi, che tesse fili tra il passato e il destino suo e delle cugine rimaste in Africa e studia il tòpos dello schiavo nero incatenato presente in tante opere d’arte. Igiaba Scego scrive in queste pagine un romanzo di formazione dalle tonalità ottocentesche nel quale innesta vivide schegge di testimonianza sul presente, e ci racconta di un mondo nel quale almeno sulla carta tutti erano liberi di viaggiare: perché fare memoria della storia è sempre il primo passo verso il futuro che vogliamo costruire.

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Pubblicato in: narrativa italiana, Ragazzi tra le pagine

Maregrigio di Vincenzo Restivo

Parlare di Maregrigio di Vincenzo Restivo (edito Milena Edizioni) non è affatto semplice. È un romanzo potente, forte, tagliente quasi fino all’eccesso.

Di cosa parla.

Ne Maregrigio conosciamo tante persone diverse: troviamo Ezio, un ragazzo costretto a nascondere la propria omosessualità a causa di una comunità ed una famiglia che non è ancora pronta ad accettarla; c’è Teresa da anni abusata dal (e per conto del) padre; c’è Marisa che si innamora, ma di una persona “sbagliata” per lei; ci sono due fratellini sempre insieme… tutti questi personaggi sono accomunati dal luogo in cui vivono, un piccolo paese, Dragona, che riserva le proprie sorti e le proprie fortune alla Madonna sull’acqua.

Certi dolori hanno la capacità di succhiarti via la vita.

V. Restivo, Maregrigio, Milena Edizioni, pag. 99

I temi trattati

Come scrivevo sopra, parlare di questo romanzo non è affatto semplice, principalmente per i temi trattati. L’autore, infatti, nel suo romanzo affronta tematiche come l’omosessualità, la violenza, l’abuso, persino l’incesto. Sono argomenti per i quali viene una fitta allo stomaco, che fanno indignare, ma che portano, a mente lucida, a riflettere su quanto anche tutto questo faccia parte della vita; costituisca una delle tante pieghe che la realtà può prendere.

Lo stile.

Un punto focale del romanzo è proprio lo stile. Restivo racconta i fatti e le vicende con estrema durezza. Descrive gli accadimenti in maniera cruda, che arriva dritta allo stomaco. Non utilizza edulcoranti, ma parla di queste tematiche in maniera del tutto diretta e quasi squarciante. Non utilizza remore nel narrare di abusi, di violenze o di tutto il margine che la società possiede.

La mia opinione.

Inizio subito facendo delle mie considerazioni sullo stile. Secondo i miei gusti personali, i toni con cui sono descritti i fatti, sono troppo duri per essere digeriti da tutti. Gli argomenti trattati (già forti di suo) sono stati ancor di più resi taglienti dall’utilizzo di un linguaggio crudo e spigoloso. Io, in certe parti, ho avuto difficoltà a continuare la lettura. Era troppo.

Capisco bene però che l’intento di Maregrigio probabilmente sia proprio questo. Aprire una finestra su qualcosa che si tende a tenere nascosto; qualcosa di cui non si parla, considerandolo quasi un tabù.

Mi è piaciuta molto la scelta del titolo, che ho interpretato come la metafora stessa della vita: il mare non è sempre azzurro e cristallino, ma assume anche toni sul grigio; così come la vita non sempre è bella come viene mostrata, ma ci sono delle crepe che purtroppo fanno parte della vita stessa.

Considerazioni finali.

In conclusione, posso dire che Maregrigio è un libro importante, persino necessario perché scomodo; mi sento però di consigliarlo con riserva proprio per il forte effetto che, inevitabilmente, ha sul lettore, non sempre facile da metabolizzare.

Scheda tecnica e descrizione.

TITOLO: Maregrigio

AUTORE: Vincenzo Restivo

EDITORE: Milena Edizioni

DATA DI PUBBLICAZIONE: Luglio 2020

GENERE: Narrativa Italiana

PAGINE: 165 (cartaceo)

PREZZO DI COPERTINA: € 13,00

Un sedicenne vittima di vessazioni omobofe, una ragazza in lotta con le imposizioni di genere e costretta dal padre a prostituirsi; due ragazzini che cercano riparo da una realtà marcia e brutale nei loro giochi da adulti; una madre che, per sfuggire alla monotonia della sua vita, inizia una relazione segreta con un coetaneo dei suoi figli adolescenti e deve fare i conti con il senso di colpa. Tutti, a Dragona, sono in attesa del miracolo della Madonna sull’Acqua che possa dare loro una nuova speranza di sopravvivenza. Un mare grigio, infermo e infetto fa da cornice a questo intreccio di vite sfiduciate, disilluse e alla deriva, che annaspano, in un crescendo di disperazione, alla ricerca di uno spiraglio di luce.

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Le origini del potere di Alessandra Selmi

Avete presente i romanzi storici che non sono solo storia, ma anche molto altro? Ecco, uno di questi è sicuramente “Le origini del potere” di Alessandra Selmi edito Casa Editrice Nord.

Di cosa parla?

Le origini del potere fa parte di una trilogia e racconta la storia di Giuliano Della Rovere, un frate francescano che decide di lasciare il convento per recarsi a Roma al servizio del neo eletto Papa, suo zio. Giuliano, giunto a Roma, vivrà una serie di avventure che lo faranno cambiare ed aspirare sempre più alla sorte capitata allo zio: diventare a sua volta papa. Ci riuscirà?

Il periodo storico.

Ci troviamo nel periodo a cavallo tra la fine del 1400 e l’inizio del 1500. In una Roma in cui è lo stato pontificio ad avere più potere sul territorio. Possiamo, quindi bene capire come le situazioni di allora, storicamente parlando, siano diverse da quelle dei nostri giorni. In quegli anni erano forti i giochi di potere, il cercare a tutti i costi di conquistare più terre possibili. In questo clima la Chiesa aveva un ruolo fondamentale.

Sai bene che non esistono vincitori per nascita, ma è degno della vittoria solo colui che non si rassegna alla sconfitta.

A. Selmi, Le origini del potere, Casa Editrice Nord, pag. 191

L’argomento principale.

Come si può facilmente intuire, anche dal titolo, tutto ruota attorno al potere. Quella smania di avere, di comandare, di sottomettere. E Giuliano, il protagonista, un ragazzo con un carattere particolare, ma con sani principi, sarà folgorato da questa bramosia, man mano che camminerà sui ciottoli di Roma, e mentre frequenterà le ricche sale pontificie.

Il potere, la corruzione, l’essere pronti a tutto pur di ottenere un posticino nelle dinamiche dei potenti, sono temi presenti in maniera forte all’interno del romanzo. Vengono raccontati in maniera fedele e documentata. Il potere viene visto quasi come un’aspirazione presente nella natura stessa dell’uomo; come qualcosa di imprescindibile.

La figura di Giuliano.

Giuliano Della Rovere è un personaggio emblematico; è molto complesso e dalle tante sfaccettature. Giuliano subisce un cambiamento non di poco conto nel corso della storia. Da piccolo personaggio, pieno di dubbi e paure, diventa un uomo carismatico con in mano sempre più potere e disposto a fare sempre di più per accrescere le sue ricchezze e la sua fama; è una persona intelligente, astuta. È uno stratega.

Giuliano è però anche un uomo che ama, che nonostante il suo caratteraccio è disposto ad aiutare e sostenere le persone a lui care, prima fra tutte Lucrezia Normanni. La donna che incontra uno dei primi giorni e che non abbandona per tutto il corso della storia.

La mia opinione.

Le origini del potere di Alessandra Selmi è un libro che ho amato molto. L’autrice ci racconta una avventura coinvolgente ed appassionate; è riuscita a creare una storia passata ma, in un certo qual modo, attuale. Io credo, infatti, che cambiano le situazioni, i luoghi, i periodi, ma quella aspirazione ad avere sempre più, ad ottenere una fetta sempre più ampia di ricchezza, di potere, di affermazione rimane immutata nel tempo. Alessandra Selmi riesce così a far luce su questo aspetto della società ed induce il lettore a porsi delle domande ed a darsi delle risposte.

Il tutto è scritto in maniera fluida, semplice ma magnetica. Cos’altro dire? Che non vedo l’ora di leggere il seguito!

Scheda tecnica e descrizione.

TITOLO: Le origini del potere

AUTORE: Alessandra Selmi

EDITORE: Casa Editrice Nord

DATA DI PUBBLICAZIONE: Giugno 2020

GENERE: Romanzo storico

PAGINE: 384 (cartaceo)

PREZZO DI COPERTINA: € 16,90

VOTO: 4-/5

Agosto 1471. Esausto dal lungo viaggio, un giovane frate attraversa le antiche mura che difendono la città, passa accanto alle vestigia diroccate di un passato ormai dimenticato, s’inoltra in un intrico di vicoli bui e puzzolenti. E infine sbuca in una piazza enorme, davanti alla basilica più importante della cristianità, dove si unisce al resto della popolazione. Ma lui non è una persona qualunque. Non più. È il nipote del nuovo papa, Sisto IV. È Giuliano della Rovere. E quello è il primo giorno della sua nuova vita, un giorno che segnerà il suo destino: dopo aver assistito alla solenne incoronazione dello zio, Giuliano viene coinvolto dai suoi cugini, Girolamo e Pietro Riario, in una folle girandola di festeggiamenti nelle bettole della città, per poi rischiare la morte in un agguato e ritrovarsi al sicuro tra le braccia di una fanciulla dal fascino irresistibile. È il benvenuto di Roma a quell’umile fraticello, che subito impara la lezione. Solo i più forti, i più determinati, i più smaliziati sopravvivono in quel pantano che è la curia romana. Inizia così la scalata di Giuliano, che scopre di avere dentro di sé un’ambizione bruciante, pari solo all’attrazione per Lucrezia Normanni, la donna che lo aveva salvato quel fatidico, primo giorno, e che rimarrà al suo fianco per gli anni successivi, dandogli pure una figlia. Anni passati a fronteggiare con ogni mezzo sia le oscure manovre del suo grande avversario, il cardinale Rodrigo Borgia, sia i tradimenti dei suoi stessi parenti, i Riario. Anni passati sui campi di battaglia, ad imparare l’arte della guerra, e a tramare in segreto contro i Medici di Firenze, nonostante il disastroso esito della congiura dei Pazzi. E tutto per prepararsi a un evento ineluttabile: la morte di suo zio, il papa, e l’apertura del conclave. Ecco la grande occasione di conquistare il potere assoluto. Ma Giuliano scoprirà che il destino, per il momento, ha altri piani per lui…

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Il segreto di Ippocrate di Isabella Bignozzi

Il romanzo di cui vi parlo oggi ci porta parecchio lontano nel tempo e nello spazio, e ci parla di una figura fondamentale nel campo della medicina, possiamo anche dire uno dei precursori della scienza medica: Ippocrate di Kōs.

Di cosa parla?

Ne Il segreto di Ippocrate, ci troviamo intorno al 400 a. C. in Grecia. Il protagonista, come facilmente intuibile, è Ippocrate che, arrivato all’ultima fase del ciclo di vita, la vecchiaia, si trova a raccontare al proprio discepolo, Pòlybos, aneddoti, memorie, riflessioni riguardanti la vita trascorsa fino a quel momento; assieme a Pòlybos, ripercorrerà l’infanzia, l’adolescenza, l’iniziazione come medico, la vita con l’unica donna che ha amato, le esperienze dell’età adulta.

Come lui impercettibilmente rallentava nelle gare di corsa, per non dispiacermi, così facevo io nei rompicapo; tardavo un pochino nella risposta, di modo che a volte vincevo io, a volte lui. E non saprei dire un altro modo di essere amici.

I. Bignozzi, Il segreto di Ippocrate, La Lepre Edizioni, pag. 93

Chi è Ippocrate?

Ippocrate era un medico che ha rivoluzionato la concezione stessa di medicina. Un tempo, infatti, l’arte medica era associata alla religione ed alla filosofia; veniva cioè curata attraverso riti religiosi, sacrifici a qualche particolare divinità, oppure collegata all’indole stessa dell’uomo predisposta ora all’una ora all’altra malattia. Ippocrate, invece, stabilisce la medicina come professione e la basa su parametri oggettivi e verificabili. Proprio per questo, al medico greco, si deve il giuramento di Ippocrate, la formula ripetuta ancora oggi dai neo medici, chirurghi ed odontoiatri prima di iniziare la professione.

Il periodo storico.

Credo che contestualizzare Il segreto di Ippocrate col periodo storico in cui è ambientato, sia fondamentale. Infatti parliamo di un’epoca assai remota: addirittura il 400 avanti Cristo. Nella lettura del romanzo, quindi, alcuni aspetti, alcune spiegazioni, potrebbero risultare banali e scontate. Ma se si pensa che sono discorsi fatti in un’epoca così lontana dalle nostra, possiamo comprendere la genialità di certe affermazioni ed idee. Da questo si evince la bravura della Bignozzi nel cercare, argomentarsi, ma anche creare dettagli confacenti con quel preciso periodo storico. Il riuscire a pensare come se vivesse 450 anni prima della venuta di Cristo e parlarne in maniera curiosa ed interessante, è una grande abilità, a mio avviso.

I. Bignozzi, Il segreto di Ippocrate

I personaggi.

Il romanzo ruota attorno a molteplici personaggi, ma quelli principali sono due: Ippocrate ed il proprio discepolo, Pòlybos.

Ippocrate è un uomo colto, intelligente e di saldi principi morali. Arrivato quasi alla fine della sua vita, gli affiora quella tipica nostalgia di ciò che abbiamo fatto ed avuto, ma che fa parte del tempo andato. Affida pertanto le proprie memorie al proprio discepolo.

Pòlybos, discepolo e genero di Ippocrate, gioca in apparenza un ruolo marginale, ma in realtà la sua importanza è tanta. Pòlybos fa da moderatore ai molteplici stati d’animo che i ricordi possono creare nel maestro; è lui che sprona a raccontare, è lui che calma le emozioni troppo cariche, è lui a cui Ippocrate dona il suo sapere per essere tramandato.

Il significato oltre le parole.

Fino a qui si è potuto intendere che Il segreto di Ippocrate sia solo una biografia molto accurata e ben fatta della vita del famoso medico, cosa assolutamente vera; il romanzo però non è soltanto questo: Il segreto di Ippocrate è una guida, uno scrigno di tesori che l’autrice ci regala. Quello che le pagine de Il segreto di Ippocrate contengono è la magia che le emozioni generano; quell’insieme di sensazioni che le persone provano nell’arco della vita.

Considerazioni finali.

Posso assicurare che appena finita la lettura de Il segreto di Ippocrate, rimane dentro una sensazione di appagamento, come se nel cuore restasse un tassello in più che va a completare il puzzle delle emozioni lasciate dai bei libri. Ecco, il romanzo di Isabella Bignozzi è un bel libro. Se volete avere qualcosa in più da portare dentro al bagaglio delle emozioni, allora leggetelo!

Scheda tecnica e descrizione.

TITOLO: Il segreto di Ippocrate

AUTORE: Isabella Bignozzi

EDITORE: La Lepre Edizioni

DATA DI PUBBLICAZIONE: Febbraio 2020

GENERE: Narrativa italiana

PAGINE: 366 (cartaceo)

PREZZO DI COPERTINA: € 20,00

Ippocrate, giunto alla vecchiaia, racconta a Pòlybos, suo allievo prediletto, le sue memorie: la fanciullezza nell’isola di Kōs, l’adolescenza tra inquietudini e nuove consapevolezze, gli insegnamenti del padre, anch’egli medico e suo primo e più grande maestro; i suoi incontri con i personaggi illustri dell’epoca, le vicende drammatiche che lo hanno segnato nel profondo. Parla di malanni, interventi e terapie, espone tecniche dell’arte medica del V secolo a.C. Ippocrate apprendendo dai suoi maestri, diviene egli stesso un maestro; viaggia in tutte le terre conosciute, sfiora eventi storici grandiosi, impara a curare gli altri e ad amare il suo prossimo in un modo sofferto, innovando la sua arte con brillanti intuizioni.

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Le imperfette di Federica De Paolis

È veramente tutto oro quello che luccica? Una madre, una moglie, un padre sono davvero esseri perfetti senza macchia e senza paura, come li idealizziamo?

Le imperfette di Federica De Paolis edito Dea Planeta fa luce proprio su questo aspetto dell’esistenza umana.

Di cosa parla?

Le imperfette racconta la storia di Anna, una donna con una vita apparentemente perfetta: un marito che è un importante primario in una clinica privata di famiglia, due bimbi piccoli che adora, una bella casa con una domestica; una vita, insomma, che molti riterrebbero invidiabile. Finché tutti questi aspetti iniziano man mano a sgretolarsi. Qui Anna si troverà, dunque, a fare i conti con se stessa, i propri sentimenti, ma soprattutto arriverà a domandarsi se tutto quello a cui ha creduto è vero ed immacolato, o umano con delle debolezze e crepe!

La vita non è bianca o nera, le persone non sono buone o cattive, le sensazioni non sono limpide, piuttosto imperfette.

F. De Paolis, Le imperfette, Dea Planeta, pag. 294

Il tema ricorrente.

Io credo che Le imperfette di Federica De Paolis dia uno spaccato fedele della realtà umana. Come si evince dal titolo, il tema principale e che fa da collante all’intera vicenda è l’imperfezione della natura dell’uomo. Spesso ci aspettiamo che una donna, una moglie o una madre debba assolvere a determinati compiti e che sia impossibile scalfire, debba cioè essere immune da debolezze o errori. Debba quindi seguire una condotta irreprensibile sotto tutti i punti di vista. Possiamo anche fare un esempio con un genitore; ognuno di noi idealizza il proprio padre o la propria madre come l’essere perfetto incapace di fare qualche passo falso o cedere a qualche debolezza. Ebbene, ci avete mai pensato a quanto corrisponde a verità? Federica De Paolis in questo romanzo illumina proprio la vita di questa famiglia che potrebbe benissimo essere la nostra.

I personaggi.

Nel romanzo sono presenti diversi personaggi, ma i protagonisti che saranno importanti svolte alla storia sono tre, quattro.

Innanzitutto la protagonista principale è Anna, questa donna perfetta, con la vita perfetta: un marito importante ed amorevole, un padre devoto, una famiglia unita. Quello che succederà nella storia metterà in discussione tutta questa vita ideale.

Guido è il marito, nonché chirurgo e primario della clinica privata della famiglia di Anna. Uomo enigmatico e tutto d’un pezzo, che ha il ruolo di rendere soddisfatte le “donne imperfette”.

Attilio invece è il padre di Anna ed il fondatore della clinica. Uomo autoritario e dedito alla figlia che ha avuto una vita impeccabile sotto ogni aspetto.

C’è, infine, un altro personaggio molto importante per l’esito della storia che darà filo da torcere e cambierà il destino delle persone a lui collegate in qualche modo.

Tutti i personaggi principali sono descritti in maniera minuziosa nel sentire e nell’agire. Ho trovato che alcuni sono stati presentati in maniera più precisa rispetto ad altri, ma nell’insieme è una piccolezza.

Stile e scrittura.

Le imperfette è un libro che si legge bene e velocemente. Lo stile della De Paolis è molto attuale e colloquiale. È un linguaggio che parla al lettore come se fosse un amico, un confidente. La cosa, infine, che colpisce è il perfetto equilibrio tra dialoghi e narrato; questo contribuisce a dare all’intero romanzo un aspetto armonico.

F. De Paolis, Le imperfette

Considerazioni finali.

La sensazione che ho percepito appena chiuso il libro è di verità, di realtà tangibile. Quello che Le imperfette rappresenta è la vera essenza di quello che siamo: esseri perfetti nella propria imperfezione; esseri suscettibili di errori, e fragilità che un po’ cozzano con il ruolo che rivestiamo, ma che fanno parte del gioco chiamato vita. Assolutamente consigliato.

Scheda tecnica e descrizione.

TITOLO: Le imperfette

AUTORE: Federica De Paolis

EDITORE: Dea Planeta

GENERE: Narrativa italiana

DATA DI PUBBLICAZIONE: 9 giugno 2020

PAGINE: 320 (cartaceo)

PREZZO DI COPERTINA: € 18,00

Anna sta recitando una parte, ma non lo sa. O forse non vuole saperlo, perché altrimenti dovrebbe chiedersi chi è, e cosa desidera dalla vita. Del resto, ha due meravigliosi bambini, un padre che la adora e un marito chirurgo estetico che è appena diventato primario di Villa Sant’Orsola, la clinica privata di famiglia. Ha anche un amante, Javier, il papà spagnolo di una compagna di scuola del figlio: si incontrano due volte alla settimana in un appartamento che diventa subito uno splendido altrove, un luogo di abbandono. E allora, cos’è che non funziona?

I nodi, si sa, presto o tardi arrivano al pettine. Il suo matrimonio, il suo rapporto con i figli, la reputazione della clinica: uno dopo l’altro, tutti i pilastri della sua esistenza iniziano a vacillare. Anna è costretta a fare ciò che non avrebbe mai immaginato: aprire gli occhi e attraversare il confine sottile che separa l’apparenza dalla realtà. Per scoprire che le ferite, anche se fanno male, a volte sono crepe dalle quali può entrare una nuova luce.

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Il paese dalle porte di mattone di Giulia Morgani

Siete superstiziosi? Siete tipi da credenze popolari? Vi faccio queste domande perché nel libro di cui vi parlo oggi questi temi sono presenti in maniera piuttosto predominante. Il libro in questione è Il paese dalle porte di mattone di Giulia Morgani edito Harper Collins Italia.

Centunoscale Scalo era un agglomerato rustico di poche centinaia di abitanti, contadini per lo più. Prendeva nome dai ripidi e consumati gradini che conducevano all’eremo dove i devoti si arrampicavano a porgere omaggi alla Signora della Montagna, una madonnina in pietra bianca custodita da una grotta bruna.

G. Morgani, Il paese dalle porte di mattone, Harper Collins Italia, pag. 8

Di cosa parla?

Ci troviamo a Centunoscale Scalo, un paese meridionale di fantasia, popolato da poche anime. Giacomo Marotta è un neo capostazione che riceve l’incarico di gestire la stazione ferroviaria che si trova proprio in quel paesino “dimenticato da Dio e dagli uomini”. Già dal momento in cui mette piede a Centunoscale, Giacomo, avverte qualcosa di strano negli abitanti del posto, una sorta di reticenza verso “lo straniero”. Da qui inizieranno una serie di incontri, più o meno casuali, che faranno riaffiorare segreti rimasti per tanti anni nascosti tra le casa dalle porte di mattone.

I temi trattati.

Come vi ho scritto all’inizio, hanno un forte impatto su questo romanzo, temi come la superstizione, la credenza popolare, il malocchio e tutto quello che può far credere una determinata persona o una particolare azione come la panacea di tutti i mali. Il tutto amplificato ulteriormente da eventi tragici che hanno portato a creare collegamenti, a rafforzare quell’idea che tutto è una punizione per qualche peccato commesso in passato. È importante sottolineare il fatto che tutta la vicenda si svolge in una paesino molto piccolo e popolato maggiormente da anziani. Solo così si può spiegare come queste superstizioni, siano così radicate negli abitanti; la forza di queste mistiche credenze è tale da mettere in discussioni quelle che invece sono le certezze scientifiche o storiche. Possiamo anche capire come Giacomo, il protagonista, arrivato da una città, si trovi un attimo spiazzato da questa atmosfera inquietante e diffidente che si trova davanti.

I personaggi.

Il protagonista de Il paese dalle porte di mattone è Giacomo, un uomo come tanti, innamorato della vita e di una donna che spera di sposare appena finito il servizio a Centunoscale Scalo. Un uomo che dall’oggi al domani si ritrova catapultato quasi in una realtà parallela. Giacomo subirà un’evoluzione, una crescita interiore durante lo svolgimento della storia. L’uomo che scenderà dal treno all’inizio del racconto, non sarà lo stesso che salirà alla fine. Avrà cambiato modo di pensare, avrà cambiato le priorità nella vita, persino i valori. Quello che succederà nelle settimane che passerà a Centunoscale sarà qualcosa di così determinante che farà mettere in discussione tutte le certezze che aveva accumulato fino ad allora.

Struttura e stile.

Il paese dalle porte di mattone si sviluppa attraverso due vie parallele. Da una parte assistiamo alle mosse del protagonista, che cerca costantemente di dare un senso a quello che gli succede attorno; dall’altra parte, invece, osserviamo e conosciamo il punto di vista dei vari abitanti del piccolo paese, ed è proprio attraverso questi ultimi che Giacomo, arriverà al capo della matassa.

Il romanzo è scritto in maniera chiara e diretta, i capitoli sono molto brevi e questo garantisce al lettore l’immediatezza dello svolgimento narrativo. L’atmosfera gotica ed inquietante è presente già dalle prime pagine, ed è in continua crescita fino a circa metà libro; fino a quando, cioè, raggiunge l’apice del mistero.

Il paese era sordo come il suo sindaco, quella madre tanto protettiva da uccidere i suoi figli piuttosto che rischiare di vederli delusi.

G. Morgani, Il paese dalle porte di mattone, Harper Collins Italia, pag. 305

Cosa mi è piaciuto e cosa mi ha lasciato perplessa.

Il paese dalle porte di mattone è sicuramente un romanzo che prende fin da subito. La voglia di conoscere sempre di più è forte. Ad ogni fine capitolo mi succedeva che pensavo: “l’ultimo e stacco”, ed ogni volta si ripeteva la stessa scena. Una cosa però mi ha lasciato perplessa: il finale, inteso non a livello narrativo, ma a livello strutturale. Cerco di spiegarmi meglio. Io ho percepito la parte finale come un’accelerazione immediata ed istantanea. La cura nei dettagli e nei particolari che ha caratterizzato tutto il romanzo, qui, a mio avviso, si perde parecchio. La scena finale viene descritta in maniera quasi paradossale. E questo mi è dispiaciuto, perché è l’unica nota stonata presente.

Nel complesso però mi sento di dire che Il paese dalle porte di mattone è un romanzo che inquieta, fa sorridere, e che porta dentro tante di quelle riflessioni che non lo faranno dimenticare appena voltata l’ultima pagina.

Scheda tecnica e descrizione.

TITOLO: Il paese dalle porte di mattone

AUTORE: Giulia Morgani

EDITORE: Harper Collins Italia

DATA DI PUBBLICAZIONE: Maggio 2020

GENERE: Narrativa Italiana

PAGINE: 352 (cartaceo)

PREZZO DI COPERTINA: € 18,00

Giacomo Marotta è un giovane ferroviere. La guerra è finita da poco e lui ha appena ricevuto un nuovo incarico: sarà il capostazione di Centunoscale Scalo, un paese di un centinaio di abitanti, un luogo che Giacomo immagina come un’oasi di pace e serenità. È l’inizio di una nuova vita e di un futuro che si prospetta luminoso. Ma l’accoglienza che riceve non è quella che si aspetta: non è ancora sceso dal treno che lo porta a destinazione quando una donna gli dice, con uno sguardo ostile e ferino, che non è il benvenuto lì, che a Centunoscale se la possono cavare da soli. Questo è solo il primo di una serie di incontri inquietanti. Incontri che portano con sé mille domande e interrogativi, mettendo a dura prova l’entusiasmo del giovane capostazione. Chi sono davvero i suoi padroni di casa? E chi è il bambino, i capelli grigi come cenere, che vaga per le strade di Centunoscale? E perché quelle case diroccate, quei muri angoscianti di mattone? Cosa nascondono i paesani? Quale terribile segreto si cela dietro ai silenzi e alle stranezze di Centunoscale Scalo? Giulia Morgani, al suo esordio letterario, riesce, con l’abilità che può derivare solo dal talento, a incantare chi legge con le atmosfere gotiche e inquietanti di Centunoscale Scalo, paese immaginario ma che è naturale dipingersi mentalmente nell’entroterra dell’Italia centromeridionale.

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Malalai di Ortensia Visconti

Scoprire ed approfondire la situazione delle donne islamiche mi ha sempre affascinato ed interessato. Motivo per cui, quando l’ufficio stampa della Rizzoli (che ringrazio) mi ha proposto questa novità editoriale, ho accettato subito.

Di cosa parla Malalai?

Malalai di Ortensia Visconti racconta la storia di una ragazza, Malalai appunto, che si trova costretta a fuggire dal proprio paese natio, l’Afghanistan, per salvarsi da un destino segnato. Approdata in Italia, viene ospitata da una persona di fiducia, chiamata il maestro, che la condurrà in un altro viaggio, diverso da quello che ha appena affrontato, ma pur sempre insidioso e necessario.

I bambini rasati coi pantaloncini marroni e le gambe come stecchini ci si affollavano intorno. Avevano visi smunti su cui era impressa la mappa di tutti gli orrori di cui siamo capaci. Era impossibile restarci davanti senza combattere le lacrime. Per loro eravamo estranei, ma ci toccavano come avrebbero fatto con i genitori perduti. Ci si attaccavano addosso, pesanti del vuoto che avevano dentro. Volevano che li portassimo via. Invece erano i talebani a farlo. Ma solo i bambini più carini, le bambine più belle. Quando sopravvivevano, li notavi perché alcuni smettevano di parlare, s’isolavano. Non ridevano, non piangevano. Si trascinavano, schiacciati dal lato nero del mondo, che portavano sulle spalle in silenzio.

O. Visconti, Malalai, Rizzoli, pag. 124

I temi trattati.

Come ho scritto sopra, il tema principale è la particolare condizione delle donne afghane nello specifico, e delle donne islamiche in generale. Tutti sappiamo che gli usi e i costumi di queste comunità sono parecchio distanti dai nostri, e questo aspetto l’autrice riesce ad evidenziarlo chiaramente. Troviamo, infatti, Malalai in una continua lotta interiore, tra quello che il proprio paese le ha inculcato è quello che trova in un paese, l’Italia, completamente diverso per usi, costumi, modi di fare, leggi…

Malalai è sempre combattuta tra ciò che la legge (e fede) islamica le impone, soprattutto la sottomissione agli uomini, e la voglia di libertà, di indipendenza, di poter fare le proprie scelte, di poter studiare; di vivere, insomma, come vuole.

Il romanzo della Visconti però non è solo questo. È un viaggio interiore, un percorso di scoperta di sé e delle proprie origini. Quello che fa, dunque, Malalai non è solo un viaggio fisico, ma anche un viaggio sulla conoscenza del suo essere autentico.

Gli altri personaggi principali.

Oltre Malalai, ci sono all’intero del romanzo, altri personaggi principali (e non) che determinano l’andamento della storia e il futuro stesso della ragazza.

Sicuramente un ruolo fondamentale lo riveste Nur, il padre di Malalai, in quanto è grazie a lui e alla madre Bibi (altra figura di spessore!), morta da diversi anni, che la protagonista riesce a fuggire dall’oppressione del suo paese, per inseguire quegli ideali di libertà ed autonomia che tanto sogna (ma di cui ha timore).

E poi c’è Ernesto Valli, detto il maestro. È un artista particolare, sopra le righe, che arrivato alla fase della vecchiaia, ha tanti rimpianti ed un grosso segreto che riguarda l’esistenza di tante persone.

Struttura e stile.

Malalai di Ortensia Visconti è diviso in tre parti che esaminano tre aspetti importanti della storia. È il passato che si intreccia al presente, in un vortice che, in particolar modo nel passaggio tra la prima e la seconda parte, tende a disorientare il lettore.

La lettura scorre veloce e la storia è raccontata, ad eccezione della terza parte, dal punto di vista di Malalai.

Considerazioni finali.

Malalai è sicuramente un romanzo importante, fa luce in maniera dettagliata sulla situazione delle donne arabe; ho, però, avvertito, una volta finita la lettura, un senso di incompiutezza, come se mi aspettassi di leggere dell’altro, come se la storia di Malalai fosse rimasta in sospeso. Come se l’autrice si fosse soffermata molto su alcuni aspetti e poco su altri.

Malalai di Ortensia Visconti è un romanzo che mi sento comunque di consigliare per conoscere questo aspetto della società umana tanto distante da noi eppure così vicino.

Scheda tecnica e descrizione.

TITOLO: Malalai

AUTORE: Ortensia Visconti

EDITORE: Rizzoli

GENERE: Narrativa italiana

DATA DI PUBBLICAZIONE: Febbraio 2020

PAGINE: 352 (cartaceo)

PREZZO DI COPERTINA: € 19,00

Al largo delle coste italiane, su uno dei barconi che provano ad approdare a vita migliore, c’è Malalai, una ragazza di diciassette anni. È coraggiosa, uno spirito libero. Il suo nome è quello di un’eroina leggendaria e, anche se è nata sotto la guerra civile, nel suo cuore è ancora vivo il ricordo di un Afghanistan diverso, un posto magico in cui il silenzio degli umani lascia spazio all’ombra allungata dei melograni in fiore, al canto degli uccelli nel mercato di Ka Faroshi, alle distese di pistacchi e di asfodeli gialli, alle cime innevate che si intravedono in lontananza. In quel Paese è cresciuta sua madre Bibi: una donna colta, femminista, intraprendente, che girava col volto scoperto e il cranio rasato. Malalai non l’ha mai conosciuta, ma è a lei che pensa ogni volta che ha bisogno di farsi coraggio. Adesso che a Kabul le strade sono piene di cenere e di uomini armati vestiti come corvi, “cattivi come solo in Afghanistan e nelle favole”, di coraggio ne serve tanto. Bisogna fuggire, sottrarsi a un destino segnato. È suo padre a procurarle un nome e un indirizzo: a Roma c’è un vecchio amico, tutti lo chiamano “il maestro”. È l’ultimo legame con il passato, l’ultimo custode della memoria di Bibi. E Malalai deve andare, per sopravvivere.

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Casa Tyneford di Natasha Solomons

Avete presente quando un libro vi entra nel cuore e li vi resta?

Ecco è il caso di “Casa Tyneford” di Natasha Solomons edito Neri Pozza.

Di cosa parla?

Siamo agli inizi degli anni Quaranta e la seconda guerra mondiale è alle porte. Ci troviamo in Austria; stato in cui conosciamo la protagonista della storia: Elise Landau, una ragazza appartenente ad una famiglia ricca borghese, con un’unica colpa, essere ebrea. Questo, infatti, è il motivo che la porterà ad abbandonare la sua terra per trasferirsi in Inghilterra; i genitori le hanno trovato un lavoro come governante nella casa di una famiglia possidente della campagna inglese: Tyneford, appunto. Qui conoscerà i signori Rivers, padre e figlio, che cambieranno per sempre la sua vita.

Le fotografie sono strane; sono sempre al presente e ciascuno vi è catturato in un momento che non si riprenderà più. Le facciamo per i posteri e, allo scatto dell’otturatore, pensiamo a come le future versioni di noi stessi rivedranno questo evento.

N. Solomons, Casa Tyneford, Neri Pozza, pag. 38

Il periodo storico.

Come ho scritto sopra, siamo negli anni Quaranta, anni focosi per la situazione mondiale. Anni in cui si cominciano a delineare le alleanze politiche. Anni in cui delle figure carismatiche (non c’è dubbio!), riescono a soggiogare intere popolazioni; in cui l’essere umano deve possedere soltanto alcune caratteristiche stabilite da un individuo che crede di avere diritto di vita e di morte su altri individui come lui. Questi sono i motivi per cui è importante inquadrare questo particolare periodo storico per comprendere meglio l’evoluzione delle vicende narrate.

Elise Landau

I personaggi.

In Casa Tyneford troviamo una moltitudine di personaggi con altrettanti diversi caratteri ed atteggiamenti.

La protagonista, Elise, è un personaggio che subisce un grande cambiamento, una profonda evoluzione. La ragazzina timida, impacciata, quasi goffa (e viziata!) delle prime pagine, diventa donna matura e forgiata da tutte le esperienze vissute nella vita. Troviamo una persona consapevole di cosa la vita può dare, ma che anche può riprendersi.

Kit Rivers è il padroncino della tenuta, un ragazzo un po’ strafottente, ma molto animato da passione e coraggio. Segnerà una parte fondamentale della vicenda.

Christopher Rivers, padre di Kit, fa parte di quei personaggi un po’ ai margini della storia ma sempre presente come occhio vigile, che contribuirà a determinare la sorte stessa di Elise.

Sono, poi, presenti molti altri personaggi secondari, che a modo loro si presteranno nel rendere armonico tutto il narrato.

Incipit Casa Tyneford

Stile e scrittura.

Casa Tyneford è interamente scritto in prima persona. È la protagonista stessa a raccontare le sue esperienze, i suoi trionfi e i suoi drammi; e lo fa attraverso il ricordo, la memoria di quel che è stato e che l’ha portata ad essere la donna che è.

La lettura scorre veloce e il tutto è amalgamato in una miscela armonica che riesce a far scaturire le stesse emozioni raccontate; scritte nero su bianco nelle varie pagine.

Perché leggerlo?

Io credo che Natasha Solomons abbia una grande capacità comunicativa; in Casa Tyneford riesce ad evocare immagini, sapori ed odori. I personaggi diventano amici, figli, fratelli di noi lettori. Il dramma si sente tanto, così come la gioia è genuina.

Casa Tyneford è un romanzo che riscalda il cuore. Leggetelo e fatemi sapere!

Scheda tecnica e descrizione

TITOLO: Casa Tyneford

AUTORE: Natasha Solomons

Traduzione italiana a cura di Stefano Bortolussi

EDITORE: Neri Pozza

GENERE: Narrativa straniera

ANNO DI PUBBLICAZIONE: 2020

PAGINE: 400 (cartaceo)

PREZZO DI COPERTINA: €18,00

Vienna, 1938. Quando riceve la lettera che la porterà a Tyneford House, sulle coste del Dorset, la diciannovenne Elise Landau non sa nulla dell’Inghilterra. Cresciuta negli agi di una famiglia borghese ebraica – la madre, Anna, è una stella dell’Opera di Vienna; il padre, Julian, un noto scrittore – Elise, in fuga dal nazismo, si trova costretta ad abbandonare l’Austria e ad accettare un visto per lavorare come cameriera alle dipendenze di Mr Rivers.
Una volta giunta a Tyneford House, una magnifica residenza signorile con il prato che digrada verso il mare e una facciata di arenaria su cui campeggia lo stemma dei Rivers, la giovane donna non può fare a meno di sentirsi sola e sperduta. Lontana dalla sua famiglia e dalla scintillante Vienna, soltanto un filo di perle donatole dalla madre e una viola di palissandro, in cui è gelosamente custodito l’ultimo romanzo di suo padre, le ricordano chi è e da dove viene.
In difficoltà con una lingua che non comprende e con cui fatica a esprimersi e a disagio sia con la servitù sia con il padrone, l’affascinante vedovo Christopher Rivers, Elise tenta, giorno dopo giorno, di non abbandonarsi alla nostalgia e alla preoccupazione per i suoi familiari, bloccati in Austria in attesa del visto per fuggire in America. Finché l’arrivo a Tyneford House di Kit, il figlio di Mr Rivers, non le restituisce la speranza di una rinnovata felicità.
La guerra, tuttavia, sta per raggiungere l’Inghilterra, pronta a chiedere il suo tributo di sangue e a spazzare via ogni certezza. Il mondo che Elise ha conosciuto è sull’orlo di un epocale cambiamento e lei dovrà decidere se soccombere alle circostanze o abbracciare un’altra vita e un altro destino.

Casa Tyneford

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Tre vivi, tre morti di Ruska Jorjoliani

Cari lettori e care lettrici per passione, come state? Oggi vi parlo dell’ultima lettura condivisa assieme ai Ragazzi tra le pagine.

Si tratta di “Tre vivi, tre morti” di Ruska Jorjoliani edito Voland Edizioni.

Il romanzo racconta la storia di Aurora e Modesto, una coppia di sposi, ciascuno con una relazione extraconiugale, che conducono un’esistenza segnata dalla monotonia e dalla metodica routine. Questa vita piatta, fatta di tradimenti, ma comunque accettata e condivisa, perché parte anch’essa delle abitudini quotidiane, viene sconvolta dall’arrivo di una lettera anonima ed enigmatica.

La storia è divisa in due dimensioni spazio temporali diverse. Se da un lato, infatti, ci troviamo ad assistere alle vicende di questa famiglia degli anni Cinquanta, dall’altro lato, invece, viviamo gli anni Trenta e Quaranta con la storia di Guerino, un partigiano che ha combattuto al fronte e che, a modo suo, cerca di riprendere in mano la propria vita.

Inizio subito col dire, con dispiacere, che Tre vivi, tre morti è un libro con cui non sono riuscita ad entrare in empatia; motivo per cui, ho trovato parecchia difficoltà nel leggerlo e nel portarlo a termine.

I personaggi, di per sé, non sono riusciti a farmi entrare in sintonia con loro. Sarà la loro indole libertina, sarà il loro modo di essere ai limiti del reale, sta di fatto che ho subito provato una sorta di antipatia nei loro confronti.

Un’altra cosa che mi ha fatto storcere il naso è stata lo sviluppo non lineare e disorientante della storia. Mi dispiace davvero dirlo, ma, a tratti, ho avuto l’impressione di perdermi tra le parole; di non riuscire a capire chi fosse il protagonista e a che punto si trovasse la narrazione.

A causa di quanto ho appena detto, non sono riuscita a comprendere bene quello che l’autrice ha voluto dire, il messaggio che ha voluto trasmettere. Alla fine del libro mi sono ritrovata solo contanti perché.

Per tutti questi motivi, mi trovo costretta a dover bocciare Tre vivi, tre morti. Non escludo, comunque, che per qualcun altro, possa essere una piacevole lettura; io, purtroppo, non posso dirlo.

Scheda tecnica e descrizione.

TITOLO: Tre vivi, tre morti

AUTORE: Ruska Jorjoliani

EDITORE: Voland Edizioni

GENERE: Narrativa italiana

DATA DI PUBBLICAZIONE: Marzo 2020

PAGINE: 196 (cartaceo)

PREZZO DI COPERTINA: € 16,00

Un romanzo familiare dalle venature noir, dove quella nascosta sotto il tappeto è polvere da sparo, dove tenersi stretta un’esistenza banale si rivela meno semplice che premere il grilletto. E dove storie e passati si intrecciano. Firenze, fine anni ’50. Modesto e Aurora sono sposati, fanno gli insegnanti, hanno entrambi l’amante. Si sono conosciuti in un giorno storico, quando Aurora assieme a molte altre italiane ha espresso il suo voto per la prima volta. Ora condividono una quotidianità fatta di cinema del lunedì, battute al vetriolo e perdite d’equilibrio. Finché una lettera non turba la loro placida routine: qualcuno sa di un “fattaccio” che riguarda Modesto, e che lui pensava sepolto nel passato… Fra Russia e Abruzzo, primi anni ’40. Guerino è un giovane soldato, ha un padre vedovo e infiacchito, uno zio spavaldo e fascista. Scampato all’assideramento nella steppa, al rientro in patria si unisce alle milizie repubblichine. Con gli alleati ormai alle porte di Roma, sembra finire per sempre dalla parte sbagliata della Storia…

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La parola magica di Anna Siccardi

Ciao lettori e lettrici per passione, un altro giorno di quarantena è passato. Adesso ansia, stress e tensione iniziano a farsi sentire per bene. Cercherò di distrarvi, parlando della lettura, fatta a marzo con il progetto Ragazzi tra le pagine, dal titolo La parola magica di Anna Siccardi edito NN Editore.

Anna Siccardi, La parola magica, NN Editore

Si tratta di una raccolta di racconti in cui si intrecciano, accavallano, incontrano le vite di sette personaggi diversi fra loro per età, sesso, ceto sociale, stile di vita ma accomunate da un elemento che farà da fil rouge per tutto il testo e cioè la fragilità umana e, nello specifico, la dipendenza. La parola magica, infatti, contiene dodici racconti che si rifanno ai Dodici Passi, ossia una guida che accompagna gli alcol dipendenti nel loro percorso di guarigione.

Scorrendo i Dodici passi sentì odore di comandamenti […]. Ne dedusse che i comandamenti erano preventivi, come un libretto di istruzioni da consultare prima di cominciare a giocare, mentre passi erano retrospettivi, come un manuale di riparazione per il giocattolo rotto. Se i comandamenti erano il navigatore, e Dodici Passi erano il carro attrezzi.

A. Siccardi, La parola magica, NN Editore, pagg. 176-177.

Ogni racconto presente ne La parola magica è lungo mediamente 12/10 pagine. L’autrice, però, in queste poche pagine riesce a trasmettere il messaggio forte e chiaro. Attraverso le storie di Irene, Leo, Chiara e degli altri quattro personaggi principali, la Siccardi, pone l’accento sulla natura dell’uomo, sull’essenza grezza (mi spingo a dire) che lo caratterizza. L’essere umano è, per sua natura o per suo bisogno, almeno una volta nel corso della vita, dipendente da qualcuno o da qualcosa. Quando ci sentiamo in mezzo ad una tempesta, tendiamo ad aggrapparci ad una persona, ad un oggetto o ad un gesto ripetuto che ci da conforto, ed è così che nascono le dipendenze.

L’autrice, però, da anche un messaggio di speranza: l’uomo, nella sua fragilità, trova la forza di reagire. Quella presente ne La parola magica sono, infatti, storie di rinascita, di consapevolezza e coraggio di ricominciare. La Siccardi crea un percorso che, partendo dalla prima storia attraverso una situazione di tensione e disperazione, arriva all’ultima storia in cui c’è un cambiamento, la presa di posizione nel voler rinascere.

Devo essere sincera, io di solito non leggo racconti; preferisco il romanzo. La parola magica, però, mi ha fatto ricredere. Sono rimasta colpita profondamente da questi dodici pezzi di vita, scritti in maniera semplice ed evocativa. La scrittura della Siccardi, infatti, riesce a toccare le corde più intime del lettore, facendolo rispecchiare nelle vicende personali di Irene, Chiara, Leo o Armen.

La parola magica è un libro che fa bene, leggetelo.

Scheda tecnica e descrizione.

TITOLO: La parola magica

AUTORE: Anna Siccardi

EDITORE: NN Editore

DATA DI PUBBLICAZIONE: Febbraio 2020

PAGINE: 192 (cartaceo)

GENERE: Racconti

PREZZO DI COPERTINA: € 16,00

In una Milano attuale e senza tempo sette personaggi attraversano le dodici storie di questo libro, affacciandosi ognuno alla vita dell’altro di corsa o in punta di piedi. Il passato li ha traditi in maniera sbadata e casuale, e ora tentano di riparare il giocattolo rotto che è la loro esistenza. I demoni con cui fanno i conti sono alcol, serie tv, droghe, relazioni sbagliate e illusioni. Dipendenze che sono diventate malattia e cura insieme, bolle in cui il tempo si ferma, li consola e li inganna. Come capita a Leo, che si risveglia dopo una nottata alcolica e scopre di dovere dei soldi a un malavitoso giapponese; ad Anna e Chiara, che non possono fare a meno di prendersi cura di un padre assente finito in carcere; e a Irene, che cerca nell’ultima seduta dalla psicologa la soluzione alla sua incapacità di amare.
Ispirato ai Dodici Passi degli Alcolisti Anonimi, La parola magica intreccia storie di uomini e donne che si inseguono e si perdono come i personaggi di America oggi. Con un tocco ironico e surreale, Anna Siccardi mette le relazioni sotto la lente dei desideri e delle passioni, e mostra come la felicità si nasconda nel saper accettare e perdonare le cose della vita, lasciandole finalmente andare.

Questo libro è per chi vede i suoi ricordi come un puzzle a cui manca una tessera, per chi preferisce i dialoghi immaginari a quelli reali, per chi crede nel potere magico di certe parole, e per chi cerca una guida per affrontare il buio e lanciarsi nel vuoto, come un trapezista sicuro di trovare una mano ad afferrarlo.

La parola magica

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Dove cade la luce di Alison ed Owen Pataki

Che rapporto avete con la storia? Io l’ho sempre amata, fin dai primi anni della scuola elementare. Perché vi faccio questa domanda? Perché nel libro di cui vi parlerò oggi, la storia fa da prima donna. Il romanzo in questione è “Dove cade la luce” di Allison ed Owen Pataki edito BEAT Edizioni.

A. Pataki, O. Pataki, Dove cade la luce, BEAT Edizioni

Dove cade la luce è un romanzo ambientato negli anni successivi alla rivoluzione francese, fino ad arrivare alla salita al trono di Napoleone Bonaparte. Seguiamo l’evoluzione di due storie in parallelo. Da una parte assistiamo alle vicende di Andrè Valiere, nato in una famiglia nobile, che decide di rinunciare ai propri titoli nobiliari per servire la nazione. Dall’altra parte, invece, vediamo muovere Jean-Luc Saint-Claire, giovane avvocato, marito e padre di famiglia, con fervidi ideali di uguaglianza e fraternità, che crede veramente nel potere della rivoluzione. Le vite di questi due personaggi si intrecciano in circostanze tragiche e dolorose. Ma davvero un popolo abituato per decenni alla monarchia riuscirà a governarsi da solo? E ancora, qual è stato il prezzo da pagare?

Inizio col dire che Dove cade la luce è un romanzo storico abbastanza impegnativo. Può risultare pesante per chi non è particolarmente propenso al genere. Più che le vicende narrate, assume una posizione importante la storia francese. La rivoluzione viene descritta attraverso un punto di vista originale, diverso dal solito. Quello che descrive è un periodo particolarmente violento e drammatico. Mostra come gli anni della ragione, in cui Chiesa e Monarchia erano messe al bando, non siano poi stati veramente senza macchia; sono anni, infatti, che celano soprusi, sangue e violenze.

“Lo sapete con me hanno preso a chiamare Robespierre?” Merignac inclinò la testa. “L’incorruttibile. Ma io non ne sono così sicuro. Il mio datore di lavoro crede che nessuna virtù umana, sia a prova di corruzione. Si tratta semplicemente di individuare la debolezza di ciascuno.”

A. Pataki, O. Pataki, Dove cade la luce, BEAT Edizioni, pag. 110

La vicenda narrata è abbastanza carina. Il punto di forza del romanzo è l’intreccio delle vite dei vari personaggi che si incontrano e si separano in un gioco armonico.

Dove cade la luce è un libro che approfondisce in maniera esaustiva quegli anni particolari della storia francese, ma che mi sento di consigliare esclusivamente agli amanti del genere.

Voto: 3/5

Scheda tecnica e descrizione.

TITOLO: Dove cade la luce.

Titolo originale: Where the light falls

AUTORE: Allison ed Owen Pataki

Traduzione italiana a cura di Chiara Ujka

EDITORE: Beat edizioni

DATA DI PUBBLICAZIONE: 2019

GENERE: Romanzo storico

PAGINE: 395 (cartaceo)

PREZZO DI COPERTINA: € 19,00

Tre anni dopo la caduta della Bastiglia, le strade di Parigi sono ancora in fermento per la Rivoluzione. I cittadini di Francia sono animati dagli ideali di libertà, uguaglianza e fraternità. La monarchia di Luigi XVI e Maria Antonietta è stata smantellata – con l’aiuto della ghigliottina – e al suo posto sta sorgendo una nuova nazione. Jean-Luc, un giovane avvocato idealista, si trasferisce con la moglie e il figlio da Marsiglia a Parigi, nella speranza di unirsi alla causa. André, figlio di un nobile denunciato, è sfuggito all’esecuzione unendosi al nuovo esercito francese. Sophie, una giovane vedova aristocratica, intraprende la sua lotta per l’indipendenza contro il suo potente e vendicativo zio. Mentre il caos minaccia di annullare i progressi della Rivoluzione e la richiesta di giustizia genera instabilità e paranoie, le vite di questi personaggi si incrociano. Jean-Luc, André e Sophie si troveranno a dover unire le forze in un mondo in cui la sopravvivenza sembra molto difficile, la loro e quella della Nazione stessa.

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I fiori nascosti nei libri di Silvia Montemurro

Ciao a tutti lettori e lettrici per passione, nonostante oggi sia una giornata un po’ particolare per tutti noi, voglio provare a distrarvi e distrarmi, parlando de “I fiori nascosti dei libri“ di Silvia Montemurlo edito Rizzoli; un libro che ho finito di leggere settimane fa e che finalmente riesco a recensire.

I fiori nascosti nei libri è la storia di due donne vissute in epoca molto diverse. Da una parte c’è Chiara, un aspirante stilista fiorentina, finita per caso in una tenuta Svizzera, villa Garbald. Chiara, in questo posto, si troverà di fronte a strani avvenimenti e racconti. Dall’altra parte, invece, troviamo Irena, una donna polacca vissuta negli anni della seconda guerra mondiale; periodo in cui, come tutti sappiamo, c’era una feroce “caccia agli ebrei”. Cosa avranno in comune due donne così diverse e lontane nel tempo e nello spazio?

I fiori nascosti nei libri è un romanzo estremamente delicato, ma al tempo stesso profondo a denso di significato. L’intera storia raccontata si basa sul potere evocativo dei fiori che ne rappresenta il filo conduttore. Ogni capitolo, infatti, è intitolato con un nome di un fiore particolare e il significato che questo ha. Le varie fasi della vita delle due protagoniste sono accompagnate proprio dai fiori, quindi in un certo senso, questi, sono la conferma di ciò che è e ciò che è stato.

In quanti, come me avete conservato un fiore all’interno di un libro per farlo seccare?

[…] non c’è fiore che possa appassire, se nascosto in un luogo sicuro. Bisogna proteggerlo come un amore appena nato.

S. Montemurro, I fiori nascosti nei libri, pag. 58

A mio avviso, quello che l’intero romanzo vuole trasmettere, oltre a ricordare un periodo molto triste e sofferto della nostra storia, è il significato dell’amore, visto nella forma forse più pura; un amore che va oltre il sentimento reciproco e ricambiato, un amore verso l’altro che comporta rinuncia e privazione dello stesso, con la consapevolezza che nessuno potrà mai più prendere quel posto preciso.

La scrittura della Montemurro è semplice ma diretta, ha una forte potenza evocativa; riesce ad attirare lettore come una calamita tenendolo incollato alla storia fino all’ultima pagina.

I fiori nascosti nei libri di Silvia Montemurro è un romanzo che fa bene al cuore ed in un momento in cui non ci possono essere carezze fisiche, facciamoci coccolare almeno dalle le sue parole.

Voto: 4,5/5

Scheda tecnica e descrizione.

TITOLO: I fiori nascosti nei libri

AUTORE: Silvia Montemurro

EDITORE: Rizzoli

DATA DI PUBBLICAZIONE: Gennaio 2020

GENERE: Narrativa italiana

PAGINE: 304 (cartaceo)

PREZZO DI COPERTINA: € 18,50

Chiara è una giovane e promettente stilista che vive a Firenze. Quando il direttore di un hotel di lusso di Sankt Moritz la invita a organizzare una sfilata per i suoi ospiti, si sente baciata dalla fortuna. Così si mette in viaggio, ma per una bufera di neve arrivare a destinazione diventa impossibile. Alla dogana le consigliano di fermarsi a Villa Garbald, dove Chiara arriva e incontra prima il vecchio custode, Arold, e poi il figlio, Thomas. Entrambi sembrano turbati dalla sua presenza, forse per via della straordinaria somiglianza tra Chiara e la donna di un ritratto appeso in uno dei corridoi, che misteriosamente nottetempo svanisce. Il dipinto ritrae Irena, una ragazza polacca che, per sfuggire alla Seconda guerra mondiale, si è finta cittadina svizzera ed è stata accolta da un’amica della madre a Villa Garbald: lì, insieme ad altre giovani di buona famiglia, impara l’arte della tessitura e conosce Toni, un contrabbandiere. E il loro sarà un incontro che le cambierà per sempre la vita. Silvia Montemurro ci racconta di due donne lontane nel tempo e nello spazio ma legate da un unico destino e compone, tassello dopo tassello, una narrazione appassionante, che ci fa assaporare appieno il potere dei sentimenti, la magia dell’amore, la potenza delle storie.

https://rizzoli.rizzolilibri.it/libri/i-fiori-nascosti-nei-libri/

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Uomini di poca fede di Nickolas Butler

Ciao a tutti, il romanzo che vi presento oggi, parla di fede, religione e fanatismo, ma anche amore incondizionato e razionalità.

Il libro in questione è “Uomini di poca” fede di Nickolas Butler edito Marsilio.

I protagonisti di questa storia appartengono a due generazioni diverse: da una parte abbiamo Lyle e Peg, una coppia di anziani, che seguono la religione più per abitudine che per convinzione e dall’altra parte Shiloh, figlia adottiva di Lyle e Peg, una ragazza da sempre ribelle e attiva partecipante di un gruppo “fanatico” religioso e fermamente convinta del loro credo. Al centro di tutta la storia c’è un bambino, Isaak, figlio di Shiloh, ritenuto da quest’ultima portatore di poteri sovrannaturali e miracolosi. Peg e Lyle, in quanto nonni, sono preoccupati, ma al tempo stesso accondiscendenti, per il forte amore che li lega alla figlia e al nipote. Tutto si capovolgerà, però, quando succederà qualcosa di critico e irreparabile.

N. Butler, Uomini di poca fede, Marsilio

La storia in sé e per sé è molto lineare. Nessuna svolta, nessun evento inaspettato, ma comunque ben strutturata; fatta eccezione per qualche pezzo, in cui cade troppo nel romanzato, a mio avviso, tendenzialmente l’ho trovata ben scritta ed interiorizzabile.

Uomini di poca fede è sicuramente un libro che porta alla riflessione: il messaggio che fa da sfondo a tutta la vicenda arriva forte e chiaro. Un messaggio che, però, indubbiamente viene rapportato all’esperienza di ciascuno, e perciò assimilato. Il lettore si pone quesiti, mette anche in discussione il proprio rapporto con la fede e la religione: lo fa proprio, lo cala sul proprio vissuto, ed in base a ciò che emerge, da un giudizio di valore su ciò che il romanzo gli ha dato.

Il mondo è pieno di una serie forse infinita di misteri e una quantità ancora più infinita di ipotesi, imbrogli, bugie, ciance e qui e là, seminascosta, una minuscola, intoccabile manciata di risposte.

N. Butler, Uomini di poca fede, pag. 48

Il linguaggio è molto semplice e quotidiano; avvicina sicuramente alla personalità dei protagonisti, li fa sentire più veri, più vissuti. Il tutto è avvolto in un alone utopico, quasi surreale.

Quello che, invece, mi ha lasciato un po’ perplessa è il finale; con questo non voglio dire che non è ben strutturato, ma che io non sono riuscita a comprenderlo appieno. Non ho capito cosa l’autore ha voluto dire e lasciare al lettore con l’epilogo del romanzo, e questo, ahimè, mi ha lasciata con l’amaro in bocca (tra l’altro non amo particolarmente i finali aperti, preferisco conoscere “come vanno a finire“ le varie situazioni narrate).

Concludo dicendo che “Uomini di poca fede“ è un romanzo importante per la riflessione che, indubbiamente, spinge il lettore a fare. Il tema affrontato non è tra i più semplici e Butler è riuscito ad affrontarlo abbastanza bene. Consigliato.

Voto: 3,5

Scheda tecnica e descrizione.

TITOLO: Uomini di poca fede

Titolo originale: Little Faith

AUTORE: Nickolas Butler

Traduzione italiana a cura di Fabio Cremonesi

EDITORE: Marsilio Editori

DATA DI PUBBLICAZIONE: Gennaio 2020

GENERE: Narrativa straniera

PAGINE: 272 (cartaceo)

PREZZO DI COPERTINA: € 17,00

http://www.marsilioeditori.it/lista-autori/scheda-libro/2970347-uomini-di-poca-fede/uomini-di-poca-fede

Ps. Per sapere cosa ne pensano gli altri ragazzi tra le pagine, seguite:

https://instagram.com/a_tuttovolume_libri_con_gabrio?igshid=qft87305pjra


https://instagram.com/labibliotecadelcorsini?igshid=v2kjf1nr33l1


https://instagram.com/libridimarmo?igshid=1dr9a9sfredig


https://instagram.com/luca_massignani?igshid=pddhwshvfkr1


https://instagram.com/matteo_zanini?igshid=1ui9tlja1au1z


https://instagram.com/readeat_libridamangiare?igshid=ru5uu5xpyp73


https://instagram.com/viaggiletterari?igshid=1eepbx9nex48

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Il museo delle promesse infrante di Elizabeth Buchan

Ciao a tutti, il romanzo di cui vi parlerò oggi è “Il museo delle promesse infrante” di Elizabeth Buchan edito Casa Editrice Nord.

Il libro racconta la storia di Laure, proprietaria di un particolare museo parigino delle promesse infrante, appunto. Qual è la peculiarità di questo museo? All’interno possiamo trovare conservati tutti quelli oggetti che le persone considerano l’emblema di una loro speranza infranta, di una promessa disillusa, insomma di tutte quelle aspettative che la realtà non ha visto realizzare. La stessa Laure ha degli oggetti all’interno, simboli di qualcosa che, in un modo nell’altro, l’hanno cambiata per sempre.

La vicenda si snoda in due dimensioni spaziotemporali differenti: da una parte la Parigi dei giorni nostri con il suo museo delle promesse infrante, dall’altra parte, la Praga comunista, quella degli anni Ottanta.

Al contrario di come si pensa, infatti, il romanzo è incentrato quasi completamente sulla parte storica praghese; se dovessi azzardare direi che questo libro è una critica al regime comunista; primo elemento che mi ha messo in continuazione.

Ci si aspetterebbe, infatti, come suggerisce il titolo, che il lettore si debba trovare immerso nella vita di questo museo originale, ascoltando le storie dei vari clienti e riflettendo su di esse; invece, togliendo l’alternanza della prima parte, il romanzo si concentra sul periodo buio della Praga degli anni Ottanta, dov’era il comunismo a decidere le azioni, i pensieri e gli atteggiamenti delle persone.

Devo, però, ammettere che tutta la parte storica è sviluppata con partecipazione, profondità ed anche meticolosità. Si percepisce chiaramente che l’autrice sente molto questo particolare il capitolo della storia umana. L’unico problema è che presenta il libro focalizzando l’attenzione su un aspetto, secondo me, poco approfondito.

Un discorso a sé va fatto per la scrittura di ritmo. Io trovo che la Buchan abbia uno stile molto delicato ed armonico che però, secondo la mia personale impressione, manca di quel pathos che rende la narrazione accattivante e coinvolgente. Questo ha reso il ritmo della storia un po’ lento da un lato ma ha dato più spazio, così facendo, alla drammaticità degli eventi e al dolore sordo della protagonista, dall’altro lato.

Concludendo posso dire che è un libro che mi sento di consigliare, ma con riserva; adatto a tutti coloro che vogliono trovare un contenuto che prescinda dall’apparente presentazione del romanzo. Inoltre, se siete amanti dei romanzi con una forte connotazione storica, questo può fare per voi.

Voto: 3-/5

Scheda tecnica e descrizione.

TITOLO: Il museo delle promesse infrante

Titolo originale: The museum of Broken Promises

AUTORE: Elizabeth Buchan

Traduzione italiana a cura di Valentina Zaffagnini

EDITORE: Casa Editrice Nord

GENERE: Narrativa straniera

DATA DI PUBBLICAZIONE: Gennaio 2020

PAGINE: 396 (cartaceo)

PREZZO DI COPERTINA: € 18,60

Esiste un museo, a Parigi, dove non sono custoditi né quadri né statue. In questo museo si conservano emozioni: ogni oggetto – un vecchio telefono, una scarpetta bianca, un biglietto del treno – è infatti il segno concreto di un amore perduto, di una fiducia svanita, di una perdita. Cimeli donati da chi vorrebbe liberarsi dei rimorsi e andare avanti. Come la curatrice, Laure, che ha creato il Museo delle Promesse Infrante per conservare il suo ricordo più doloroso: quello della notte in cui ha dovuto dire addio al suo vero amore.
 
Quando Laure lascia la Francia e arriva a Praga, nell’estate del 1986, ha l’impressione di essere stata catapultata in un mondo in cui i colori sono meno vivaci, le voci meno squillanti, le risate meno sincere. Poi capisce: lì, la gente è stata costretta a dimenticare cosa sia la libertà. Eppure qualcuno non si rassegna. Come l’affascinante Tomas, incontrato per caso a uno spettacolo di marionette. Per lui, Laure è pronta a mentire, lottare, tradire. Ma ancora non sa di cosa è capace il regime, né fin dove lei dovrà spingersi per salvarsi la vita.
 
Laure si è pentita amaramente della scelta che ha dovuto compiere tanti anni prima ed è convinta che non avrà mai l’occasione per sistemare le cose. Eppure ben presto scoprirà che il Museo delle Promesse Infrante è un luogo in cui le storie prendono nuovo slancio, spiccano il volo verso mete inaspettate. E magari ricuciono i fili strappati dal destino. Come quelli che la legano a un uomo che aspetta solo un cenno per mantenere la sua promessa…

https://www.editricenord.it/libro/elizabeth-buchan-il-museo-delle-promesse-infrante-9788842932529.html

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Anja. La segretaria di Dostoevskij di Giuseppe Manfridi

Buongiorno lettori e lettrici per passione, oggi vi parlo di un libro che ho amato alla follia e di cui su Instagram, per tutto il tempo di lettura, non ho fatto altro che ribadirlo.

Il romanzo in questione è “Anja. La segretaria di Dostoevskij” di Giuseppe Manfridi edito La Lepre Edizioni. Racconta la storia di una ragazzina di nome Anja, che studia presso una scuola per stenografe, a cui viene affidato il compito di aiutare il grande Maestro Fëdor Michajlovič Dostoevskij a stenografare, appunto, l’ultima sua opera che avrebbe dovuto consegnare da lì a trenta giorni. Inizia così in maniera turbolenta, prima, e sempre più complice, dopo, un rapporto fatto principalmente di stima e di fiducia che sfocerà in amore reciproco, tanto da portare i due protagonisti ad unirsi in matrimonio.

Stavolta voglio parlare di questo romanzo iniziando dalla fine e, cioè, dal voto. A mio personalissimo parere, Anja. La segretaria di Dostoevskij, merita cinque stelle piene. Vi spiego perché.

Salta subito all’occhio la scrittura. L’autore riesce a conferire al romanzo una certa musicalità che avvolge tutto in un’atmosfera quasi fuori dal tempo. Avvolge il lettore in una coccola che accompagna per tutto il romanzo (e considerando che sono ben 600 pagine, tanto di cappello!).

Anja è un personaggio realmente esistito ed è anche stata effettivamente la moglie di Dostoevskij. Manfridi partendo da questo avvenimento storico, ha mosso i fili della sua storia; ha creato cioè la versione romanzata del loro rapporto è della loro relazione: quello che succedeva all’interno dello studio dello scrittore, gli scambi di opinioni più o meno accesi tra i due protagonisti, la famosa cerimonia tradizionale del “chiedere la mano”…

Curious fact: Nella realtà Anja aveva, oltre alla sorella Marija, un altro fratello morto prematuramente ed in maniera tragica di cui l’autore non ne ha voluto fare cenno all’interno del romanzo per far risaltare maggiormente il personaggio della ragazzina.

Per spiegare un altro aspetto che ho particolarmente apprezzato devo fare una piccola premessa. Il narratore nel romanzo è onnisciente, quindi sa a priori tutto quello che nella storia succede e non ne fa mistero. Ho trovato quindi, molto gradevole il modo in cui Manfridi fa uscire di scena i personaggi (complice credo l’ottima preparazione teatrale!). Riesce a far capire (delle volte dicendolo anche esplicitamente), quando un personaggio non sarebbe più comparso e avrebbe continuato a condurre la sua vita in maniera parallela a quella della nostra Anja.

Anja. La segretaria di Dostoevskij è un libro che mi sento di consigliare a tutti indistintamente. È uno scrigno che contiene emozioni che comprendono l’autenticità delle vite veramente vissute, la meraviglia di un amore, non molto convenzionale, fatto di fiducia, rispetto ed ammirazione ed il coraggio di prendere delle posizioni e fare delle scelte che mettano tutto in gioco.

Scheda tecnica e descrizione.

TITOLO: Anja. La segretaria di Dostoevskij

AUTORE: Giuseppe Manfridi

EDITORE: La Lepre Edizioni

DATA DI PUBBLICAZIONE: Settembre 2019

GENERE: Narrativa italiana

PAGINE: 604 (cartaceo)

PREZZO DI COPERTINA: € 25,00

Pietroburgo 1866. Lo scrittore, quasi cinquantenne, Fedor Michajlovich Dostoevskij è afflitto dall’epilessia e reduce dall’aver firmato un contratto capestro col suo mefistofelico editore: si è impegnato  a consegnare un nuovo romanzo nell’arco di un mese. In caso contrario perderà i diritti su tutte le sue opere passate e future. Consigliato dagli amici, si rivolge a una scuola di stenografia che gli mette a disposizione la migliore delle sue allieve: Anja Grigor’evna, una graziosa adolescente curiosa del mondo, che ha ereditato dal padre la passione per la letteratura. Fra i due, in ventisei giorni, nascerà un amore estremo a dispetto dello scandaloso divario di età. Anja rimarrà la fedele custode dell’opera di Dostoevskij fino alla propria morte, avvenuta trentasette anni dopo quella del marito.

Vera Macchina del Tempo, questo romanzo sonda il mistero del legame profondo che si stabiliì tra Dostoevskij e Anja nel breve tempo della stesura del “Giocatore”, restituendoci, con una scrittura straordinariamente evocativa, atmosfere, clima, e persino odori e rumori della Pietroburgo del XIX secolo.

http://www.lalepreedizioni.com/catalogo_visualizza.php?Id=134

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La terza inquilina di C. L. Pattison

Salve lettori e lettrici per passione! Oggi sono qui a parlarvi del primo libro letto per il progetto “Ragazzi tra le pagine“: La terza inquilina di C. L. Pattison edito Fabbri Editori.

Come penso che già sappiate, Ragazzi tra le pagine è un progetto che porto avanti con altri sette bookblogger ed ha lo scopo di diffondere la passione per la lettura. Ogni mese affronteremo insieme a voi un libro diverso esaminandolo a 360 gradi.

In particolare, questo mese abbiamo letto La terza inquilina, una novità della casa editrice Fabbri, nonché il romanzo di esordio di C. L. Pattison.

La terza inquilina è un thriller psicologico che racconta la storia di due migliori amiche, Megan e Chloe, che decidono di cercare una casa in affitto in cui andare a vivere insieme. Dopo vari tentativi, finalmente, trovano la casa dei loro sogni: spaziosa, confortevole e ben posizionata. C’è, però, un unico problema, costa troppo! Motivo per cui decidono di cercare una terza ragazza con cui dividere l’affitto. Entra così in scena Samantha, per gli amici Sammi, una ragazza riservata e misteriosa che sconvolgerà la vita di tutti i protagonisti.

“Non sapevi nulla di lei.

Ma l’hai fatta entrare.”

Il romanzo di C. L. Pattison è un thriller psicologico ambientato a Londra. È un libro che risente molto della struttura del tipico thriller inglese! La struttura e la dinamica è pressoché simile ad altri romanzi del genere. Questo comunque non significa che sia scontato e banale ma soltanto che si sente marcata l’appartenenza inglese.

La terza inquilina è però un romanzo che mi lascia perplessa. Cercherò di spiegarvi in maniera chiara il perché.

Innanzitutto c’è da dire che come ogni buon thriller che si rispetti, non manca il colpo di scena e il finale inaspettato. Soprattutto nelle ultime pagine tutto prende una diversa piega che fino a qualche pagina prima era del tutto impensabile.

Ho trovato il ritmo, invece, un po’ lento nella prima parte (si sofferma tanto su un arco di tempo relativamente breve), per poi prendere una rapita impennata negli ultimi capitoli. Ho avuto infatti la sensazione che, proprio quando la vicenda inizia a farsi interessante ed il ritmo accelera, la narrazione “perda dei pezzi”; cioè come se non prestasse attenzione ai vari dettagli e si limitasse a descrivere sommariamente la nuova situazione che si è delineata.

La terza inquilina è un romanzo che semina indizi qua e là durante lo svolgimento della storia. Ho però avuto la sensazione che, nonostante siano stati ben messi, cosa che ho molto apprezzato, poi non siano stati spiegati chiaramente quando ormai tutte le carte erano state scoperte. Mi sento di definirlo un thriller molto soft, nel senso che i toni non si caricano di elevato pathos.

In conclusione, La terza inquilina, è una lettura senz’altro piacevole ed adatta ad un pubblico di adolescenti ma anche a coloro che col genere non hanno molta confidenza!

Vi invito inoltre a leggere le recensioni degli altri miei compagni di avventura e farvi un’idea sempre più completa del romanzo!

https://instagram.com/a_tuttovolume_libri_con_gabrio?igshid=qft87305pjra

https://instagram.com/labibliotecadelcorsini?igshid=v2kjf1nr33l1

https://instagram.com/libridimarmo?igshid=1dr9a9sfredig

https://instagram.com/luca_massignani?igshid=pddhwshvfkr1

https://instagram.com/matteo_zanini?igshid=1ui9tlja1au1z

https://instagram.com/readeat_libridamangiare?igshid=ru5uu5xpyp73

https://instagram.com/viaggiletterari?igshid=1eepbx9nex48s

Scheda tecnica e descrizione.

TITOLO: La terza inquilina

Titolo originale: The Housemate

AUTORE: C. L. Pattison

Traduzione italiana a cura di Elena Cantoni

EDITORE: Fabbri Editori

GENERE: Thriller psicologico

DATA DI PUBBLICAZIONE: Novembre 2019

PAGINE: 288 (cartaceo)

PREZZO DI COPERTINA: € 19,50

All’apparenza disponibile e cordiale, Sammi inizia a manifestare inaspettati scatti d’ira e qualche segreto di troppo, chiuso gelosamente in una scatola di ritagli di giornali e vecchie fotografie…

Megan e la sua migliore amica Chloe hanno traslocato nella loro casa dei sogni, ma sono costrette a prendere una terza inquilina per riuscire a pagare l’affitto. Quando incontrano Samantha, gentile, affascinante, premurosa, si convincono che sia la persona perfetta per condividere l’appartamento e che tra loro potrebbe nascere una vera amicizia. Ma c’è qualcosa in lei che stona, e Megan è la prima ad accorgersene: all’apparenza disponibile e cordiale, Sammi inizia a manifestare inaspettati scatti d’ira e qualche segreto di troppo, chiuso gelosamente in una scatola di ritagli di giornali e vecchie fotografie. Chloe però è troppo presa dai suoi problemi di lavoro per rendersi conto che qualcosa non va: assorbita dall’allestimento di un importante spettacolo teatrale, ricomincia a essere tormentata dagli stessi problemi di ansia da cui Megan l’aveva salvata anni prima. E Megan, da parte sua, viene travolta da una passionale storia d’amore che non le lascia tempo ed energie per occuparsi dell’amica in difficoltà. È in questo spiraglio che lentamente si apre tra le due, fatto di incomprensioni e di attenzioni mancate, che Sammi inizia a insinuarsi, con un’abilità melliflua e inquietante. In fondo, né Chloe né Megan la conoscono davvero, ma ormai le hanno aperto la porta di casa, e l’hanno lasciata entrare. Non sanno cosa sta nascondendo. Non sanno cosa vuole davvero. Ma una cosa è certa: Sammi è lì per restare.

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La casa delle voci di Donato Carrisi

[…] ma l’ipnotista riteneva che gli eventi che ci capitano – anche i peggiori – contribuiscano a renderci ciò che siamo. Sono parte di noi, anche se facciamo di tutto per dimenticarli.

Questo estratto fa parte dell’ultimo thriller di Donato Carrisi, La casa delle voci, edito Longanesi.

Prima di parlarvi di questo libro, voglio farvi una premessa: prima d’ora non avevo mai letto nulla di Carrisi!

Perché ve lo dico?

Innanzitutto per chiedere la vostra clemenza (già ho fatto mea culpa!!), e poi perché ritengo corretto essere onesta con voi, in quanto la recensione sarà frutto di quello che mi ha dato questo singolo romanzo e non un confronto con gli altri libri dell’autore.

Detto questo, entriamo nel vivo della discussione!

La casa delle voci racconta la storia di Pietro Gerber, un affermato psicologo infantile di Firenze, specializzato in ipnosi e soprannominato anche l’addormentatore di bambini, che si ritrova improvvisamente tra le mani un caso di una paziente, Hanna Hall, che durante una seduta da un’altra specialista, ha tirato fuori, dai meandri della memoria, il ricordo di un omicidio; il caso gli viene posto dalla stesa psicologica australiana che ritiene lui come l’unica persona in grado di aiutare questa donna sfortunata.

Pietro, nonostante la titubanza iniziale, deciderà di accettare e si troverà invischiato in una vicenda in cui sarà coinvolto in toto e dove nulla, ma proprio NULLA, è come sembra.

Regola numero due: gli estranei sono il pericolo.

Regola numero uno: fidati solo di mamma e papà.

La prima caratteristica che salta all’occhio leggendo questo romanzo è sicuramente l’effetto magnete che trasmette la narrazione; il ritmo, il linguaggio usato, il modo di descrivere luoghi e personaggi, conferiscono all’intera storia una potente forza attrattiva. Una volta che si inizia a leggere la prima pagina, non ci si potrà più fermare!

I personaggi sono molto introspettivi. La loro personalità e, di conseguenza, le loro azioni, sono molto influenzate dal processo interiore che li accompagna per tutta la narrazione.

L’enigma ed il mistero sono preponderanti. Leggendo La casa delle voci si ha la sensazione che ci sia sempre qualcosa di non detto, di non accaduto. Questo mi spingeva a continuare la lettura capitolo dopo capitolo; ma non solo, mi faceva scervellare in una maniera tale da entrarmi, il racconto, come un tarlo nel cervello, un pensiero fisso che mi faceva chiedere costantemente: ma come è possibile?

Il ritmo della narrazione è accelerato sicuramente dalla presenza di capitoli brevi e frasi ad effetto alla fine di quasi ogni capitolo. Inoltre, Carrisi, riesce a far tenere il filo logico della vicenda attraverso varie ripetizioni di elementi importanti riportati nei capitoli successivi all’evento scatenante.

Nel complesso posso dire che mi è piaciuto tanto tanto e Carrisi non mi ha deluso. Credo proprio che recupererò qualcos’altro di suo. Intanto vi consiglio di leggere questo thriller scervellante ed adrenalinico. Promosso a pieni voti!

Scheda tecnica e descrizione.

TITOLO: La casa delle voci

AUTORE: Donato Carrisi

EDITORE: Longanesi

DATA DI PUBBLICAZIONE: Dicembre 2019

GENERE: Thriller

PAGINE: 400 (cartaceo)

PREZZO DI COPERTINA: 22,00 €

Gli estranei sono il pericolo. Fidati soltanto di mamma e papà.
Pietro Gerber non è uno psicologo come gli altri. La sua specializzazione è l’ipnosi e i suoi pazienti hanno una cosa in comune: sono bambini. Spesso protagonisti di eventi drammatici o in possesso di informazioni importanti sepolte nella loro fragile memoria, di cui la polizia si serve per le indagini.
Pietro è il migliore di tutta Firenze, dove è conosciuto come l’addormentatore di bambini.
Ma quando riceve una telefonata dall’altro capo del mondo da parte di una collega australiana che gli raccomanda una paziente, Pietro reagisce con perplessità e diffidenza. Perché Hanna Hall è un’adulta.
Hanna è tormentata da un ricordo vivido, ma che potrebbe non essere reale: un omicidio. E per capire se quel frammento di memoria corrisponde alla verità o è un’illusione, ha un disperato bisogno di Pietro Gerber.
Hanna è un’adulta oggi, ma quel ricordo risale alla sua infanzia. E Pietro dovrà aiutarla a far riemergere la bambina che è ancora dentro di lei. Una bambina dai molti nomi, tenuta sempre lontana dagli estranei e che, con la sua famiglia, viveva felice in un luogo incantato: la «casa delle voci».
Quella bambina, a dieci anni, ha assistito a un omicidio.
O forse non ha semplicemente visto.
Forse l’assassina è proprio lei.

https://www.illibraio.it/libri/donato-carrisi-la-casa-delle-voci-9788830448292

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Fuori dal mondo di Ragnar Jónasson

Ciao amici lettori e lettrici per passione, oggi vi parlo di un romanzo giallo pieno di suspense ed intrecci: “Fuori dal mondo” di Ragnar Jónasson edito Marsilio Editori.

Un detective di una piccola cittadina islandese, Ari Pór, si trova a dover indagare su un caso di molti anni prima (una cinquantina) riguardante la morte di una giovane donna. Tutto farebbe pensare ad un omicidio, ma qualcosa non convince il poliziotto che cercherà di scoprire la verità scovando foto e ricordi risalenti a quel periodo.

Jónasson racconta la storia attraverso i vari personaggi. Esamina, cioè, in ogni capitolo, la vicenda analizzando il vissuto di ogni personaggio, le azioni e reazioni che lo hanno portato a vivere quei determinati eventi.

Fuori dal mondo riesce a mettere al lettore una curiosità sempre crescente; spesso ci si trova spaesati, credendo di aver capito quale sia il filo conduttore di tutto ed invece, basta un singolo atteggiamento, una singola risposta, per rimettere tutto in discussione.

Il romanzo di Jónasson è un giallo poliziesco degno di essere riprodotto in film. La scrittura dell’autore, infatti, riesce a riprodurre le scene, i diversi paesaggi, creando quasi l’illusione di stare vedendo un album di fotografie.

Consiglio Fuori dal mondo a tutti coloro che sono amanti dei cold case, in cui passato non è poi così passato!

Scheda tecnica e descrizione.

TITOLO: Fuori dal mondo

Titolo originale: Rof

AUTORE: Ragnar Jónasson

Traduzione italiana a cura di Silvia Cosimini

EDITORE: Marsilio Editori

DATA DI PUBBLICAZIONE: Ottobre 2019

GENERE: Romanzo giallo

PAGINE: 256 (cartaceo)

PREZZO DI COPERTINA: € 17,00

VOTO: 3,5/5

Il ritrovamento di una vecchia foto riapre un caso di morte sospetta che risale a quando, nel 1955, due giovani coppie decisero di trasferirsi in un fiordo isolato e apparentemente deserto, nell’estremo Nord dell’Islanda. Una delle due donne morì poco dopo in circostanze misteriose e l’avventura finì per tutti. Negli anni, nessuno è mai riuscito a spiegare cosa fosse realmente successo. Davvero quell’aspro paradiso naturale pieno di promesse era disabitato come tutti credevano? E davvero si può morire per la solitudine e la paura del buio?
Alla stazione di polizia di Siglufjörður, mentre il villaggio è colpito da un violento contagio che ha costretto alla quarantena tutti gli abitanti, Ari Þór, necessariamente in servizio, si appassiona a quella storia che per lunghi anni è stata sulla bocca di tutti, e che per qualcuno sembra rappresentare ancora una minaccia.
Immerso nel silenzio opprimente di una comunità barricata in casa, e incalzato a percorrere luoghi sperduti, inospitali e allo stesso tempo di incredibile bellezza, dominati da un’oscurità senza fine o dalla luce più abbagliante, il giovane poliziotto cerca di ricostruire una vicenda che, a quanto pare, non è affatto conclusa.

http://www.marsilioeditori.it/libri/scheda-libro/2970083/fuori-dal-mondo

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Un altro tamburo di William Melvin Kelley

Un altro tamburo di William Melvin Kelley edito Enne Enne Editore, affronta una tematica delicata e, per molti versi, ancora attuale: il razzismo, e nello specifico, la lotta delle popolazioni afroamericane per aver riconosciuti i propri diritti al pari di ogni altro essere umano.

Un altro tamburo è ambientato nella seconda metà degli anni 50 in una cittadina immaginaria dell’America. Il protagonista è Tucker Caliban, un nero da sempre al servizio di una famiglia di “bianchi” benestanti, i Wilson. Tucker ad un certo punto decide di comprare tre ettari di terra, proprietà del padrone, per trasferircisi con la famiglia. Tempo dopo, questo terreno sarà distrutto dallo stesso Tucker, che successivamente partirà per altre città più tolleranti. Questo gesto cambierà le sorti dell’intera cittadina. Tutti gli abitanti neri, infatti, seguiranno le orme di Tucker e lasceranno i bianchi a fare i conti con una vita che non sanno vivere.

Questo romanzo parte da un evento specifico (che è l’esodo dei neri) e da questo descrive l’origine di questa situazione paradossale ed originale. L’autore collega eventi, anche molto distanti tra loro, e li fa confluire tutti in un unico filo conduttore. Un altro tamburo descrive le vicende attraverso differenti punti di vista. Ogni capitolo, infatti, esamina diversi personaggio, con diverse emozioni, con un diverso bagaglio culturale ed appartenente ad un diverso ceto sociale; tutti elementi, questi, che inevitabilmente cambiano la visione di tutta la storia. Ogni personaggio, cioè descrive, secondo il proprio metodo di giudizio, la vicenda in maniera differente.

Un discorso a parte va fatto per il finale. La conclusione del romanzo è sicuramente inaspettata. L’ultima parte prende una svolta che fa quasi trasalire (leggendo ho pensato: aspetta, ho capito bene?), succede l’impensabile. È un finale che fa male, si verifica qualcosa che non avrei mai immaginato, che lascia l’amaro in bocca ed un senso di ingiustizia. È un finale, devo ammettere, che mi ha un po’ fatto storcere il naso; voltando l’ultima pagina ho avuto la sensazione che fosse rimasto qualcosa di incompiuto, che non ha nulla a che vedere con un finale aperto, ma è come se ancora si dovessero scoprire tutte le carte in tavola.

Ciononostante, è un libro che mi ha emozionato e fatto riflettere molto. Mi sento sicuramente di consigliarlo a tutti coloro che vogliono immergersi in una storia forte ed affrontare la tematica delicata del pregiudizio e del razzismo.

VOTO: 4-/5

Scheda tecnica e descrizione.

TITOLO: Un altro tamburo

Titolo originale: A different Drummer

AUTORE: William Melvin Kelley

Traduzione italiana a cura di Martina Testa

EDITORE: Enne Enne Editore

DATA DI PUBBLICAZIONE: Ottobre 2019

GENERE: Narrativa straniera

PAGINE: 256 (cartaceo)

PREZZO DI COPERTINA: € 19,00

Alla fine degli anni Cinquanta, in uno stato immaginario dell’America segregazionista, Tucker Caliban vive e lavora nella piantagione della famiglia Willson, come suo padre e i suoi antenati; ma, diversamente da loro, Tucker è riuscito a comprarne una parte.
Finché un giorno, davanti agli increduli abitanti della città vicina, sparge sale sul raccolto, uccide il bestiame e dà fuoco alla propria casa, partendo poi con la famiglia senza voltarsi indietro. Ben presto la popolazione bianca capisce che è solo l’inizio: tutti insieme, come in un corteo interminabile, i neri abbandonano le case e i lavori, prendono automobili e treni, si trasferiscono altrove, a nord. E i bianchi si ritrovano soli con il loro benessere improvvisamente interrotto, incapaci di capire e perfino di immaginare una vita futura che non sanno più come vivere.
William Melvin Kelley ha scritto Un altro tamburo più di cinquant’anni fa, nel momento più aspro della lotta per i diritti civili. E con le voci dei personaggi bianchi, ora dolorose e impotenti, ora attonite e rabbiose, racconta di ineguaglianza e ingiustizia, ma soprattutto di coraggio e amor proprio, consegnando ai lettori un indimenticabile inno alla libertà, a quell’aspirazione senza tempo che ha il potere di cambiare le vite personali e il corso della Storia.

https://www.nneditore.it/libri/un-altro-tamburo/

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Il soffitto di cristallo di Gianni Perrelli

Livia era ormai perfettamente consapevole che come opinionista Beppe lo stagnato, una figura emblematica da lei inventata, aveva molta più influenza coi suoi blog stralunati degli editorialisti più accreditati con le loro analisi ponderate. In termini di like umiliava le menti più acute e le penne più raffinate.

Il soffitto di cristallo di Gianni Perrelli edito Di Renzo Editore, racconta alcune vicende di Livia Serantoni, la prima donna a diventare Presidente del Consiglio. La narrazione alterna il punto di vista della protagonista, con quello di Paolo, ex amante e compagno politico di Livia ormai “fuori dal giro” dopo un giochetto architettato dalla controparte.

La figura di Paolo è emblematica; con il suo guardare la scena politica da fuori, rappresenta l’altro piatto della bilancia. Non essendo più invischiato nei meandri della politica, può valutare la situazione con sguardo critico di “chi sa”. Da al lettore la possibilità di farsi un’idea priva di condizionamenti.

La protagonista, Livia, invece è una donna animata da forti ideali umanitari e da un forte senso morale, che però rischia di perdere in maniera direttamente proporzionale al grado di potere che raggiunge. Il potere, infatti, rischia di disorientare anche coloro che sono mossi dai propositi più ammirevoli. Livia però non riveste un ruolo convenzionale, adatto cioè alla carica che riveste. Lei è una donna che non ama i vincoli e le “catene”, che vuole vivere la sua vita osando e soprattutto approfittando della sua sensualità. Non è la classica donna portata per la famiglia, per un amore stabile. Vive di incontri passionali fini a se stessi. Questo suo aspetto però contrasta con la figura pulita e trasparente di primo ministro. Fin quando riuscirà a mantenere questa “doppia vita”? Riuscirà a mantenere intatti i suoi buoni ideali o li venderà per la poltrona?

Ho trovato molto interessante Il soffitto di cristallo per quello che si legge sopra le righe. Credo che sia un saggio sulla situazione italiana, ma non solo, dei nostri tempi. Si affrontano tematiche quali la religione, la situazione femminile, le nuove tecnologie e l’utilizzo sempre più massiccio dei social.

Ogni argomento è trattato sotto forma di riflessione o dialogo e la cosa che più mi ha convinta è stata il constatare che mentre leggevo il libro, mi ritrovavo io stessa a riflettere su questioni etiche e attuali che riguardano la nostra società.

È un romanzo che mi sento di consigliare a tutti coloro che vogliono pensare in maniera critica alla società in cui ci troviamo. Credo, infatti, che si debba leggere questo libro per avere un quadro più completo sulla situazione attuale.

Scheda tecnica e descrizione.

TITOLO: Il soffitto di cristallo

AUTORE: Gianni Perrelli

EDITORE: Di Renzo Editore

DATA DI PUBBLICAZIONE: Settembre 2019

GENERE: Narrativa italiana

PAGINE: 216 (cartaceo)

PREZZO DI COPERTINA: € 15,00

VOTO: 4-/5

Livia Serantoni è la prima donna a ricoprire la carica di presidente del Consiglio della Repubblica italiana. La prima ad aver superato il soffitto di cristallo. Un traguardo diventato oggi la norma in Europa, ma quasi utopistico in un Paese machista come il nostro. Giorgio Recalcati è un giovane giornalista in promettente ascesa. Paolo Rizzi è un segretario di partito ormai dimenticato. Ognuno di loro ha pagato un prezzo. Forse troppo alto. Cosa e chi hanno sacrificato in nome della scalata al potere? Intorno a loro, il teatro della politica con i suoi intrighi di palazzo, le oscure battaglie di partito, le ipocrite compiacenze, le illusioni mediatiche e le sirene dei social. L’attualità è l’ennesimo capitolo di una ragion di Stato ormai esausta, sopravanzata dalla propaganda populista. La prospettiva è la paura di perdere tutto che induce all’errore o alla facile promessa. Come resistere? Livia lo sa: questa è l’ultima occasione che ha per convincere e convincersi che la politica non s’improvvisa, si costruisce. Giorno dopo giorno.

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La città delle ragazze di Elizabeth Gilbert

[…] Che la vita non è lineare. Da piccolo credi che le cose siano sempre in un certo modo. Che esistano delle regole. Che la vita debba seguire un binario preciso. E ti sforzi di percorrerlo. Ma la vita se ne infischia delle tue regole o di ciò che credi. Lei non segue un unico binario, Vivian. Non è mai come te l’aspetti. Per lei le nostre regole sono fumo. A volte la vita capita, questo penso. E noi dobbiamo continuare a viverla, al meglio delle nostre possibilità.

Vivian, un’arzilla vecchietta quasi novantenne, è la protagonista dell’ultimo romanzo di Elizabeth Gilbert, “La città delle ragazze” edito Rizzoli. Un romanzo che si discosta per toni ed argomento da Mangia Prega Ama, ma che riesce comunque a trasmettere la profondità delle emozioni umane.

Il romanzo inizia con Vivian che decide di raccontare ad Angela, attraverso una lunghissima lettera, come ha conosciuto l’uomo più importante della sua vita: Frank, il padre di Angela. Ripercorrendo quasi cinquant’anni di storia, la protagonista, rievoca tutti gli eventi che hanno portato all’incontro di questo uomo, segnato da un passato di atrocità belliche.

La città delle ragazze è, infatti, ambientato negli anni Quaranta, proprio quegli anni segnati dal secondo conflitto mondiale e Frank quella guerra l’ha combattuta, riuscendo a sopravvivere ad un attacco kamikaze da parte del nemico; privilegio che però non è stato concesso ai suoi compagni.

[…] Devi imparare a prendere la vita con più leggerezza, mia cara. Tutto cambia di continuo. È importante non aggrapparsi troppo alle cose. Qualcuno ti fa una promessa e poi non la mantiene. I critici parlano bene di uno spettacolo e poi lo condannano al fallimento. Un matrimonio sembra solito e poi finisce in divorzio. Per un po’ c’è una pace e poi un’altra guerra. A preoccuparsi troppo si diventa stupidi e infelici. A che pro?

Nonostante il tema della guerra faccia da sfondo all’intero romanzo, il tono di La città delle ragazze è molto più frivolo e leggero. Vivian, infatti, è una ragazza molto indipendente ed intraprendente rispetto alle altre sue coetanee; mostra una grande libertà sessuale, cosa che contestualizzata al periodo era giudicata alquanto scandalosa e “socialmente inaccettabile”. Questo aspetto della sua vita le ha provocato non pochi problemi e guai, complice il fatto che si è formata ed è cresciuta negli ambienti di un teatro un po’ sgangherato formato da personaggi bizzarri e originali, in cui predominava la baldoria e il disordine.

Crescendo Vivian, metterà la testa a posto, ma non tanto da rinunciare alla propria libertà e legarsi definitivamente ad una persona, o almeno non nel senso comune del termine!

Devo dire che all’inizio ho trovato un po’ di difficoltà ad ingranare la marcia. Avevo in mente lo stile di mangia prega ama, quindi mi aspettavo un tono più “serio” anche se già sapevo che sarebbe stato più leggero. Quindi essendo io una accanita fan di romanzi strong, ho impiegato qualche giorno per prendere dimestichezza con questo stile un po’ fuori dalla mia portata. Posso dire però che una volta abituata, è stato una grande scoperta.

I toni frivoli e spensierati della prima parte si smorzano e diventano più maturi nella seconda. Quasi come se lo stile della narrazione si evolvesse di pari passo alla crescita personale della protagonista. E questo, a mio parere, è segno di una grande bravura di fondo nello scrivere (ma d’altronde stiamo parlando della Gilbert!).

Ho trovato La città delle ragazze per niente stucchevole. Non cade mai nel banale e nello sdolcinato, nemmeno quando inizia a parlare di Frank, l’unico uomo che Vivian abbia riuscito ad amare. Quello che si evince è invece una particolare attenzione alle emozioni umane in tutte le loro sfaccettature. Un sentimento viene mostrato per quello che è senza essere esasperato; perché in fondo non ce n’è bisogno, un sentimento riesce a mostrare tutta la potenza con la sua stessa essenza.

Scheda tecnica e descrizione.

TITOLO: La città delle ragazze

Titolo originale: City of girls

AUTORE: Elizabeth Gilbert

Traduzione a cura di Elena Cantoni

EDITORE: Rizzoli

GENERE: Narrativa straniera

DATA DI PUBBLICAZIONE: Settembre 2019

PAGINE: 496 (cartaceo)

PREZZO DI COPERTINA: € 20,00

Feste strepitose, attori seducenti, dive egocentriche e poi musica, risate, luci che si accendono. Vivian Morris ha novantacinque anni, ma se chiude gli occhi torna a essere la diciannovenne che dopo un fallimentare tentativo al college si è ritrovata a sbirciare dietro le quinte del vivace e sgangherato tea-tro gestito da sua zia Peg. L’anno è il 1940, la città New York, gli ambienti sono quelli del Lily Playhouse, un odeon pazzo dove le ragazze in cerca di fortuna si offrono al mondo, all’arte, agli uomini. Vivian inciampa in questo fiume in piena e ne è trascinata via, complice il fascino di Celia, soubrette dal corpo meraviglioso e con la voce cupa da gatta randagia. Mentre la ragazza scopre di avere un talento come costumista, zia Peg la accoglie nel suo regno esploso, al centro della città più sognata e ai margini della sua ricchezza. Dove bisogna scrollarsi di dosso la provincia impressa nel passo e negli occhi. La città delle ragazze è la storia di un’educazione sentimentale gioiosa, la rappresentazione di un universo che non teme di mostrarsi famelico, rumoroso, fragile e mosso da un’inquietudine costante. Amato dalla migliore critica americana, che ha trovato in questa scrittura uno sguardo illuminante e onesto sulla natura e il carattere del desiderio femminile, ecco il nuovo romanzo di Elizabeth Gilbert.

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Tutto questo tempo di Nicola Ravera Rafele

Ciao a tutti lettori e lettrici per passione. Oggi vi parlo di un libro devastante; un libro che sicuramente non lascia indifferenti. Sto parlando di Tutto questo tempo di Nicola Ravera Rafele edito Fandango.

Ho avuto il piacere di condividere questa lettura con altre otto persone belle belle. È stata un’esperienza molto costruttiva per me e per questo li ringrazio ad uno ad uno!

Adesso, però, bando alle ciance e parliamo del romanzo.

Tutto questo tempo racconta la storia di una famiglia composta da Giovanni Luna, la moglie Elisa e dai figli Clara e Dario. In un lasso di tempo che va da metà degli anni Ottanta ai giorni nostri, l’autore descrive l’evoluzione dei meccanismi interni a questo nucleo; un nucleo disgregato, un nucleo che forse non si riconosce come parte di un tutto.

[…] Eppure, anche se le conseguenze indubbiamente ci furono, e cariche di dramma, non sarebbe corretto definirle come qualcosa di più specifico e più consistente del destino stesso, quella intricata composizione di linee che, per paradosso o presbiopia, è perfettamente visibile da lontano, e sfocata da vicino.

Il romanzo è diviso in tre parti. Nella prima parte sono esaminati i rapporti tra i due capostipiti della famiglia, Giovanni ed Elisa, che si muovono come in una danza tra il lasciarsi e il ritrovarsi. Nella seconda parte, invece, viene data voce a Clara, la figlia, che inevitabilmente continua a percorrere il sentiero psicologico tracciato dai genitori; questo la porta ad essere una persona affettivamente insicura ma non solo. Nella terza parte, infine, sentiamo la voce di Dario, il figlio minore, che fino ad ora è stato quasi di sfondo alla storia; lui riuscirà a collegare tutti i pezzi di questo puzzle un po’ sgangherato in una parvenza di armonia.

Prima di parlarvi delle sensazioni che ho provato leggendo questo libro, credo sia interessante analizzare i singoli personaggi.

Partiamo da Giovanni ed Elisa; li analizzo volutamente insieme perché si possono benissimo descrivere uno come il completamento dell’altra. Questa caratteristica li accompagnerà sempre, sino alla fine della storia, anche quando avranno periodi di “burrasca”. Giovanni è un uomo cinico, per niente convenzionale, che affronta la realtà che lo riguarda come da spettatore, senza mai affrontare direttamente la questione se non aggirando il problema. Elisa, invece, è una donna passiva, con un carattere debole e, se vogliamo, incapace di far emergere i propri sentimenti reali, prendendo una posizione.

Clara e Dario, subiscono le conseguenze inevitabili di questo “vortice” creato dai genitori. Clara è una ragazza prima, ed una donna dopo, emotivamente instabile che cerca costantemente di colmare, attraverso relazioni non proprio salutati, il vuoto creato dai genitori troppo impegnati a fare i conti con i loro fantasmi. Dario, infine, è forse il personaggio più razionale della famiglia; lui ha la capacità di esaminare in maniera più razionale e critica le dinamiche relazionali della sua famiglia e di adottare tecniche di autodifesa e (perché no) di salvezza.

Ci sono, poi, tanti altri personaggi che si andranno ad incastrare nella vita di questa famiglia creando risvolti del tutto inaspettato.

Tutto questo tempo è un libro che ho amato molto! La prima parte, per me, è stata sensazionale; è presente una così forte intensità emotiva da riuscire a darti uno schiaffo dritto in faccia. Il dolore, il dramma sono preponderanti. L’angoscia traspare in ogni singola riga. Il forte impatto emotivo è assicurato. Nella seconda parte, invece, i toni di placando ed emerge una grande tristezza consapevole, come se l’evoluzione non sarebbe potuta essere altrimenti; perdiamo quindi quel forte pathos, per trovare quel sentimento definitivo che definirà la natura stessa dei protagonisti.

Questo è un romanzo che consiglio assolutamente a tutti coloro che vogliono leggere (e vivere) una storia profonda e carica di emotività. Le vite di Giovanni, Elisa, Clara e tutti gli altri sapranno scuotervi, arrabbiare, ma anche emozionare.

Per finire ci tengo a dirvi di seguire gli altri miei compagni di viaggio, che hanno tanto da darvi!!

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Scheda tecnica e descrizione.

TITOLO: Tutto questo tempo

AUTORE: Nicola Ravera Rafele

EDITORE: Fandango

GENERE: Narrativa italiana

DATA DI PUBBLICAZIONE: Ottobre 2019

PAGINE: 298 (cartaceo)

PREZZO DI COPERTINA: € 18,00

Giovanni ed Elisa si conoscono a un punto di svolta delle loro vite, lei ha superato i trent’anni, lui ha scritto molto tempo prima un unico libro di successo e si trascina per festival letterari. Ma il loro amore, improvviso, totalizzante, sembra rimettere in moto il tempo. Tutto sembra funzionare, la loro felicità li illumina. Finché un giorno Giovanni, in viaggio per lavoro, decide di non prendere l’aereo per tornare a casa, incapace di affrontare le responsabilità che la vita con Elisa e la nascita della loro primogenita Clara comportano. Dopo cinque giorni ricompare ma, nonostante ogni cosa sembri tornare al proprio posto, sottili crepe si aprono tra loro, fratture che diventano sempre più profonde e li allontanano. Un susseguirsi di tradimenti, distacchi e ripicche segna la loro storia, quella dei loro figli e dei loro amici. Sullo sfondo dell’Italia nel passaggio dalla Prima alla Terza Repubblica, Nicola Ravera Rafele racconta la crisi di una generazione e della sua idea di futuro, confermandosi uno scrittore in grado di legare la storia individuale a quella collettiva del nostro paese. Un romanzo corale che ricorda la grande narrativa americana, attraversa due generazioni e tratteggia con un linguaggio netto e mai scontato le incrinature che come vene sotterranee arrivano al cuore di ognuno di noi.

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Cosa resta di Male di Gianmarco Soldi

Buongiorno lettori e lettrici per passione, oggi vi parlo di un libro molto discusso e che ha smosso pareri contrastanti.

Il libro in questione è “Cosa resta di Male” di Gianmarco Soldi edito Rizzoli.

Perché ha smosso così tante opinioni contrastanti?

Perché affronta una tematica scomoda; il protagonista infatti esplora ed attraversa il mondo delle perversioni.

Amato, questo è il nome del protagonista, avverte fin da bambino, un moto interno, che gli fa provare qualcosa che ancora non si sa spiegare ma che avverte di essere sbagliato.. crescendo Amato prende consapevolezza di queste pulsioni e le vive come un problema; lui sa che quello che prova è sbagliato.. ma non riesce a farne a meno. Durante questo percorso di consapevolezza, accettazione e/o negazione (questo sta a voi scoprirlo) incontra una ragazza, taciturna, solitaria e sempre vestita di nero, Malena (Male), che lo “prenderà per mano” creando un effetto magnete che influenzerà Amato per tutta la vita…

Si può cambiare casa, città o nazione, ma è impossibile trovare la pace se prima non si fa pace con se stessi.

Capite bene, che Cosa resta di Male è un romanzo scomodo e ad alcuni ha fatto storcere il naso, perché esplora sentieri oscuri della vita umana.

Qui vi parlo di quello che ha trasmesso a me.. e vi garantisco che è tanta roba.

Innanzitutto, inutile negarlo, certe scene descritte hanno indignato anche me. Non è quello che ci si aspetta di leggere in un romanzo. Le pulsioni sessuali che emergono già nell’infanzia del bambino, non sono facili da digerire. Credo anche, però, che sia riduttivo fermarsi solo a questo. Mi spiego meglio. Secondo me, l’intento di Gianmarco Soldi è proprio questo: scuotere le coscienze, accendere una lampadina su sentieri rocciosi e poco praticati. Io ho avvertito chiaramente l’intenzione, ho sentito quasi la voce che dice: “esiste anche questo!”.

Cosa resta di Male è passione, rabbia, tenerezza, complicità, indignazione.. leggendo questo libro il lettore si trova avvolto in un turbine di emozioni che molto spesso cozzano tra loro, ma che lo portano inevitabilmente a riflettere.

Cosa resta di Male è anche riscatto; una grande voglia di emergere e di amare ed essere amati per quello che si è. Perché alla fine si sa, l’amore o salva o fa sprofondare ancora di più.

Come mi è capitato di dire spesso, ho amato molto Cosa resta di Male, proprio per il forte carico emotivo che traspare dalle righe di questo romanzo. Io credo che sia un libro da leggere, anche solo per farsi un’idea su come è variegata ed unica la natura umana.

Scheda tecnica e descrizione.

TITOLO: Cosa resta di Male

AUTORE: Gianmarco Soldi

EDITORE: Rizzoli

GENERE: Narrativa italiana

DATA DI PUBBLICAZIONE: Marzo 2019

PAGINE: 336 (cartaceo)

PREZZO DI COPERTINA: € 18,00

Mi voltai di scatto. C’era una ragazzina esile e pallida, con i capelli neri e gli occhi ancora più neri. «Ti va di unire le nostre solitudini?»È un torrido pomeriggio d’agosto, il sole picchia sulla pianura Padana seccando l’erba e il granturco. Amato è nascosto in macchina con la cuginetta Gioia, che ha appena schiacciato una lucertola sotto la scarpa. «Ora devi fare una cosa» gli dice, «altrimenti schiaccerò anche te. Devi baciarmi i piedi, come a una principessa.»Amato è ancora un bambino, eppure una scintilla buia gli si accende dentro. Desiderio, vergogna, paura: sentimenti che non sa come gestire né con chi condividere. Finché nella sua vita non arriva Malena, detta Male, una ragazzina con la pelle di luna e l’oscurità in fondo agli occhi. Capelli neri, felpa nera, scarpe nere. Ad Amato basta uno sguardo per capire che da quel momento non sarà più solo: gli amici, la musica, la nebbia malinconica del cielo di Cremona, tutto resta sullo sfondo per fare spazio a questo nuovo mondo a due. Lui e Male si scoprono, si ascoltano, si riconoscono l’uno nell’altra togliendosi ogni giorno un pezzo di corazza mentre la loro affinità si trasforma, col tempo, in una tenera e feroce educazione sentimentale. Con questo sorprendente romanzo d’esordio, Gianmarco Soldi racconta la storia di una passione giovane ma potentissima, nata in una provincia senza orizzonti e senza certezze in cui l’amore è l’unico futuro davvero possibile.

https://rizzoli.rizzolilibri.it//libri/cosa-resta-di-male/

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L’estate dell’incanto di Francesco Carofiglio

Buongiorno lettori e lettrici per passione, oggi vi parlo di una tra le ultime novità di Piemme Edizioni. Mi riferisco a “L’estate dell’incanto” di Francesco Carofiglio.

È un romanzo ambientato nella campagna toscana, tra Firenze e Pistoia, e la protagonista è una vecchia signora ben messa che ricorda e racconta un’estate particolare della sua infanzia, un’estate che avrebbe segnato per sempre la sua vita..

“[…] Era bellissima in quel girotondo forsennato, un impasto felice di popoli aguzzi, di occhi celesti, di denti che luccicavano, di suoni che tintinnavano come posate e bicchieri, di profumi di menta e gelsomino”.

L’estate dell’incanto è raccontato in prima persona direttamente dalla protagonista, Miranda, e questo (come mi è capitato di dire spesso) è un aspetto che amo molto. Mi permette di avvicinarmi maggiormente alla storia narrata.

È forte il riferimento al passato. È vivida, infatti, l’immagine della vita nelle cascine di un tempo e appare come riprodotta attraverso una vecchia cinepresa. Quello che ho visto in queste pagine è qualcosa di bello: la gioia, la spensieratezza, i fiori, gli animali.. il tutto va a comporre un quadro armonico e sereno. Prima che tutto cambi…

Come mi è capitato più volte di dire, la prima cosa di cui mi sono innamorata, prima ancora di conoscere la storia, è il modo di scrivere e raccontare di Carofiglio. È una scrittura che trasporta, che catapulta nel tempo e nel luogo come un vortice da cui non vuoi uscire. Staccarmi dalle pagine mi è venuto molto difficile.

In conclusione posso dire che L’estate dell’incanto, nonostante sia stato un romanzo in cui mi aspettavo di trovare altro, è riuscito a sorprendermi in positivo facendomi perdere nei ricordi di Miranda, che poi sono un po’ quelli di ognuno di noi.

Scheda tecnica e descrizione.

TITOLO: L’estate dell’incanto

AUTORE: Francesco Carofiglio

EDITORE: Piemme Edizioni

GENERE: Narrazione Italiana

DATA DI PUBBLICAZIONE: Settembre 2019

PAGINE: 272 (cartaceo)

PREZZO DI COPERTINA: € 17,50

È l’estate del 1939, Miranda ha dieci anni e il mondo è sull’orlo dell’abisso.
Ma lei non lo sa. Quell’estate sarà la più bella della sua vita.
Miranda parte con sua madre da Firenze per raggiungere Villa Ada, la casa del nonno paterno, il marchese Ugo Soderini, sulle colline pistoiesi. Suo padre è altrove.
La cascina del nonno e il bosco misterioso che la circonda sono il teatro perfetto per le avventure spericolate insieme con Lapo, il nipote del fattore, le scorribande in bicicletta, le scoperte pericolose, il primo, innocente bacio.
Ma il bosco è anche il luogo abitato dalle creature parlanti che l’anima di bambina vede o crede di vedere. E la foresta compare sempre, e misteriosamente, nei quadri del nonno, chiusi nel laboratorio che nessuno ha il permesso di visitare.
C’è come una luce magica che rischiara quella porzione di mondo. Miranda, ormai novantenne, ce la racconta, fendendo le nebbie della memoria. Tornare a quei giorni, a quella bambina ignara, che ancora non ha visto, vissuto, sofferto, perduto è più che una consolazione, è un antidoto.
È l’incantesimo di una giovinezza improvvisa.
Francesco Carofiglio ci conduce per mano all’ultima estate di innocenza. E lo fa con ciò che, più di ogni altra cosa, contraddistingue la sua poetica, la fragilità incorruttibile del ricordo e lo sguardo innocente di chi può ancora essere salvato.

http://www.edizpiemme.it/libri/lestate-dellincanto

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Tempesta di Arif Anwar

Ciao lettori e lettrici per passione!!

Oggi vi parlo di un libro che ho letto un po’ di tempo fa. Ahimè ho giusto un po’ di recensioni in arretrato, quindi ho pensato che un giorno alla settimana lo dedicherò alla recensione dei libri che ho letto in questi mesi di assenza ma che non sono riuscita a parlarvene.

Iniziamo oggi con Tempesta di Arif Anwar edito SEM.

Recensire Tempesta non è una cosa semplice. Comincio col dire che è un romanzo che mi è piaciuto davvero molto.

Tempesta parla di cultura, di scelte sofferte, di guerra e lacrime, di relazioni, di amore. Ecco, se mi chiedessero di descrivere questo libro in poche parole, direi che è tutto questo!

Mussulmani, indù, buddisti, giainisti, bramini, ebrei o cristiani – qualunque sia il loro Dio, si dice che la troppa fede rovini l’uomo, ma in realtà sono gli uomini che rovinano la fede, e questo da sempre. L’uomo abbraccia la religione con tutta la sua individualità è tutto il marciume che ha dentro, tutto il suo male. Infetta la fede. Le rivolte a cui assistiamo, le uccisioni insensate, non sono imputabili alla religione, ma agli uomini che la praticano.

Il romanzo di Anwar ha una storia particolare; ci racconta la vita di due generazioni di uomini e di diverse famiglie. Questi uomini e queste famiglie si scopriranno legate da un aspetto che li renderà parte integrante di uno stesso filo conduttore che attraverserà i confini del tempo e dello spazio.

La difficoltà nella recensione sta proprio in questo: data la trama molto complessa ed articolata, il rischio che si corre è quello di svelare troppo oppure non dire nulla.

Ho deciso quindi di parlarvi delle sensazioni che ho provato io nel leggerlo.

Ho apprezzato molto la storia narrata all’interno del romanzo; ho trovato i personaggi molto “umani”, i protagonisti sono, cioè, persone vissute, persone che hanno il carattere forgiato dalle vicende vissute, dagli sbagli commessi.

Chi leggerà questo libro, dovrà però tenere in considerazione che la trama è molto intrecciata e quindi necessità maggiore attenzione nella lettura. Credo, infatti, che Tempesta sia un romanzo che vuole il suo momento e la predisposizione giusta.

Lo stile è molto fluido e la lettura molto scorrevole. Nella struttura del romanzo il passato e il presente si incontrano, creando una perfetta armonia. Lo consiglio pienamente!

Scheda tecnica e descrizione.

TITOLO: Tempesta

Titolo originale: The storm

AUTORE: Arif Anwar

Traduzione a cura di Eleonora Gallitelli

EDITORE: SEM

DATA DI PUBBLICAZIONE: Aprile 2019

GENERE: Narrativa straniera

PAGINE: 298 (cartaceo)

PREZZO DI COPERTINA: € 20,00

In un villaggio della costa del Bangladesh una donna osserva il mare. C’è qualcosa di strano nell’aria e nel colore dell’acqua, una minaccia incombente. Lei sa di che cosa si tratta, l’ha visto succedere altre volte. È in arrivo una tempesta. Quello che non sa è che la tempesta sarà terribile, che spazzerà interi villaggi, vite umane, che niente sarà come prima. Ispirato al disastro del ciclone Bhola, che nel 1970 causò la morte di mezzo milione di persone in una notte, Tempesta intreccia cinque storie d’amore che, insieme, raccontano la storia del Bangladesh e la guerra di liberazione dal Pakistan. Shahryar, padre della piccola Anna, deve lasciare gli Stati Uniti, dove lavora come ricercatore all’università, perché il suo visto è in scadenza. Durante le ultime settimane che trascorrono insieme, il padre racconta alla figlia la storia del suo paese d’origine, iniziando da un villaggio nel golfo del Bengala, dove un povero pescatore si sta preparando con la moglie, una indù convertita all’Islam per amore, ad affrontare una tempesta di proporzioni storiche. Oltre il tempo e i confini, la loro storia si intreccia con quelle di altre quattro famiglie, il cui destino è stato ugualmente mutato da eventi imprevedibili. Una narrazione forte e avvincente che ci racconta i tanti modi in cui le persone amano, tradiscono, si onorano e si sacrificano le une per le altre nei momenti decisivi della vita. Un romanzo che esplora ciò che ci unisce al di là delle differenze di etnia, religione e nazionalità.

https://www.semlibri.com/book/tempesta-arif-anwar/

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Galateo per ragazze da marito

Ben trovati cari lettori e lettrici per passione. Quella che vi propongo oggi vuole essere una riflessione.

Il Galateo per ragazze da marito di Irene Soave edito Bompiani, ci offre uno spaccato della condizione di “signorina” nel corso dell’ultimo secolo. Attraverso una attenta ricerca, l’autrice, ci mostra una raccolta di galatei che trattano diversi aspetti della vita di una donna, tutti aventi uno stesso denominatore, e cioè, l’aspirazione a diventare donne.

La Soave analizza ogni singolo aspetto di questi galatei per signorine e li rapporta ai giorni nostri tracciando un filo logico e continuativo. In altre parole posso dire che ci accompagna per mano in questa interessante riflessione su un aspetto che è, in un certo senso, incardinato nella nostra società e che possiamo racchiudere in una sola domanda: ma quando ti sposi?

Leggendo questo libro si evince una grandissima bravura intanto nella ricerca di tutti questi manuali del “galateo per donne da accasare” nei vari secoli della storia umana, ma soprattutto (ed è la cosa che mi ha affascinato di più) nel collegare ed esaminare ogni singolo aspetto, con l’ironia che la contraddistingue, con perfetta armonia.

Sì, perché l’aspetto che più caratterizza questo manuale è la vena ironica utilizzata. L’autrice, infatti, nel raccontare le varie regole che una signorina “per bene” deve rispettare per essere considerata tale, usa un tono ironico; un’ironia che però non urta e non offende.

Infatti, Irene Soave, in questo suo lavoro non vuole assolutamente giudicare, né tantomeno criticare, colei che aspira, nella propria vita, a sposarsi; vuole però mandare un messaggio, e cioè, vuole far capire che anche se una ragazza non si sposa, per scelta, non deve essere “declassata” dalla società.

La lettura di Galateo per ragazze da marito, mi ha fatto venire in mente una serie di domande: ma davvero una donna per la società può definirsi tale solo se assolve il ruolo di moglie sposandosi? Oppure c’è davvero parità di genere nei rapporti interpersonali?

Io credo sia giusto che ognuno si faccia una propria idea riguardo questa questione. Voglio solo aprire una piccola parentesi: la donna purtroppo ancora nel 2019 (quasi 2020) vive sotto “l’occhio di bue”, deve costantemente stare attenta a quello che fa e che dice per evitare di essere messa alla gogna (e senza volermi addentrare negli episodi di femminicidio che non dovrebbero esistere). Quindi forse questa parità non l’abbiamo poi tanto raggiunta?!

Concludo dicendo che questo manuale, questo galateo 2.0 (mi permetto di dire!) è un interessante lavoro di ricerca e di analisi che consiglio vivamente di leggere! Posso affermare con sicurezza che a me ha fatto bene!!

Scheda tecnica e descrizione.

TITOLO: Galateo per ragazze da marito

AUTORE: Irene Soave

EDITORE: Bompiani

DATA DI PUBBLICAZIONE: Settembre 2019

PAGINE: 384 (cartaceo)

PREZZO DI COPERTINA: € 17,00

Cos’hanno in comune le ragazze da marito di oggi e quelle di ieri? Non poco: la “donna di una volta” è una mitologia attualissima, e il beau mariage un sogno riportato in voga dalla crisi. Tanto vale allora studiarne le regole alla fonte: una collezione di manuali per signorine e signore pubblicati fra l’Unità d’Italia e il Sessantotto.Non ci sarebbe poi molto da ridere, in quei manuali che nel corso della modernità hanno cercato di codificare la figura di una ragazza ideale: timorata delle tradizioni, ben disposta alla repressione dei propri istinti e tesa alla soddisfazione dell’unico desiderio che le è concesso – un buon matrimonio. Quando però gli stessi manuali arrivano a configurare le civetterie di una “bellissima donna dell’età della pietra” si intuisce che per renderli un deposito fossile a grande potenziale umoristico basta farne una lettura contemporanea: fresca, pratica, colta, critica ma affettuosa. È la lettura che Irene Soave ha dato a questi testi: lei è la Lettrice Modello che da Monsignor della Casa a Donna Letizia queste pagine hanno atteso per decenni, se non secoli. Una ragazza arrivata al mondo quando ognuna delle norme tradizionali era già stata trasgredita e molte erano anzi rientrate in vigore più o meno tacitamente; e una ragazza che usa il suo sense of humour per comparare la passata normativa all’almeno apparente deregulation attuale. Matrimonio, verginità, reputazione, prostituzione, dignità, libertà, lavoro, sesso e piacere: questioni colossali che la briosa scrittura di Irene Soave attraversa senza banalità, snocciolando i dilemmi della sua amletica leggera. Non: essere o non essere; ma: esserci o farci? Cercarlo o non cercarlo (il marito)? Visitare i luoghi comuni vecchi e nuovi per scegliere quali rifuggire e quali invece adottare e adattare, per farli propri. Le ragazze da marito esistono ancora. E i ragazzi da moglie?

https://www.giunti.it/catalogo/galateo-per-ragazze-da-marito-9788830100930

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Mar ghe gera: c’era il mare.

Mar ghe gera pensa Luana Bertelli e vorrebbe tanto che fosse l’etimologia del paese in cui vive e che ama tanto.

Le rotte degli aerei guarda ogni sera Stucky a Treviso, immaginando il loro itinerario.

Bertelli e Stucky sono due commissari che operano in due posti diversi e a due casi di omicidio diversi. La prima, ispettrice del commissariato di Marghera, investiga sulla morte di un ex sindacalista ucciso nella sua abitazione; il secondo, ispettore di Treviso, indaga sulla morte di un ex giornalista trovato morto in un banchina alle mura della città.

Due casi all’apparenza distinti e separati fino a quando un terzo omicidio non farà ricredere i due ispettori e i confini di tutte queste vicende non saranno più così delineati (ma proprio in tutti i sensi!).

C’era il mare è un tipico romanzo giallo. Leggendolo si ha la sensazione di star guardando una ben riuscita serie televisiva poliziesca. I commissari astuti ci sono, gli omicidi ci sono, le indagini ci sono. Tutto in regola dunque per un romanzo di tutto rispetto!

I due protagonisti principali, la Bertelli e Stucky, hanno due caratteri diversi ma che spiccano all’interno della narrazione.

L’ispettore trevigiano è un tipo pragmatico, con un’indole tendente all’ironia (a tratti satira). Dall’atteggiamento scanzonato ma dalla mente molto astuta. L’ispettrice Bertelli invece ha un animo più cinico, scettico, non si fa mettere i piedi in testa da nessuno ma dentro di se risiede un velo di tristezza che le permette di miscelare quel sempre presente cinismo con un affetto verso gli ultimi della società.

Il romanzo inizia in maniera molto lenta ed ho avuto la sensazione di doverlo tirare a forza. A partire dalla metà più o meno della vicenda il ritmo si incalza, le pagine iniziano a voltarsi più velocemente ed il racconto, quindi, diventa più fluido.

Il carico di adrenalina e suspense sale fino a convergere in un finale di tutto rispetto in cui il niente e il tutto si mescolano.

Lo stile e la struttura di C’era il mare sono molto pensati ed attenzionati. Il voto che mi sento di dare però è 3/5 proprio per l’inizio che non mi ha molto convinto. È comunque un romanzo che mi sento di consigliare a chiunque voglia investigare assieme ai due ispettori!

[…] il rancore è una calamita moschicida, attrae chiunque gli si avvicina e avvinghia soprattutto chi la usa.

Scheda tecnica e descrizione.

TITOLO: C’era il mare

AUTORE: Fulvio Ervas

EDITORE: Marcos y Marcos

ANNO DI PUBBLICAZIONE: 2019

GENERE: Romanzo giallo/ poliziesco

PAGINE: 366 (cartaceo)

PREZZO DI COPERTINA: € 18,00

Il primo morto è a Treviso: unico indizio un foglio bianco.
Il secondo è a Marghera: qui invece campeggia una scritta rossa.
Le due indagini – e i due scenari – si alternano, incantandoci con immagini solari mentre realtà più oscure affiorano qua e là.
Stucky interroga banchieri con le scarpe troppo pulite; a casa, il profumo di zucca e zafferano annuncia un’ospite inattesa.
Luana Bertelli la sera va al poligono, insegna alle donne a sparare; davanti a un piatto di seppioline morbide, in piazza, pensa al mare da cui è sorto Porto Marghera.
Un terzo morto, a metà strada tra Treviso e Marghera, fa correre tutto più veloce.
Soprattutto, Stucky e la Bertelli adesso corrono insieme: unendo tasselli, arrivano al cuore del mistero, annidato nelle pieghe della nostra traballante civiltà.

http://www.marcosymarcos.com/libri/cera-il-mare/

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[Recensione] Le conseguenze di Černobyl’ ne “La vita invisibile di Ivan Isaenko” di Scott Stambach

Buongiorno cari lettori e lettrici per passione, oggi vi parlo di un libro che ho letto tempo fa, ma che per motivi vari ed eventuali, mi sono trovata costretta a recensire solo adesso.

Sto parlando de “La vita invisibile di Ivan Isaenko” di Scott Stambach edito Marsilio Editori.

Racconta la storia di quei ragazzi, vittime del disastro di Černobyl’ anche a distanza di tempo; ragazzi speciali, nati con una o più malformazioni e per questo motivo internati in orfanotrofi specifici.

In particolare, in questo libro, è uno di questi ragazzi a parlare, Ivan, che, parlando in prima persona descrive tutto quello che vede e sente intorno a lui, ma soprattutto quello che vede e sente dentro di lui. Tutte le passioni, i desideri, le paure ed i sentimenti comuni ad ogni ragazzo che affronta l’adolescenza. In questo Ospedale per i bambini gravemente ammalati di Mazyr, Ivan incontrerà Polina, una ragazza anch’essa molto sfortunata e sofferente. I due giovani a modo loro scopriranno un nuovo mondo, in cui non solo si sopravvive ma si può anche provare a vivere.

La vita invisibile di Ivan Isaenko è un libro molto forte, mette davanti alla sofferenza di bambini, molto spesso destinati a sorte certa, senza nessuna colpa se non quella di nascere nel posto sbagliato.

Racconta, però, anche una storia di rivincita per la situazione che vivono, si determinazione ad andare avanti nonostante tutto e di amore. Sì, perché di amore parla questo libro. Amore non inteso nel senso più comune del termine, ma un tipo di sentimento ancora più profondo; quello che spinge a non perdere la speranza, ma anche quello che porta ad amare incondizionatamente l’altro senza ricevere nulla in cambio, e nemmeno pretenderlo.

Ragazzi che il caso, (o il destino, fate voi!) ha reso invisibili, come viene suggerito nel titolo. Ragazzi internati in posti prestabiliti dove possono essere dimenticati tranquillamente da tutti gli altri più fortunati. (non vi rimanda un po’ alle classi speciali?)

La vita invisibile di Ivan Isaenko è scritto sotto forma di diario. Ogni pagina di diario descrive un determinato aspetto della vita in questi centri speciali ma anche le scoperte di Ivan fatte grazie e con Polina.

È un libro tosto, ma che si legge molto bene. Durante tutta la lettura non ho trovato nulla che mi abbia fatto storcere il naso! Quindi promosso a pieni voti per tema, struttura e scrittura. Complimenti Stambach.

Scheda tecnica e descrizione.

TITOLO: La vita invisibile di Ivan Isaenko

Titolo originale: The invisible life of Ivan Isaenko.

AUTORE: Scott Stambach

Traduzione italiana a cura di Ada Arduini

EDITORE: Marsilio Editori

ANNO DI PUBBLICAZIONE: 2019

GENERE: Narrativa Straniera

PAGINE: 302 (cartaceo)

PREZZO DI COPERTINA: € 17,50

Ivan ha diciassette anni ed è uno degli ospiti dell’Ospedale per i bambini gravemente ammalati di Mazyr, in Bielorussia. Le radiazioni liberate nell’atmosfera dall’esplosione di uno dei reattori nucleari della centrale di Cˇernobyl’ il 26 aprile 1986 gli hanno provocato gravi malformazioni, ma non ne hanno intaccato lo spirito acuto, l’intelletto straordinario e il vorace appetito per i libri. Ogni giorno sarebbe uguale all’altro, nella vita di Ivan, ma il ragazzo riesce a trasformare tutto in un gioco, al servizio del proprio divertimento. A scuotere la sua routine arriva, però, una nuova residente dell’ospedale, Polina. Ivan all’inizio non la sopporta. La ragazzina gli ruba i libri, sfida le regole del suo universo magico, si fa amare da tutte le infermiere. Ma in breve anche Ivan ne è attratto in modo irresistibile. Comincia così una storia d’amore tenera e coraggiosa, che consente ai due ragazzi di scoprire il mondo come mai avevano fatto prima. Fino all’incontro con Polina, Ivan si limitava a sopravvivere, in uno stato di orgogliosa distanza dalle cose e dalle persone. Ora vuole qualcosa di più: vuole che Polina resti viva.

http://www.marsilioeditori.it/lista-autori/scheda-libro/2970026/la-vita-invisibile-di-ivan-isaenko

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Recensione: La tua ultima bugia di Rachel Abbott

A volte è troppo tardi per mentire un’ultima volta.

Eccomi tornata, nella veste di Daisy 2.0, a parlarvi delle letture che mi accompagnano quotidianamente. I libri da commentare insieme sono tanti, ci vorrà un po’ di tempo, ma lo farò (o almeno ci proverò).

La tua ultima bugia è un thriller in cui è il mistero a fare da padrone.

Le protagoniste principali sono due donne, Evie e Cleo, che ruotano, entrambe, attorno alla figura di Mark, compagno della prima e fratello della seconda, che fa da fulcro.

Evie è una donna affascinante, enigmatica e con un passato avvolto nel mistero. È un tipo determinato, è proprio questa parte del suo carattere la porterà a fare delle scelte decisive.

Cleo, invece, è una gallerista di successo, single incallita (per scelta o per necessità) che ha deciso di passare la propria vita a proteggere ed “accudire” il fratello Mark. Cleo porta dentro di sé una verità scomoda che è disposta a proteggere ad ogni costo.

Come dicevo sopra, Mark è una figura centrale all’interno della vicenda.

Mark è un fotografo piuttosto bravo, molto legato alla sorella Cleo e con un passato piuttosto doloroso.

La tua ultima bugia è un thriller molto ben fatto, non mancano i colpi di scena ed i picchi di adrenalina. Il ritmo è abbastanza serrato.

Leggendo questo libro non ci si annoia nemmeno un secondo. Già l’inizio è col botto e preannuncia lo stile del libro. Questa caratteristica mi è piaciuta molto.

Io a questo libro ho dato 4- per il semplice fatto che arrivata ad un certo punto avevo già capito come sarebbe finito. Questo mi ha lasciato un po’ l’amaro in bocca.

Devo però dire che il libro è ben fatto e senza nessuna pecca. Un thriller molto buono che sicuramente piacerà agli amanti del genere.

Scheda tecnica e descrizione.

TITOLO: La tua ultima bugia

AUTORE: Rachel Abbott

EDITORE: Piemme Edizioni

GENERE: Thriller psicologico

DATA DI PUBBLICAZIONE: Marzo 2019

PAGINE: 368 (cartaceo)

PREZZO: 19,90 €

La casa di Marcus North appare come un luogo magnifico e spaventoso a Evie, la prima volta che vi mette piede. Immensa, affacciata su una scogliera, una stupenda vetrata dopo l’altra. Peccato che sulla costa occidentale dell’Inghilterra il vento e il grigio la facciano da padroni: ma anche così, davanti a lei si apre uno spettacolo. Per Marcus, però, le cose sono molto diverse. Quella casa è legata per sempre al ricordo della prima moglie, Mia, e di ciò che accadde al piano di sotto, dove la palestra e la piscina ormai sono chiuse da tempo. E dove lui non mette più piede. Ma adesso c’è Evie, un nuovo, luminoso amore che cancellerà il buio del passato. Almeno così la vede lui.
Non la pensa così Cleo, la sorella di Mark. Non le piace Evie, come del resto non le piaceva Mia. E quando Mark comincia ad allontanarsi, Evie a restare sempre più spesso sola con la sua bambina in quella immensa casa, e Cleo a cercare di capire che cosa c’è davvero tra il fratello e la sua nuova donna, pian piano le verità che ciascuno nasconde verranno a galla. E, come avrà modo di scoprire la detective King – la stessa che accorse quando Mia cadde dalle scale, e che adesso si troverà di fronte, in quella stessa casa, a una scena spaventosa -, l’ultima bugia sarà la più terribile.
Da un’autrice da tre milioni di copie, uno dei thriller più agghiaccianti di sempre, che vi trasporterà nel freddo dell’Inghilterra, dove nebbia e mare in tempesta non sono che uno specchio dell’anima. Statene certi: rifletterete a lungo, la prossima volta, prima di dire una bugia.

http://www.edizpiemme.it/libri/la-tua-ultima-bugia

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Le sette morti di Evelyn Hardcastle: un mistero che vi farà impazzire!

Quando agata christie ed il black mirror si incontrano!

Buongiorno cari lettori e lettrici per passione. Oggi è stata una giornata abbastanza impegnativa! Voglio concluderla, però, parlandovi di un libro molto discusso negli ultimi tempi. Ho deciso di discuterne adesso, ad un mese dall’uscita, proprio perché ho sentito la necessità di aspettare che “si calmassero le acque”, per non correre il rischio di cadere nel senso comune.

Ovviamente sto parlando di “Le sette morti di Evelyn Hardcastle” di Stuart Turton edito Neri Pozza Editore. La storia si svolge nell’antica tenuta di una prestigiosa famiglia, gli Hardcastle, ormai in rovina. E’ una vecchia villa, in cui parecchi anni prima è successo qualcosa di terribile. La famiglia degli Hardcastle è composta dal capofamiglia Peter, la moglie Helena ed i figli Michael ed Evelyn. E’ proprio quest’ultima (come suggerisce il titolo stesso) ad essere il fulcro dell’intera vicenda. In occasione di un tragico evento, la famiglia Hardcastle decide di organizzare una festa in cui sarà proprio Evelyn a morire. Chi sarà stato?

Non sempre la vita ci permette di scegliere l’esistenza che vogliamo.

S. Turton, Le sette morti di Evelyn Hardcastle, pag. 150

Scrivere questa recensione non sarà impresa semplice. I rischi maggiori sono due: sembrare troppo banali e svelare dei dettagli che invece dovrebbero restare celati.

Proviamoci, però, andando con ordine.

La cosa che mi ha colpito a primo impatto è stata sicuramente la massima cura nella descrizione dei dettagli. Nulla è lasciato al caso; anche il più banale particolare, col procedere della storia, si rivelerà utile. L’autore riesce ad innescare quel meccanismo, nel lettore, che lo farà tornare indietro nelle pagine (o nei capitoli), per controllare se “l’aveva scritto”.

La trama si svolge in maniera molto chiara; anche se sono presenti parecchi flashback, infatti, il lettore non avverte (o almeno io non ho avvertito), quella sorta di fastidio, simile alla confusione, che potrebbe scoraggiare il proseguimento della lettura.

Quello che ho avvertito io, invee, è stato un senso di adrenalina, una bella scarica mista a curiosità, che mi ha fatto sentire una specie di Sherlock Holmes incaricato di risolvere il mistero.

Ho detto più volte, su Instagram, durante la lettura, che a parer mio, Stuart Turton è un vero è proprio genio. E’ riuscito a creare una storia dalla trama così intrecciata, con tantissimi personaggi, tantissimi punti di vista, ma al tempo parecchio affascinante.

Per non parlare del finale… Posso dirvi solo che è esplosivo!! Il ritmo della narrazione prende una notevole accelerata, il tutto si svolge in brevissimo tempo, quasi senza accorgersene.

Le sette morti di Evelyn Hardcastle è stato sicuramente un romanzo all’altezza delle aspettative. Promosso a pieni voti.

Scheda tecnica e descrizione.

TITOLO: Le sette morti di Evelyn Hardcastle

AUTORE: Stuart Turton

EDITORE: Neri Pozza

DATA DI PUBBLICAZIONE: Marzo 2019

PREZZO DI COPERTINA: € 18,00

TITOLO ORIGINALE: The sevem deaths of Evelyn Hardcastle

TRADUZIONE: Federica Oddera

GENERE: Thriller

FORMATO. Cartaeo (448 pagine)

Blackheath House è una maestosa residenza di campagna cinta da migliaia di acri di foresta, una tenuta enorme che, nelle sue sale dagli stucchi sbrecciati dal tempo, è pronta ad accogliere gli invitati al ballo in maschera indetto da Lord Peter e Lady Helena Hardcastle. Gli ospiti sono membri dell’alta società, ufficiali, banchieri, medici ai quali è ben nota la tenuta degli Hardcastle. Diciannove anni prima erano tutti presenti al ricevimento in cui un tragico evento – la morte del giovane Thomas Hardcastle – ha segnato la storia della famiglia e della loro residenza, condannando entrambe a un inesorabile declino. Ora sono accorsi attratti dalla singolare circostanza di ritrovarsi di nuovo insieme, dalle sorprese promesse da Lord Peter per la serata, dai costumi bizzarri da indossare, dai fuochi d’artificio. Alle undici della sera, tuttavia, la morte torna a gettare i suoi dadi a Blackheath House. Nell’attimo in cui esplodono nell’aria i preannunciati fuochi d’artificio, Evelyn, la giovane e bella figlia di Lord Peter e Lady Helena, scivola lentamente nell’acqua del laghetto che orna il giardino antistante la casa. Morta, per un colpo di pistola al ventre. Un tragico decesso che non pone fine alle crudeli sorprese della festa. L’invito al ballo si rivela un gioco spietato, una trappola inaspettata per i convenuti a Blackheath House e per uno di loro in particolare: Aiden Bishop. Evelyn Hardcastle non morirà, infatti, una volta sola. Finché Aiden non risolverà il mistero della sua morte, la scena della caduta nell’acqua si ripeterà, incessantemente, giorno dopo giorno. E ogni volta si concluderà con il fatidico colpo di pistola. La sola via per porre fine a questo tragico gioco è identificare l’assassino. Ma, al sorgere di ogni nuovo giorno, Aiden si sveglia nel corpo di un ospite differente. E qualcuno è determinato a impedirgli di fuggire da Blackheath House… Accolto dall’entusiasmo della critica al suo apparire, vincitore del Costa First Novel Award, Le sette morti di Evelyn Hardcastle è, come ha scritto il Financial Times, «qualcosa in cui il lettore non si è mai imbattuto fino ad ora», un romanzo geniale in cui Agatha Christie incontra “Black Mirror”.

http://neripozza.it/libri/le-sette-morti-di-evelyn-hardcastle

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L’istinto materno nuoce gravemente alla salute

Chi lo ha detto che di mamma ce n’è solo una?

Buonasera cari lettori e lettrici per passione! Oggi torno per parlarvi di un libro per certi aspetti “controcorrente”; un libro che non dice quello che ci aspetteremmo di sentire. Ma andiamo con ordine. Il libro in questione è “L’istinto materno nuoce gravemente alla salute: cronache estemporanee di una M.A.M.M.A. in divenire” di Debora Porfiri edito Pellegrini Editore.

Questo libro rappresenta un viaggio alla scoperta della maternità dal momento successivo alla nascita, fino ad un anno di vita della bambina. 52 settimane esaminate senza filtri, mostrando tutti i dubbi e le perplessità di una neo-mamma che si affaccia in un mondo del tutto nuovo che non sempre è tutto rose e fiori come la società fa credere. Vengono, quindi, esaminati vari aspetti, dall’allattamento, all’organizzazione quotidiana degli spazi, da un mondo del lavoro non ancora pronto del tutto alle lavoratrici mamme ai problemi di spostamento.

Ecco, per me la maternità è un blockbuster, il più grande di tutti i tempi: tutti ne parlano, hanno un’idea precisa in proposito, di solito la raccomandano, ma soprattutto ti dicono come sentirti al riguardo, precludendo così ogni velleità interpretativa. Risultato: ora che mi ci ritrovo in questa superproduzione hollywoodiana, so esattamente quello che dovrei provare, quando dovrei ridere, quando piangere, conosco la mia parte alla perfezione e non sono neanche tanto male come attrice, ma resta il fatto che non sento.

D. Porfiri, L’istinto materno nuoce gravemente la salute, pag.53

E’ un racconto in prima persona, strutturato come se fosse un diario. Ogni capitolo inizia e finisce allo stesso modo (anche se alla fine di ogni capitolo c’è un tratto singolare, a tratti ironico, a tratti riflessivo, sempre diverso. Questa caratteristica, però, mi lascia combattuta:se da una parte conferisce un’impronta decisa alla struttura del libro, quasi a marcare un senso di appartenenza che l’autrice ha voluto dare alla sua opera, dall’altra parte, invece, ho avuto come l’impressione che questo ripetersi abbia rallentato il ritmo della narrazione.

Consiglio questo libro a tutti quei neo-genitori che hanno paure, dubbi o che non riescono a “provare” quell’entusiasmo che il luogo comune ci inculca, non perché non amino i propri figli, ma perché cercano, con i propri tempi, a modellare la propria vita, in funzione di quella nuova totalmente diversa.

Scheda tecnica e descrizione.

Attraverso 52 cronache e altrettante settimane, l’io narrante racconta la propria nascita: dal parto al primo compleanno della figlia, in un tortuoso percorso che la vede nascere ogni settimana in una nuova versione di sé. La protagonista si ridefinisce man mano che si confronta con sua figlia, con il mondo esterno, ma – soprattutto – con se stessa, in un doloroso eppure divertente faccia a faccia. Il libro spazia da una dolorosa comicità a uno sguardo disincantato e polemico sulla società; da una nostalgia per un ideale irrealizzabile a un consapevole ma sofferto bisogno di far esplodere gli stereotipi. Superando la consueta dicotomia della maternità come benedizione o malaugurata sorte, questa raccolta di cronache dolce-amare descrive con ironia e schiettezza la costruzione di una nuova identità multivalente: quella di una M.A.M.M.A.

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Una ragazza riservata: una “guerra” lunga quarant’anni

<< Il bene e il male, il buio e la luce >> meditò Perry << Non si può avere l’uno senza l’altro, mi sa. Forse siamo tutti dualismi.>>

K. Atkinson, Una ragazza riservata, pag. 129

Buonasera lettori e lettrici per passione, sto scrivendo questa recensione mentre la pioggia picchia sul davanzale della finestra, il che crea una speciale atmosfera che mi rende ancora più concentrata. Oggi vi parlo di un libro uscito da pochissimi giorni: “Una ragazza riservata” di Kate Atkinson edito Editrice Nord.

Il romanzo è suddiviso in tre parti che si alternano tra loro e che rappresentano tre fasi importanti della vita della protagonista: Juliet Amstrong, una donna londinese che ha partecipato negli anni Quaranta, più o meno indirettamente, alla Seconda Guerra Mondiale. Juliet, infatti, poco prima del conflitto, verrà assunta dai servizi segreti inglesi per riportare informazioni riguardanti i tedeschi, ed in particolare i filo-nazisti.

Questo romanzo richiama bene l’idea di un cerchio che si chiude, tutto infatti finisce dove è iniziato.

Una ragazza riservata, infatti, inizia dalla fine, per poi continuare con l’alternarsi di due decenni, per finire dove tutto è iniziato, sia metaforicamente, che strutturalmente.

Tutto si svolge a Londra; una Londra che prende diversi volti, in base al periodo di riferimento: quella più abbattuta degli anni Quaranta, in procinto del conflitto mondiale e quella che si vuole buttare tutto alle spalle, degli anni Cinquanta, ma che non sempre ci riesce.

I personaggi sono molto particolari. Ogni singola persona con cui Juliet si relaziona, ha una caratteristica spiccata e ben delineata, che la rende degna di nota e abbastanza riconoscibile anche nel susseguirsi della storia.

Quello che più emerge in questo romanzo è il mistero, la doppia vita. Questo aspetto viene raccontato così bene dall’autrice, tanto che ad un certo punto non si riesce più a distinguere cosa è vero da cosa non lo è.

Il linguaggio utilizzato è molto semplice e scorrevole. Mantiene un tono serio, intervallato da qualche battuta ironica. Il ritmo è incalzante al punto giusto. Una ragazza riservata è un romanzo che mi sento di consigliare. L’ho trovato molto accattivante e curioso, dove i misteri e le verità nascoste fanno da padroni.

Scheda tecnica e descrizione.

PREZZO DI COPERTINA: € 18,00

Londra, 1981. Una donna giace sull’asfalto. È stata investita mentre attraversava la strada, proprio il giorno del suo ritorno in Inghilterra, dopo anni passati all’estero. Un tragico incidente, che presto verrà dimenticato da una città in fermento per il matrimonio del secolo. O forse non è stata una casualità. Perché quella donna era depositaria di tanti, troppi segreti.

Londra, 1940. La diciottenne Juliet Armstrong viene reclutata dai servizi segreti per un lavoro all’apparenza semplice: sbobinare registrazioni. In realtà, si tratta di un compito delicato, perché quelle registrate sono le conversazioni tra un agente infiltrato e un gruppo di cittadini inglesi simpatizzanti del Reich. Per il governo, è essenziale individuare e tenere d’occhio una potenziale quinta colonna filonazista in patria. Soprattutto ora che Londra è il bersaglio delle bombe tedesche. Dapprima disorientata, Juliet s’immerge sempre più in un mondo all’apparenza innocuo, eppure in cui ogni gesto, ogni parola è ambigua e pericolosa. E dopo alcune settimane ha l’occasione di mettersi alla prova come agente operativo, in una rischiosa missione sul campo. E nulla andrà come previsto.

Londra, 1950. A cinque anni dalla fine delle ostilità, la crisi economica e le conseguenze della guerra opprimono ancora il popolo inglese. Juliet lavora per la BBC, allo sviluppo di programmi d’intrattenimento per sollevare lo spirito degli ascoltatori. Ma anche per lei è difficile liberarsi del passato, che riemerge nella forma di un messaggio lasciato sotto la porta di casa: Pagherai per quello che hai fatto. Dopo tutto quello che è successo dieci anni prima, Juliet non è sorpresa. E riprende contatto con alcune conoscenze del tempo di guerra, che però non le sono di nessun aiuto. Anzi, un uomo misterioso la coinvolgerà ancora una volta in una missione segreta. La scacchiera è sempre la stessa, ma è cambiato uno dei giocatori: non più la Germania nazista, bensì l’Unione Sovietica.

Attraverso lo sguardo di un personaggio femminile sfaccettato e in continua evoluzione, Kate Atkinson ci coinvolge con maestria in una storia dal ritmo serrato e dalla scrittura poliedrica. Una storia che è una sferzante rappresentazione dell’incapacità degli uomini d’imparare dalle lezioni del passato, condannandosi così a ripetere sempre gli stessi errori.

http://www.editricenord.it/generi/narrativa_generale/una_ragazza_riservata_9788842931379.php

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Morte di un antiquario: un mistero a “regola d’arte”!

Buonasera miei affezionati lettori! Continuo a recuperare le varie letture fatte in questo periodo “fantasma”. Qualche settimana fa ho finito di leggere “Morte di un antiquario” di Paolo Regina edito SEM. Colgo l’occasione per ringraziare l’autore che gentilmente mi ha mandato la copia.

Morte di un antiquario racconta la prima indagine di Gaetano De Nittis, un capitano della Finanza, pugliese d’origine, ma trasferitosi a Ferrara per lavoro. Il caso, o il destino (scegliete voi!), lo porta ad avere contatti con colui che verrà trovato morto, Uber Montanari, un vecchio e scorbutico antiquario. Sarà proprio il capitano De Nittis a scoprire il cadavere. Apparentemente tutto rimanda ad un suicidio, anche se il nostro Gaetano capisce che qualcosa non quadra…

In questo romanzo Regina racconta la vicenda con un’ironia che non disturba, anzi fa da complemento alla riuscita del lavoro. Il protagonista principale, impersonato da De Nittis, è curioso, non crede alle cose date per scontate, dote principale di un investigatore, ha un’indole da playboy (o se vogliamo dire da colui che ha paura dei legami stabili), ironico ed auto-ironico. Caratteristiche queste che fanno affezionare, man mano che si procede con la lettura, il personaggio al lettore.

Come scrivevo sopra, la vicenda si svolge a Ferrara, dettaglio molto rilevante ai fini della risoluzione del caso. Regina mostra un quadro molto dettagliato della città, non solo a livello, per così dire, fisico, ma anche, e soprattutto descrive bene quei giochi di potere e quei patti segreti, stretti tra i rappresentanti più abbienti del posto, che spesso tessono le trame del “quieto vivere” cittadino.

I personaggi presenti nella storia rappresentano la parte benestante della società, ma anche i vizi in cui spesso si può inciampare. Uno fra tutti, l’avidità: quella bramosia di soldi e potere che spesso fa compiere azioni non proprio ragionevoli o moralmente corrette.

La caratteristica che più ho amato in Morte di un antiquario è l’imprevedibilità; ossia il fatto che quando credevo fosse tutto concluso e risolto (oltretutto dopo un’indagine ricca di colpi di scena), proprio nelle ultimissime pagine, scopro un finale alquanto scioccante che mi ha fatto pensare: “ah però, questa si che è stata una bella lettura!”.

L’episodio viene raccontato in maniera sciolta e con un ritmo calzante. E’ un libro che si legge bene e che lascia quel desiderio di scoprire cos’altro combinerà il nostro (ebbene sì, lo sento quasi mio :D) De Nittis.

Scheda tecnica e descrizione.

TITOLO: Morte di un antiquario

EDITORE: SEM

GENERE: Romanzo Giallo

PREZZO DI COPERTINA: € 16,00

AUTORE: Paolo Regina

DATA DI PUBBLICAZIONE: Maggio 2018

FORMATO: Cartaceo (240 pag.)

Che cosa distingue l’antiquario dal semplice collezionista? Il gusto della ricerca tra le cose dimenticate alla scoperta dell’oggetto unico e magari irripetibile, prezioso. Ma anche la suggestione per il mistero che avvolge gli oggetti perduti e poi ritrovati: da dove vengono, chi li ha posseduti, quanta passione o dolore hanno ‘visto’. Testimoni muti delle vite passate, gli oggetti antichi attraversano il corso del tempo con il loro carico di segreti. Uber Montanari, tra tutti gli antiquari, è il più solitario, il più geloso delle scoperte che ha fatto, il più misterioso. Quando viene ritrovato cadavere nella sua bottega, a Ferrara, in molti si domandano quali tesori siano all’inizio della sua sventura. Gaetano De Nittis è un brillante capitano del Corpo più ‘odiato’ d’Italia: la Guardia di Finanza. D’origine pugliese, da poco trasferito a Ferrara, ama la buona cucina, cioè solo quella della sua terra, e odia l’agrodolce estense. Ha poco tempo libero e lo dedica tutto alla sua vera passione: la chitarra e lo stile blues del grande B.B. King, il suo idolo. È lui a scoprire, durante un’indagine di routine, il corpo di Montanari, l’antiquario dalla personalità ambigua, protetto da esponenti dell’alta borghesia ferrarese con cui aveva rapporti d’affari non sempre limpidi. Tra i molti segreti di questa vicenda, raccontata con calibrata maestria da Paolo Regina, il primo sta proprio nella vita dell’antiquario, coltissimo e misantropo, e nel suo insaziabile desiderio di collezionare opere d’arte proibite.

Morte di un antiquario

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Il dramma della migrazione visto con altri occhi: La morte di Murat Idrissi

Buonasera cari lettori, devo svelarvi un segreto: ho un sacco di recensioni da scrivere e il mio ritmo di lettura è inversamente proporzionale all’uscita dell’articolo sul blog; purtroppo mi manca il tempo materiale per mettermi davanti al PC. Cercherò, però, in qualche modo, di parlarvi di tutte le letture fatte finora.

Uno dei libri in questione è proprio “La morte di Murat Idrissi” scritto da Tommy Wieringa ed edito da Iperborea. Questo romanzo breve affronta il dramma della migrazione e i pericoli che affrontano migliaia di persone nella “traversata”; ma racconta anche il viaggio interiore che fanno le due protagoniste, entrambe di origine islamica, che però hanno avuto la “fortuna” di essere cresciute in Europa.

Ma andiamo con ordine.

La morte di Murat Idrissi racconta la storia di Ilham e Thouraya, due ragazze olandesi che si ritrovano coinvolte in una situazione alquanto singolare: devono disfarsi del cadavere di Murat, ragazzo islamico morto nel bagagliaio della loro auto durante il viaggio nello stretto di Gibilterra. Le due ragazze si ritrovano così a riflettere sulla loro storia e sulla loro vita, soffermandosi su come sarebbe stato se i loro genitori avessero scelto di rimanere in Marocco invece di emigrare in Europa.

La primissima parte del libro è molto particolare, in quanto il racconto parte dall’origine del mondo, passando per una breve spiegazione delle colonne d’Ercole, per arrivare alla parte centrale del romanzo e cioè la storia di questi ragazzi.

Il tema trattato, come scritto sopra, riguarda la traversata dei migranti, quei viaggi disperati che molte persone affrontano nella speranza di trovare una terra più accogliente ed un futuro migliore; persone che sono disposte a tutto, persino ad intraprendere un lungo viaggio all’interno di un bagagliaio, consapevoli del fatto che il rischio è grosso. Murat Idrissi è una di queste persone, che però non ce l’ha fatta.

La storia è raccontata dal punto di vista delle due ragazze che si ritrovano un cadavere sulla macchina e che iniziano a riflettere su come liberarsene, ma anche sulla loro vita, su come siano diverse dalle altre ragazze nate da genitori olandesi (sì, perché Ilham e Thouraya anche se vivono in Europa, hanno origini marocchine) e soprattutto sul fatto di essere state delle “prescelte” che si sono risparmiate di vivere una vita di stenti e povertà.

Il libro si legge in maniera molto scorrevole e in poco tempo, anche se ho trovato che manca qualcosa; manca quel trasporto che è necessario per indurre il lettore a continuare la lettura. Se devo essere sincera, non è un libro che mi è rimasto dentro anche se comunque ben scritto.

C’è però da dire che la storia raccontata vale di essere letta. Ho trovato che sia un ottimo spunto di riflessione su temi purtroppo sempre più attuali.

Voto: 3/5

Scheda e descrizione.

TITOLO: La morte di Murat Idrissi

AUTORE: Tommy Wieringa

EDITORE: Iperborea

GENERE: Narrativa straniera

PREZZO DI COPERTINA: € 15,00

TITOLO ORIGINALE: De dood van Murat Idrissi

TRADUTTRICE: Elisabetta Svaluto Moreolo

DATA DI PUBBLICAZIONE: Ottobre 2018

FORMATO: Cartaceo (128 pag.)

Il traghetto da Tangeri attraversa lo Stretto di Gibilterra in una torrida mattina di fine estate. Non appena tocca il suolo europeo Ilham e Thouraya, due ragazze olandesi di origini marocchine, recuperano l’auto nella stiva e scoprono che il giovane clandestino che vi avevano nascosto è morto soffocato. Davanti a loro si stende rossa e sterminata la terra spagnola, che le due amiche devono attraversare con quel corpo nel bagagliaio, cercando il coraggio di disfarsene, in un disperato viaggio di ritorno a casa e dentro se stesse, i loro sentimenti, la loro storia personale. Era stato lui a supplicarle di aiutarlo a fuggire dalla misera baraccopoli dove lo avevano incontrato alla fine della loro vacanza in Marocco: come potevano negargli quell’unica possibilità di costruirsi una vita quando loro avevano avuto la fortuna di nascere in Olanda da una famiglia fuggita da quella stessa miseria? Affrontando con la sua profondità di sguardo e la poesia livida della sua scrittura un problema cruciale del nostro tempo, Tommy Wieringa ci cala nell’identità spezzata di due giovani donne immigrate di seconda generazione, straniere e incomprese tanto nel paese dove sono nate quanto in quello d’origine, divise tra la perenne lotta per un’integrazione autentica, la ribellione al mondo patriarcale dei genitori e un inguaribile senso di sradicamento. E racconta la storia di uno delle centinaia di morti anonimi che ogni anno vengono ritrovati lungo le strade spagnole, vittime di una fuga fallita attraverso quel piccolo Stretto che separa sempre più il continente africano dall’Occidente.

https://iperborea.com/titolo/497/

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Addicted: ognuno ha un segreto da nascondere, e tu?

Buonasera cari lettori!

Sono tornata dopo un paio di mesi. Mesi in cui ho dovuto affrontare grandi ostacoli e cercare di tenere insieme le redini di tutto. Mesi in cui ho dovuto mettere in stand-by (non del tutto però) la mia più grande passione: la lettura. Questo è il motivo per cui mi sono trovata costretta ad interrompere blog e pagine social di Lettrice Per Passione.

Ma ora sono qui!!

Riapro i battenti col botto, parlandovi di un thriller che mi ha molto colpito e che mi è piaciuto un sacco! Il thriller in questione è: “Addicted” di Paolo Roversi edito SEM.

Il tema principale del romanzo è l’addiction, l’ossessione maniacale; il libro, infatti, racconta la storia di un gruppo formato da sette persone, ognuna con la propria ossessione, prese in cura da una psichiatra londinese, Rebecca Stark. Questi personaggi intraprenderanno un percorso di cura all’interno di una villa lussuosa nel sud Italia. Non tutto, però andrà come previsto… o forse sì?

Come ho scritto sopra, Addicted è un thriller che mi è piaciuto molto. Credo che Roversi sia riuscito ad inserire in armonia tutti gli elementi caratterizzanti il genere. Sono, infatti, presenti i misteri, i segreti, i colpi di scena; insomma, tutti quei tratti che fanno provare quel brivido alla schiena che piace tanto agli appassionati del genere in questione. Inoltre, un altro aspetto che ho apprezzato molto è stato la presenza di una buona dose di “scervellamento” che mi ha reso partecipe all’azione e curiosa di conoscere la verità dietro uno o l’altro atteggiamento.

Roversi, con una scrittura spiccia, ma di effetto, riesce a catturare ed ammaliare il lettore, che seguirà le vicende dei personaggi con una curiosità crescente.

Consiglio senza dubbio questo bel thriller, che merita di essere letto!!

Scheda tecnica e descrizione.

TITOLO: Addicted

EDITORE: SEM

DATA DI PUBBLICAZIONE: Gennaio 2019

PREZZO DI COPERTINA: € 16,00

AUTORE: Paolo Roversi

GENERE: Thriller psicologico

FORMATO: Cartaceo (192 pag.)

VOTO: 4/5

Rebecca Stark è una brillante psichiatra londinese che ha messo a punto un innovativo sistema per guarire la gente dalle proprie ossessioni. Il metodo Stark è così efficace che un magnate russo, Grigory Ivanov, decide di affidarle la conduzione della Sunrise, la prima di una serie di cliniche all’avanguardia, disseminate in tutto il pianeta, che aiuteranno le persone ad affrancarsi dalle loro peggiori addiction. Viene così lanciata una campagna pubblicitaria a livello mondiale. Il primo centro apre in Italia, in Puglia, all’interno di un’antica masseria ristrutturata, circondata da campi e ulivi. Un posto perfetto per accogliere i pazienti che, come parte integrante della cura, dovranno lavorare, cucinare e dedicarsi alle pulizie. Vivranno, insomma, come una piccola comunità isolata. Fra le centinaia di richieste che arrivano vengono selezionati sette candidati da diversi Paesi: Lena Weber, ossessionata dalla perfezione fisica; Jian Chow, web designer e hacker voyeur; Rosa Bernasconi, una ragazza tecno dipendente; Claudio Carrara, giocatore d’azzardo compulsivo; Julie Arnaud, manager ninfomane; Tim Parker, trader cocainomane; e, infine, Jessica De Groot, autolesionista. All’inizio della terapia tutto sembra girare nel migliore dei modi ma, ben presto, alcuni pazienti scompaiono misteriosamente. Complice una pioggia torrenziale che tiene segregati gli ospiti, impedendogli la fuga e ogni contatto con l’esterno, comincia da quel momento un macabro gioco al massacro.

Addicted

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Un amore oltre le ingiustizie: Se la strada potesse parlare di J. Baldwin

Buonasera cari lettori e lettrici per passione, eccomi tornata, dopo aver avuto qualche incidente di percorso (dente del giudizio dolorante compreso), per parlarvi di un libro da cui è stato tratto il film omonimo.

Sto parlando di “Se la strada potesse parlare” di James Baldwin edito Fandango Editore.

Baldwin in questo romanzo racconta la storia di due ragazzi di colore: Tish e Fonny. Tish, una ragazzina cresciuta in una famiglia povera di ricchezze ma ricca di affetti, conosce Fonny (che invece vive una situazione familiare molto particolare) fin dai tempi della scuola elementare. Questi ragazzi iniziano a frequentarsi come amici, per poi arrivare a scoprire che quello che provano reciprocamente, è qualcosa di più. Tish il passaggio da ragazzina a donna lo affronta insieme a Fonny, ed è sempre insieme a lui che vive quei momenti magici tipici di una storia d’amore forte e passionale. Procede tutto a gonfie vele fin quando Fonny viene arrestato da un poliziotto bianco. Questo episodio sconvolgerà tutti gli equilibri e farà emergere una società che non accetta, ieri come oggi, le diversità.

Il Signore non ha forse liberato Daniele? E perché allora non ogni uomo?

La canzone è vecchia, la domanda è ancora senza risposta.

J. Baldwin, Se la strada potesse parlare, pag. 112

Baldwin, prima che raccontare la storia d’amore tribolata di questi due ragazzi, vuole darci uno spaccato reale della società americana degli anni Settanta. Una società che appare è satura di tanti pregiudizi dettati principalmente dall’essere “nero”. Ebbene sì, le persone di colore in quel periodo venivano sfruttate, derise e anche condannate, come racconta la storia, senza un motivo concreto, soltanto perché chi nasceva con la pelle bianca si sentiva in diritto (e anche in dovere) di sopraffare chi aveva il colore di pelle più scuro.

Ho detto in dovere perché dal libro si evince come questa condizione ormai era riconosciuta da tutti come un qualcosa che sovrasta persino il sistema giudiziario della “legge è uguale per tutti”.

Io, personalmente, paragono Se la strada potesse parlare ad una fotografia dell’America. L’autore, infatti, oltre a far comprendere con estrema chiarezza i meccanismi di una società divisa, riesce a descrivere con grande abilità i paesaggi, i luoghi e gli stati d’animo che racconta. Il linguaggio usato è crudo, popolare, che mostra tanta sofferenza ma anche una forte voglia di riscatto per tutte le ingiustizie subite.

Credo sia un romanzo alquanto attuale e che mi ha dato conferma di quello che credo fermamente; che la storia, cioè, è un insieme di corsi e di ricorsi. Dopo più di quarant’anni dalla scrittura di questo capolavoro (perché si, ora che ve ne ho parlato posso dirlo!) ci troviamo a rivivere le stesse situazioni di pregiudizio, di paura e di ingiustizia nei confronti di persone che hanno come unica colpa il provenire da un determinato Paese piuttosto che un altro. Su questo discorso non mi voglio però dilungare oltre perché ci sarebbe tanto da dire e molti aspetti da prendere in considerazione.

Posso, invece, dirvi con assoluta certezza, che è un libro che deve essere letto, perché conoscere è fondamentale affinché certe cose non succedano più.

Scheda tecnica e descrizione.

TITOLO: Se la strada potesse parlare

AUTORE: James Baldwin

EDITORE: Fandango Editore

DATA DI PUBBLICAZIONE: Settembre 2018

PREZZO DI COPERTINA: € 18,50

TITOLO ORIGINALE: If Beale Street could talk

TRADUZIONE: Marina Valente

GENERE: Narrativa Straniera

FORMATO: Cartaceo (pag. 205)

In Se la strada potesse parlare James Baldwin ci racconta una struggente storia d’amore in un mondo fatto di dolore e ingiustizia. Attraverso gli occhi di Tish, una diciannovenne bella e innamorata, conosciamo Fonny, il giovane scultore da cui aspetta un figlio. I due sono cresciuti insieme, nello stesso quartiere, insieme hanno giocato, si sono rincorsi, hanno fatto l’amore ridendo e riso facendo l’amore. Il racconto mescola romanticismo e tristezza. Tish e Fonny avevano programmato di sposarsi ma Fonny viene accusato ingiustamente di aver stuprato una donna portoricana. Unico nero in un confronto all’americana, viene riconosciuto colpevole e incarcerato. Fonny è innocente eppure spetta a lui e alla sua famiglia dimostrare – “e pagare per dimostrare” – la sua innocenza. Tish tenta con ogni mezzo di sostenere l’uomo che ama mentre la gravidanza diventa sempre più visibile. Come il blues – dolce, malinconico e pieno di verità – questo capolavoro letterario ci colpisce, prima di tutto, emotivamente. Ci sono la rabbia e il dolore, ma sopra ogni altro sentimento a dominare è l’amore – l’amore potente di una donna per il suo uomo e l’amore avvolgente di una famiglia disposta a tutto, fino all’estremo sacrificio. La forza della narrazione di Baldwin e la schiettezza nel racconto delle situazioni e dei personaggi fanno di questo romanzo un vero e proprio classico del Novecento.

https://www.fandangoeditore.it/shop/marchi-editoriali/fandango-libri-2/se-la-strada-potesse-parlare/



Pubblicato in: narrativa italiana, Recensioni

Ricordati di splendere: un romanzo che parla a (e di) ciascuno di noi.

Vi è mai capitato di leggere un romanzo che sembra essere rivolto proprio a te? Che sembra quasi ti conosca e sappia cose che non dici a nessuno, neppure a te stesso?

Io queste sensazioni le ho avute col romanzo di Marco Polani.
Marcus è un ragazzo di quasi trent’anni con un lavoro che non sente più suo e che conduce una vita monotona, priva di stimoli. Dopo l’ennesima giornata di lavoro frustrante e pressoché improduttiva, al culmine della disperazione, incontra una bambina col cappotto rosso e gli auricolari alle orecchie. Iniziano, così, un percorso sia fisico, che interiore, in cui Marcus, aiutato da Crocchetta, mette in discussione sé stesso ed il suo posto nel mondo… per arrivare a capire che “c’è sempre un filo invisibile che ti conduce proprio lì dove devi essere“.

Io credo che tutti, almeno una volta nella vita, ci siamo sentiti Marcus; magari per motivi differenti, abbiamo sperimentato questa insofferenza nei confronti di ciò che siamo o di ciò che ci circonda. Insoddisfazione, spaesamento, solitudine sono sensazioni che conosciamo. Ricordati di splendere da voce proprio a questi malesseri, a questi stati d’animo, innanzitutto dicendoci che non siamo soli, perché sapere che quello che hai passato tu, l’ha passato pure lui, a sua volta, fa sentire “meno” male; e poi ci racconta che, comunque, per quanto spiacevoli siano questi sentimenti, fanno parte della giostra della vita e che, anzi, servono per farci comprendere la grande potenza dei momenti belli, troppo spesso dati per scontati.

In ogni alba c’è sempre un po’ di notte, quel chiarore che piano piano riemerge fino a darti la speranza che un nuovo giorno è in arrivo, che non c’è niente di definitivo, che tutto cambia ciclicamente, che tutto torna, che, anche se provi dolore, prima o poi, torna la felicità.

M. Polani, Ricordati di splendere, Rizzoli, pag. 69

Ricordati di splendere porta con sé, però, anche un messaggio di speranza. Dopo la notte, anche quella più buia, sorge sempre il sole, arriva un nuovo giorno da scoprire; che nonostante tutto le cose belle esistono, proprio come quelle brutte e che ogni cosa ha il suo momento. E credetemi, non sono frasi fatte, è l’affascinante gioco della vita.

Grazie Marco!

Classificazione: 4.5 su 5.
Pubblicato in: narrativa italiana, Recensioni

Quello che è Stato di Mimmo Rafele

Se dovessi descrivere con tre parole il nuovo romanzo di Mimmo Rafele edito Fandango Libri, Quello che è Stato, sarebbero queste: legame, astuzia e vendetta. Ma partiamo dall’inizio…


Questo è un romanzo, un’opera di fantasia, ma come ogni opera di fantasia nasce dalla realtà.
Ciò che è inventato non è mai accaduto, ma sarebbe potuto accadere.
Ciò che è reale è accaduto, ma, il più delle volte, non sarebbe dovuto accadere.

Mimmo Rafele

La storia.

Il protagonista di questa storia si chiama Lucio Cuccia ed è un ragazzino siciliano di quindici anni che, in occasione della festa dei lavoratori del 1947, perde entrambi i genitori (simpatizzanti comunisti) per mano della destra eversiva del secondo dopoguerra (coloro rimasti fedeli al regime fascista, per intenderci). A Lucio, ritrovatosi orfano, non resta che scappare; si imbarca dunque su una grossa nave diretta a Napoli, dove fa la conoscenza con gente ben vestita, che riconoscere essere gli artefici della morte della sua famiglia. Lucio, decide così, di farseli amici in modo da poter conoscere il loro potere dall’interno. Giunto a Napoli, Lucio, entra in contatto anche con i comunisti di Napolitano e Amendola. Lucio inizia così a fare la spia in entrambi i movimenti, tenendo per se le informazioni che gli serviranno per vendicare i propri genitori…

Il periodo storico.

La storia si sviluppa, quasi interamente, nel biennio compreso tra 1947 ed il 1948: anni particolarmente importanti per le sorti italiane. L’Italia diventata Repubblica, infatti, deve decidere quale orientamento dare al proprio governo; si dibattono dunque gli “ex partiti fascisti” (appoggiati, più o meno tacitamente, dagli Stati Uniti) ed il partito comunista, sostenuto dall’URSS, che va prendendo sempre più piede. E’ una lotta, dunque, alla rivalsa; sono tempi di complotti, corruzioni e spionaggi. La vicenda di Lucio può benissimo rappresentare le storie di molti ragazzi che si trovano a muoversi in scenari così tumultuosi; ragazzi, che mossi dai più vari motivi, non accettano pienamente lo “stai con me o contro di me“.

L’intero racconto è contornato da moltissimi personaggi realmente esistiti che, nel bene ma anche – purtroppo – nel male, hanno lasciato un segno nella storia del nostro Paese. A titolo esemplificativo, troviamo Lucky Luciano, Giorgio Napolitano, Giulio Andreotti, il “Bandito” Giuliano…

Legame, astuzia e vendetta.

Ho iniziato questa recensione scrivendo i tre termini che, a parer mio, descrivono perfettamente questo romanzo, e cioè: legame, astuzia e vendetta.
La prima cosa che si nota, leggendo Quello che è Stato, è il forte legame che c’è tra il protagonista ed i propri genitori; anche se, a voler guardare meglio tra le righe, questo forte senso di appartenenza si può allargare alle origini ed alle ideologie della famiglia. Sarà proprio questo attaccamento che lo spingerà ad agire e così cominciare la storia.
Lucio Cuccia ha un’astuzia molto raffinata; riesce da solo, a comprendere quale sia la mossa giusta da fare per arrivare al compimento della sua missione. Questa sua astuzia lo porterà ad avvicinarsi sempre più all’obiettivo prefissatosi: la vendetta. Quest’ultima, assieme al forte legame con le origini, rappresenta il motore, la fiamma viva di tutto il romanzo.

Considerazioni finali.

Mimmo Rafele possiede un linguaggio che fulmina, che riesce a far centro nella mente e nel cuore del lettore; è semplice ma non scontato, diretto ma non doloroso. Quello che è Stato è un romanzo che mi sento di consigliare, in particolar modo agli amanti del genere storico, ma anche a tutti coloro che vogliono leggere una bella storia, per nulla ovvia.

Sapete qual è l’unica pecca? Che finisce!

Classificazione: 4.5 su 5.

Scheda tecnica e descrizione.

TITOLO: Quello che è Stato

EDITORE: Fandango

GENERE: Narrativa italiana

PREZZO DI COPERTINA: € 18,00

AUTORE: Mimmo Rafele

DATA DI PUBBLICAZIONE: Ottobre 2020

PAGINE: 315 (cartaceo)

1 maggio 1947, Portella della Ginestra. Lucio ha 15 anni e con i genitori sta celebrando la festa del lavoro. In un attimo la folla viene crivellata di colpi, Lucio si ritrova coperto dal sangue della madre, accanto a lui anche il padre muore sotto i suoi occhi, tenendo ancora stretta la bandiera rossa.

Lucio rapido la raccoglie e scappa. A compiere la strage, scoprirà subito dopo, è stato il bandito Giuliano, d’accordo con dei signori ben vestiti che il ragazzo non conosce.

Ormai orfano, Lucio si imbarca clandestino su una nave, dove conoscerà Calogero Frangipane, ambiguo avvocato palermitano che lo prende sotto la sua protezione. Ed è a Napoli che, grazie a Frangipane, Lucio entra in strani giri, quello dei femminielli e dei piccoli delinquenti che cercano di sopravvivere, quello dei ricchi e dei malavitosi, di Lucky Luciano, degli americani e della destra eversiva del secondo dopoguerra.

Ma è sempre a Napoli che Lucio si avvicina ai comunisti di Napolitano e Amendola, è a Napoli che scopre l’amore e compie la sua prima spedizione punitiva, tessendo un pericoloso doppio gioco tra le due parti – i neri e i rossi – impegnate in una sotterranea e violentissima guerra civile.

A guidarlo il desiderio di vendetta contro tutti coloro che hanno causato la morte dei suoi genitori. Mimmo Rafele tesse il romanzo di formazione di una spia nell’Italia delle macerie postbelliche, ripercorrendo le tappe di un conflitto armato in cui il nostro Paese è stato una pedina in quella sanguinosa partita a scacchi che sarebbe diventata la Guerra Fredda.

Un libro magnetico, avventuroso, una lettura indispensabile per chi ama le storie di spie e gli intrighi.